Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21035 del 16/02/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21035 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

BUONOCORE ALFONSO, nato a Tramonti il 29/01/1967;

avverso la sentenza n. 1989/2012 della CORTE di APPELLO di BOLOGNA,
del 17/06/2014;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. MASSIMO GALLI,
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

Data Udienza: 16/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17/6/2014 la Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza
con la quale il Tribunale di Parma in data 27/10/2011 aveva affermato la penale responsabilità
di Buonocore Alfonso in ordine alla ricettazione di tre assegni.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo
difensore, chiedendone l’annullamento e sollevando a tal fine due motivi di impugnazione,
entrambi concernenti l’elemento soggettivo del reato:

sentenza ha riconosciuto la sussistenza della piena consapevolezza, da parte del Buonocore,
dell’illecita provenienza degli assegni, adducendo invece che semplici motivi di sospetto o,
comunque, negligenze del prevenuto, indicati come idonei al più a configurare l’ipotesi di cui
all’art. 712 cod. pen., non avrebbero dovuto essere ritenuti sufficienti a configurare l’elemento
soggettivo del reato contestato.
2.2. con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’illogicità della motivazione, laddove si è
ritenuto che il possesso, da parte del Buonocore, di tre assegni di provenienza illecita
costituisse la prova pacifica della sua piena consapevolezza di tale provenienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell’impugnazione di
legittimità stabiliti dall’art. 606 comma cod. proc. pen., perché propone censure attinenti al
merito della decisione impugnata, congruamente giustificata e, per di più, si tratta di motivi
aspecifici, in quanto ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del gravame: la mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo
per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione,
questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
specificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c) cod. proc. pen.,
all’inammissibilità (Cass. sez. 4, n. 5191 del 29/3/2000, Rv. 216473; sez. 1, n. 39598 del
30/9/2004, Rv. 230634; sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, Rv. 236945; sez. 3, n. 35492 del
6/7/2007, Rv. 237596).
Invero, già con il ricorso in appello il Buonocore aveva sostenuto la sua buona fede nella
ricezione dei titoli di illecita provenienza di cui si tratta, riproponendo l’assunto di aver ricevuto
i titoli da tale Valdo, che glieli avrebbe consegnati per pagare il conto di varie consumazioni in
pizzeria: la Corte territoriale ha, però, evidenziato l’insanabile contrasto della deduzione di
buona fede con la mancanza di girata sui titoli, sia da parte del presunto Valdo che da parte
del Buonocore, con la mancata identificazione del dante causa e con l’inverosimiglianza del
rapporto causale dedotto come sottostante alla dazione dei titoli, non apparendo congruo
2

2.1. con il primo motivo lamenta l’erronea applicazione della legge penale, laddove la

l’importo complessivo degli assegni, di tremila euro, in relazione al conto di normali
consumazioni in pizzeria. I motivi del ricorso, entrambi inerenti l’asserita mancanza di dolo da
parte del ricorrente, invece, prescindono totalmente dalle argomentazioni della sentenza
impugnata sul punto, così incorrendo nel vizio di aspecificità sopra menzionato.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso nella camera di consiglio del 16 febbraio 2016.

ricorso, si determina equitativamente in € 1000,00.

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