Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21034 del 25/01/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21034 Anno 2018
Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: TORNESI DANIELA RITA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FASSARI IGNAZIO nato il 30/05/1965 a CALTAGIRONE

avverso la sentenza del 18/10/2016 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA RITA TORNESI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FULVIO BALDI

che ha concluso per
Il P.G. Baldi Fulvio conclude per il rigetto.
Udito il difensore
L’Avvocato Cosimo Carmela si associa alle conclusione del PG. L’Avvocato
deposita nota spese e conclusioni alle quali si riporta.
L’Avvocato Ciliberti Giuseppe si riporta alle memorie depositate.
L’Avvocato Villardita Francesco chiede l’annullamento della sentenza impugnata.

Data Udienza: 25/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 19 dicembre 2013 il Tribunale di Ragusa
dichiarava Ignazio Fassari responsabile del reato di cui all’art. 589, comma 2,
cod. pen. e, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla
contestata aggravante, lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre
al pagamento delle spese processuali e di custodia dei beni in sequestro.
La pena era dichiarata sospesa ai sensi dell’art. 163 cod. pen.

della sospensione della patente di guida per la durata di mesi tre.
Il Fassari e il responsabile civile, INA Assitalia s.p.a. in persona del legale
rappresentante, venivano condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni
cagionati alla costituita parte civile Tina Giacchi, in proprio e nella qualità di
esercente la patria potestà sulla figlia minore Maria Dinnodica, da liquidarsi nella
separata sede civile.
1.1. All’imputato veniva contestato che il giorno 21 luglio 2007, mentre si
trovava in Comiso, alla guida dell’autovettura Volkswagen Passat targata
AK40923, all’altezza di un’intersezione, effettuava la manovra di svolta a sinistra
su strada a doppio senso di circolazione, arrestando, in violazione dell’art. 154,
commi 1 e 8 cod. strada, la propria marcia a cavallo della linea di mezzeria ed
invadeva in parte la corsia opposta cogliendo così di sorpresa Giuseppe Dimodica
il quale era alla guida del motociclo Piaggio Hexagon targato BT496NL e proveniva
in direzione contraria. Nel tentativo di evitare l’impatto quest’ultimo attivava
l’impianto frenante perdendo il controllo della moto che andava a collidere con la
autovettura del Fassari. Dallo scontro derivava il decesso del Dimodica.
1.2. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado
verso le ore 12.10 del 21 luglio 2007 l’assistente Fassari Ignazio, in servizio presso
il Commissariato di P.S. Comiso, percorreva alla guida della propria automobile
Volkswagen Passat targata AK40923 via Gesualdo Bufalino, in direzione via
Rosario Livatino, al fine di raggiungere il posto di lavoro.
Giunto nei pressi dell’area d’intersezione con la via Giuseppe Colombo
impostava la manovra di svolta a sinistra.
In quel momento sopraggiungeva lungo la via Gesualdo Bufalino, in direzione
opposta a quella del Fassari, Giuseppe Dimodica alla guida del suo motociclo
Piaggio Exagon. Questi, procedendo a circa 76 km/h (superiore al limite di 50
km/h previsto in quel tratto stradale) si accorgeva della parziale presenza sulla
propria corsia dell’autovettura del Fassari. Reagiva istintivamente frenando e
dirigendo il motociclo leggermente verso destra nel tentativo di evitare l’impatto.
In seguito a tale manovra perdeva il controllo del mezzo il quale si inclinava verso

Nei confronti dell’imputato era altresì applicata la sanzione amministrativa

sinistra iniziando a scarrocciare, con la parte sinistra, sul manto stradale. Lo

scooter superava l’automobile del Fassari senza colpirla, mentre il Dimodica,
sbalzato dal motociclo, andava ad impattare con la testa contro lo spigolo anteriore
sinistro dell’automobile. II Dimodica finiva in posizione supina con il capo immerso
in una chiazza di sangue e di lì a poco decedeva.
Quanto allo stato dei luoghi, si evidenziava che l’incidente si era verificato su
un lungo tratto rettilineo, pressoché pianeggiante, della via Bufalino, una strada
urbana periferica ad un’unica carreggiata della larghezza media di m. 6,70, il cui

di guard-rail larga m. 0,75, ricoperta di sterpaglie e terriccio; sul lato destro il
confine era caratterizzato da un marciapiede largo m. 1,00. Il fondo stradale, in
conglomerato bituminoso in condizioni di media usura, si presentava asciutto e
privo di avvallamenti.
Nell’immediatezza dei fatti venivano rinvenuti i seguenti segni sull’asfalto:
1) nella corsia di pertinenza dello scooter: segni di frenata lasciati sull’asfalto dallo
scooter per m. 10,63 di cui m. 5,67 pressoché rettilinea e m. 4,96 ad andamento
curvilineo); segni di scarrocciamento dello scooter, con la propria parte sinistra
sull’asfalto, pari a m. 46,67; 2) nella corsia della Passat: non vi erano segni di
frenata, né segni di contatto diretto dell’automobile con il motociclo.
Al momento dell’arrivo degli agenti della Polizia Stradale l’automobile si
trovava a cavallo dell’asse geometrico della carreggiata a circa m. 2,13 dal centro
della chiazza di sostanza ematica proveniente dalla vittima; la parte laterale destra
era nella corsia di pertinenza mentre la parte laterale sinistra era nella corsia
opposta. Essa inoltre presentava le ruote anteriori orientate verso destra. Il
motociclo veniva rinvenuto nella zona di parcheggio dopo l’incrocio con la via
Colombo.
I danni riportati dall’automobile riguardavano la parte anteriore (in
particolare, mascherina del sottoparaurti divelta, sloggiamento dalla propria sede
dell’intercooler con spostamento verso l’interno, bucatura del radiatore del liquido
di raffreddamento, fondale copri motore divelto); quelli relativi allo

scooter

riguardavano esclusivamente il lato sinistro ed erano da ascrivere allo
scarrocciamento dello stesso sull’asfalto a seguito della perdita di controllo del
mezzo. Non si evidenziavano segni d’impatto diretto del motociclo con
l’automobile.
Fin dai primi rilievi il punto d’urto tra la testa del Dimodica, così come era dato
evincere dalla tipologia delle lesioni letali dallo stesso riportate, e lo spigolo
anteriore sinistro dell’automobile condotta dal Fassari veniva individuato nella
corsia di pertinenza dello scooter mentre quest’ultimo veicolo aveva solo sfiorato

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confine stradale sul lato sinistro era caratterizzato da una banchina laterale dotata

l’automobile terminando la propria corsa sul proprio lato di marcia in un varco di
parcheggio esterno alla carreggiata.
A tale conclusione si perveniva attraverso il riferimento ai seguenti dati certi:
1) l’ampia chiazza ematica rinvenuta sulla via Gesualdo Bufalino ed indicante la
posizione di quiete del corpo del Dimodica dopo l’impatto con la Passat, si trovava
ampiamente
2)

all’interno

della

corsia

di

pertinenza

del

motociclo;

nell’immediatezza dei fatti, gli agenti della Polizia Stradale di Comiso

accertavano che la Passat si trovava a cavallo dell’ideale linea di mezzeria della

di scarrocciamento della moto erano rinvenute esclusivamente nella sua corsia di
pertinenza, oltre a segni di scarrocciamento per metri 46,67 dovuti al contatto con
l’asfalto del fianco sinistro della carrozzeria di tale veicolo che avevano provocato
abrasioni ed incisioni sull’asfalto dovute all’energico sfregamento del maniglione
in gomma posto sul lato posteriore sinistro, del coperchio del vano motore, del
cavalletto, della leva del freno. La lunghezza complessiva delle tracce di frenata e
di scarrocciamento era pari a m. 57,30.
Tali rilievi fattuali smentivano l’assunto difensivo del Fassari secondo cui, al
momento dell’impatto con il corpo del Dimodica, l’autovettura guidata dal
medesimo fosse ferma all’interno della propria corsia di pertinenza in attesa della
manovra di svolta sulla via Colombo. Del resto l’autovettura veniva rinvenuta in
una posizione del tutto incompatibile con tale manovra in quanto era
longitudinalmente disposta verso destra rispetto all’asse stradale e con le ruote
parzialmente orientate nella stessa direzione, quasi che si stesse allontanando in
direzione opposta all’incrocio che, invece, avrebbe dovuto imboccare.
Tali circostanze accreditavano la prospettazione accusatoria in base alla
quale, subito dopo l’impatto, l’imputato aveva fatto dapprima una leggera
retromarcia e successivamente una breve manovra verso destra al fine di
distanziarsi dal corpo del Dinriodica, nell’intento di evitare ulteriori danni
all’infortunato.
Alla stregua di un’attenta disamina delle emergenze probatorie veniva
ravvisata la condotta colposa a carico dell’imputato che anticipava la svolta a
sinistra, eseguendola ben prima del centro dell’intersezione fra la via Bufalino e la
via Colombo, violando, così, sia le generali regole di diligenza e di prudenza in
materia di circolazione stradale che le disposizioni contemplate nell’art. 154,
comma 1, lett. a) e nell’art. 154, comma 3, lett.b), cod. strada.
Si riteneva accertata la sussistenza del necessario nesso eziologico fra detta
condotta e l’evento hic et nunc verificatosi, che era la concretizzazione del più
grave dei rischi che l’osservanza delle suindicate regole cautelari tendono a
prevenire. Le accertate lesioni alla testa riportate dal Dimodica attestavano, al di

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via Bufalino, con la parte laterale sinistra in detta corsia; 3) le tracce di frenata e

là di ogni ragionevole dubbio, che la morte era stata causata dall’impatto con
l’automobile condotta dal Fassari.
Non sussistevano, inoltre, dubbi in ordine alla concreta possibilità del Fassarí
(che, comunque, procedeva ad una velocità molto bassa di circa 12 Km./h) di
attenersi alle suindicate regole di condotta, anche in considerazione delle ottime
condizioni metereologiche e delle condizioni della strada (lungo rettilineo) in cui si
era verificato l’incidente.
Erano infine esclusi eventuali decorsi causali alternativi, sia sotto il profilo

a cagionare l’evento.

2. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 18 ottobre 2016,
confermava la pronuncia di primo grado.

3. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione Ignazio
Fassari, a mezzo del difensore di fiducia, elevando il seguente motivo.
Il ricorrente deduce il vizio di violazione dell’art. 589 cod. pen. e il vizio
motivaziona le.
Contesta la ricostruzione dei fatti evidenziando che la sua condotta è
immune da ogni addebito sia sotto il profilo della colpa generica che della colpa
specifica ed è stata semplice occasione dell’evento. Sostiene che, a fronte di una
condotta gravemente colposa imputabile al motociclista per la elevata velocità e
per non avere indossato il casco, aveva impostato una manovra di svolta a sinistra
nel pieno rispetto delle norme di comportamento previste dal codice della strada,
senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada.
3.1. Conclude chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata

4. La Generali Italia s.p.a. con memoria depositata in data 22 dicembre
2017 si associa ai motivi di ricorso articolati dal Fassari e conclude chiedendone
l’accoglimento. Rappresenta che, data l’esistenza di pagamenti già effettuati per
Euro 545.000,00 ed una rivalsa INAIL per Euro 260.000,00 a fronte di un
massimale di polizza di Euro 774.685,35, i giudici di merito avrebbero dovuto
considerare i profili di colpa concorrente a carico del motociclista e ritenere
pienamente satisfattivo l’ammontare percepito di Euro 210.000.00 oltre alla
rendita INAIL.

5. Con memoria depositata in data 25 gennaio 2018 le parti civili costituite
Tina Giacchi e Maria Dimodica evidenziano che i motivi di impugnazione sono

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medico, sia sotto il profilo di un’eventuale condotta concorrente da sola sufficiente

generici perché ripropongono censure già svolte nei precedenti gradi del giudizio
e concludono chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. li ricorso è inammissibile sia per genericità che per manifesta infondatezza.

2. Si osserva anzitutto che le relative doglianze, già ampiamente dedotte

argomentazioni svolte in risposta dalla Corte distrettuate, aspetto questo che le
rende aspecifiche.
Al riguardo giova rammentare che, secondo i principi consolidati della
giurisprudenza di legittimità, i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre
totalmente o parzialmente quelli di appello ma solo entro i limiti in cui ciò serva a
documentare il vizio enunciato e dedotto, con autonoma, specifica ed esaustiva
argomentazione (Sez. 6, n. 34521 del 27/06/2013, Ninivaggi, Rv.256133).
In linea generale si osserva che la funzione tipica dell’impugnazione è quella
della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce che si realizza
attraverso la presentazione di motivi ì quali, a pena di inammissibilità
(artt. 581 e 591 cod. proc. pen.) debbono indicare specificatamente le ragioni di
diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, indefettibilmente
il confronto puntuale (cioè con la specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli
elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento
il cui dispositivo si contesta.
Il motivo di ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice
specificità. Esso, oltre ad essere conforme all’art. 581 lett. c) cod. proc. pen.,
quando «attacca» le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì,
contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo che
sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’art. 606, comma 1, lett. e)
cod. proc. pen., deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della sua
decisività rispetto ai percorso logico seguito dai giudice del merito per giungere
alla deliberazione impugnata, sì da condurre a una decisione differente (Sez. 6,
n. 8700 del 21 gennaio 2013, Leonardo, Rv. 254585).

3. Inoltre i predetti motivi poggiano su considerazioni di mero merito, non
scrutinabili in sede di legittimità, a fronte della completezza e della tenuta
logica – giuridica dell’apparato argomentativo posto a supporto della sentenza
impugnata.

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nell’atto di appello, non si confrontano con le approfondite e diffuse

Va rammentato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della
motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la
oggettiva tenuta sotto il profilo argomentativo, restando preclusa la rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di
nuovo e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez.
4, n. 31224 del 16/06/2016).
Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per
essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di

al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti
le incongruenze logicamente incompatibili con la decisione adottata,
purché – come nel caso in esame – siano spiegate in modo logico ed adeguato le
ragioni del convincimento (per tutte, Sez. Un. n. 24 del 24/11/1999, Spina,
Rv. 214794).
Più in particolare è stato sottolineato come, ai sensi di quanto disposto
dall’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., il controllo di legittimità sulla
motivazione è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a
due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni
giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o
contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644
del 13/02/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della
decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto,
risultando preclusa la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito,
perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa.
Queste operazioni impedirebbero alla Corte di svolgere la peculiare funzione
assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei
giudici di merito a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza
rispettino uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e
spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

4. Orbene, la Corte distrettuale ha puntualmente rivalutato il medesimo
compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale di Ragusa e, dopo aver
esaminato analiticamente e in modo approfondito le censure dell’appellante, è

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spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità

giunta, con motivazioni congrue e logiche, alle medesime conclusioni in ordine alla
affermazione della responsabilità penale del Fassari.
La ricostruzione della dinamica del sinistro offerta dal Tribunale è stata infatti
pienamente confermata, come pure i conseguenti profili di colpa dell’imputato il
quale, aveva posto in essere, con la sua condotta, una concausa dell’evento
mortale, procedendo ad avvicinare l’imbocco della via Colombo in anticipo rispetto

senza accertarsi dell’arrivo del ciclomotore.
La Corte distrettuale, con motivazione persuasiva e logica ed aderente ai
principi in subiecta materia, ha escluso che la velocità di marcia del Dimodica
(superiore al prescritto limite di 50 km/h) possa avere assunto valore di causa da
sola sufficiente a cagionare l’evento, così come l’eventuale mancato uso del casco
(peraltro rinvenuto sui luoghi), non trattandosi certamente di circostanze
eccezionali ed imprevedibili.
Peraltro, nel descritto contesto, al generale obbligo di prudenza gravante su
tutti i conducenti, si aggiungeva, per il Fassari, l’ulteriore cautela imposta nel caso
di svolta a sinistra; manovra che, ai sensi dell’art. 154 cod. strada, va compiuta
accostandosi il più possibile all’asse della carreggiata e, qualora si tratti di
intersezione, da eseguire in prossimità del centro della intersezione e a sinistra di
questo.
E’ stato inoltre correttamente osservato che non è emerso alcun elemento di
prova idoneo a far ragionevolmente dubitare, anche in considerazione della
tipologia e delle condizioni della strada (un rettilineo con piena visibilità da ambo
i lati e con un manto stradale in buono stato) della concreta prevedibilità del
sinistro da parte dell’imputato.

5. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della
cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese di giudizio in favore delle
parti civili, Giacchi Tina e Dimodica Maria, che liquida in complessivi Euro tremila,
oltre accessori, come per legge.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della cassa delle ammende
nonché alla rifusione delle spese di giudizio in favore delle parti civili, Giacchi Tina

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al punto centrale dell’intersezione ed invadendo in parte la corsia del Dimodica

e Dimodica Maria, che liquida in complessivi Euro tremila, oltre accessori, come
per legge.
Così deciso il 25 gennaio 2018

Daniele Rita Tornesi
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Il Presidente
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Il Consigliere estensore

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