Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21029 del 23/01/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21029 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: BELLINI UGO

Data Udienza: 23/01/2018

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

BEN ABDELLAH Said Ben Moktar Ahmed nato in Tunisia il 29.10.1965

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna in data 13.10.2016

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere dott.Ugo Bellini;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Mariella De Masellis il quale ha chiesto la pronuncia di
inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di Appello di Bologna con sentenza pronunciata in data 13
Ottobre 2016 confermava la sentenza del Gup presso il Tribunale di
Ravenna che aveva riconosciuto BEN ABDELLAH Said Ben Moktar
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k&L

colpevole della ipotesi di concorso nella detenzione ai fini di spaccio di
gr.173 di cocaina, nonché dell’acquisto e della detenzione in concorso di
quantitativi variabili di cocaina ed eroina che provvedeva a
commercializzare con ripetute vendite e, con il riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni
quattro mesi sei di reclusione ed C 20.000 di multa.
Il giudice di appello riconosceva la responsabilità concorsuale del BEN
ABDELLAH a seguito del sequestro dello stupefacente in data 5.4.2001

in compagnia del correo GHAFFAR, valorizzando altresì il rinvenimento di
sostanza per il taglio e per il confezionamento dello stupefacente, nonché
sulla base dei collegamenti da questo intrattenuti con il correo AKIL RAMZI
e del rilevante patrimonio di intercettazioni telefoniche da cui emergevano
le triangolazioni tra i tre imputati in una prospettiva di predisposizione dello
stupefacente da cedere a terzi e delle interlocuzioni con i terzi che
richiedevano la droga.

2. Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione il BEN
ABDELLAH lamentando vizi motivazionali e inosservanza di legge in
relazione a profili afferenti alla riconosciuta responsabilità per i fatti
ascritti, assumendo la insufficienza del patrimonio indiziario, idoneo a
rappresentare esclusivamente una ipotesi di connivenza passiva rispetto a
traffici che gli erano estranei.
2.1 Con separate articolazioni si doleva del mancato riconoscimento della
ipotesi di minore gravità di cui all’art.73 V comma Dpr 309/90, nonché
della mancata sussunzione del contributo fornito dal prevenuto nel
concorso di minima importanza e infine assumeva difetto motivazionale
relativamente alla misura della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso va dichiarato inammissibile in quanto generico e
assolutamente infondato in tutte le sue articolazioni. Le censure
concernenti asserite carenze argomentative sulle singole questioni
accennate, sebbene nell’ambito di un concorso di persone nel reato, non
sono, infatti, proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura
razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e
coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal

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presso l’abitazione presa in locazione dal prevenuto, mentre ivi si trovava

processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura
degli elementi difensivi introdotti nei motivi di appello.
2. Il ricorso inoltre non si confronta adeguatamente con la motivazione
della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in
punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità, in relazione a
tutte le questioni sollevate dalle difese del ricorrente con particolare
riferimento alla ricorrenza di un compendio indiziario di tutto rilievo in
relazione alla detenzione dello stupefacente sequestrato in occasione del

abitazione, nonché in relazione a tutte le transazioni di sostanze
stupefacenti, rappresentate da interlocuzioni telefoniche dal contenuto
tutt’altro che criptico, che coinvolgevano Ben Abdellah e i due correi RAMZI
e GHAFFAR.
3. Quanto al capo A) il giudice distrettuale ha chiaramente evidenziato un
coacervo di elementi indizianti assolutamente completo e adeguato per
riconoscere la responsabilità del BEN ABDELLAH nella detenzione del
quantitativo di 500 grammi lordi di cocaina suddivisa in cinque distinti
involucri, sia in ragione degli elementi oggettivi rappresentati dagli
inquirenti (stupefacente detenuto sulla tavola della cucina, di cui l’imputato
tentava di disfarsi, presenza di strumenti per il confezionamento, la
pesatura e il taglio dello stupefacente, rinvenimento di somma di £
27.000.000 in contanti di cui i correi non sapevano fornire giustificazione),
sia in ragione di un rilevante compendio di intercettazioni che collegavano il
ricorrente BEN ABDELLAH alla destinazione di parte dello stupefacente ad
un terzo acquirente e, più in generale a una serie di transazioni illecite di
sostanza stupefacente, organizzate, gestite ed attuate in concorso con gli
altri due correi che hanno trovato altresì riscontro in attività di OPG di
polizia giudiziaria e di mirate operazioni di sequestro ai danni di taluni
destinatari.
3.1 In merito al significato attribuito alle intercettazioni il giudice di
legittimità ha affermato che in tema di intercettazioni di conversazioni o
comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti
intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di
fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta
logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al
sindacato di legittimità (sez.U, 26.2.2015,Sebbar, rv 263715) se non per
ragioni di manifesta irragionevolezza ed illogicità (sez.II, 4.10.2016,
D’Andrea e altri, Rv. 268389).

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sequestro di stupefacente operato in data 5 Aprile 2001 nella sua

4.

Al contempo il significativo contributo fornito dal prevenuto al

successo della illecita attività (intestazione degli immobili, della utenza
telefonica, collegamenti con i correi che lo mostravano in una posizione di
assoluta parità con gli altri correi, condotta inquinatoria tenuta in occasione
della perquisizione del 5.4.2001), come interpretati dal giudice di appello,
valgono indubbiamente ad escludere il riconoscimento della circostanza
attenuante di cui all’art.114 cod.pen.

comma DPR 309/90, questione sollevata dalla difesa del ricorrente Ber
Abdellah, il giudice di appello con una struttura motivazionale non
contraddittoria, coerente con le risultanze processuali e del tutto adeguata
sotto il profilo logico giuridico, ha posto in evidenza la ricorrenza di una
attività di spaccio realizzata con caratteristiche di professionalità e di
sistematicità, in un contesto operativo in cui il ricorrente si riforniva di
carichi non trascurabili di cocaina ed eroina, avvalendosi di ulteriori
concorrenti che facevano da tramite, così da procedere a transazioni illecite
per quantitativi non trascurabili, così da acquisire profitti di assoluto rilievo
(sequestro di 27 milioni di lire nell’abitazione del prevenuto).
5.1 Il giudicante infatti ha fatto corretta e logica applicazione del
principio in forza del quale, in tema di sostanze stupefacenti, la ipotesi di
cui all’articolo 73, comma 5, del dpr 9 ottobre 1990 n. 309 può essere
riconosciuta solo in ipotesi di “minima offensività penale” della condotta,
deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri
richiamati dalla norma (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la
conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti
dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri. Ciò in
quanto la finalità dell’attenuante si ricollega al criterio di ragionevolezza
derivante dall’articolo 3 della Costituzione, che impone — tanto al
legislatore, quanto all’interprete- la proporzione tra la quantità e la qualità
della pena e l’offensività del fatto (Sezione IV, 13 maggio 2010, Lucresi,
che ha ritenuto corretto il diniego dell’attenuante basato proprio sulla
gravità della condotta di spaccio).

6. Assolutamente infondata è anche la articolazione relativa alla misura
della pena edittale che è stata fissata, in relazione alla detenzione, nel
minimo edittale (anni sei di reclusione) ed aumentata di sei mesi, in termini
percentuali assolutamente contenuti, con riferimento ai plurimi episodi di
cessione contestati al capo C).
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5. Quanto al tema della qualificazione giuridica ai sensi dell’art.73 V

6.1 L’obbligo motivazionale è dunque assolto laddove questa Corte di
legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il
minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice
di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura
media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il
giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e
simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così

Taurasi e altro, rv. 256464; sez. 3, n. 10095 del 10.1.2013,
Monterosso, rv. 255153), potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo:
“pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo
alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così sez. 2, n. 36245 del
26.6.2009, Denaro, rv. 245596). D’altro canto gli aumenti di pena per la
continuazione risultano apportati in percentuale assolutamente modesta e
frazionale rispetto alla pena base, così da risultare del tutto incensurabile,
tenuto conto della pluralità degli episodi di cessione come risultanti dal
patrimonio di intercettazioni telefoniche e dalle sommarie informazioni rese
dagli acquirenti.
7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di
parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue
quella al versamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in
dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di duemila euro in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 23 Gennaio 2018

Il Consigliere estensore
Ugo Bellini

R

Il Presidente
Patriziccialli

sez. 4, n. 21294, Serratore, rv. 256197; conf. sez. 2, n. 28852

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