Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21027 del 04/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21027 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LA MACCHIA MICHELE N. IL 18/05/1969
avverso la sentenza n. 341/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
28/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore Ggnerale in persona del DottW
che ha concluso per e,

chiz ,u2.c„,p

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 04/12/2014

Ritenuto in fatto
Con sentenza del Tribunale di Foggia del 14.6.2011, confermata dalla Corte di Appello di Bari in
data 28.11.2013, La Macchia Michele veniva condannato alla pena di anni uno e mesi cinque di
reclusione ed € 900,00 di multa per il reato continuato di omesso versamento all’INPS della somma
di € 111.195,33 trattenuta sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti della ditta La.Ma.
Fruit S.a.s. di La Macchia Michele di cui egli era legale rappresentante.

dell’ispettore dell’INPS circa la corresponsione della retribuzione a tutti i lavoratori dipendenti da
parte dell’imputato. Inoltre l’imputato aveva chiesto ed ottenuto la rateizzazione dell’importo
dovuto a titolo di ritenute. I giudici di merito non ritenevano concedibili le attenuanti generiche,
attesa l’entità dell’importo evaso.
Avverso la richiamata sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha proposto
ricorso per Cassazione, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:
1) Violazione di legge. Mancanza di motivazione e travisamento della prova.
La difesa, premesso che la prova delle retribuzioni, presupposto indefettibile per la consumazione
del reato contestato, deve essere fornita dall’accusa, lamenta la mancata acquisizione di tale prova
posto che dal verbale di accertamento non risulta che l’ispettore INPS abbia proceduto ad
un’audizione dei lavoratori, né si rinvengono nel fascicolo del dibattimento ulteriori elementi
documentali a dimostrazione dell’avvenuta corresponsione a costoro delle retribuzioni, quali i
DM10.
Anche la richiesta di rateizzazione non avrebbe alcun valore confessorio, atteso che tale decisione
può trovare la propria ragion d’essere in una moltitudine di diversi motivi quali consentire alla
società di partecipare a gare di appalto, per evitare interessi e defatiganti azioni giudiziarie.
2) Mancanza di motivazione.
Rileva la difesa che i giudici di merito non hanno effettuato nessuna valutazione in ordine
all’elemento soggettivo del reato.
3) Violazione dell’art. 133 c.p. — Manifesta illogicità della motivazione.
Lamenta la difesa che la circostanza che l’imputato non abbia versato quanto dovuto neanche a
seguito della richiesta di rateizzazione non può essere posta a fondamento della decisione di non
concedere le attenuanti generiche.

Ritenuto in diritto

1

La responsabilità dell’imputato veniva accertata dai giudici di merito tramite la testimonianza

Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato e perché introduce surrettiziamente,
sub specie di vizio di motivazione, censure di merito tese a sollecitare una diversa valutazione delle
risultanze processuali, non consentita in sede di legittimità.
Il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta, come noto, circoscritto, in
ragione dell’espressa previsione dell’art. 606 co 1 lett e c.p.p., al solo accertamento della congruità
e coerenza dell’apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del
processo, e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della

decisione o della autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e
valutazione dei fatti. Ne consegue che, laddove le censure del ricorrente non siano tali da scalfire la
logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, queste devono ritenersi
inammissibili perché proposte per motivi diversi da quelli consentiti, in quanto non riconducibili
alla categoria di cui al richiamato art. 606 co 1 lett. e (Cass. Sez. feriale 2.8.2011 n. 30880, sez. VI
20.7.2011, n. 32878, sez. 114.7.2011 n.33028).
Fermo restando il limite sopra enunciato del controllo di legittimità, questa Corte rileva che la
motivazione della sentenza impugnata, anche nell’integrazione con quella di primo grado, risponde
ai requisiti sui quali si fonda il controllo di legittimità, ovvero appare esaustiva, ben argomentata e
coerente nella coordinazione dei passaggi logici attraverso i quali si sviluppa.
In particolare, la Corte di Appello ha correttamente e logicamente ricavato la responsabilità
dell’imputato dalle dichiarazioni testimoniali rese dall’ispettore Inps il quale ha riferito in
dibattimento di aver appreso dai dipendenti che nessun credito a titolo di retribuzioni era dai
medesimi vantato nei confronti dell’azienda, nonché da altri elementi indiziari quali la richiesta di
rateizzazione delle somme dovute all’Inps, nonché il precedente pagamento, a seguito di diffida,
sempre in favore del predetto ente previdenziale, della somma € 23.922,00, adempimento
immediatamente precedente alla contestazione del reato in esame e che non sarebbe stato effettuato
se l’imputato non avesse avuto dipendenti e se gli stessi non fossero stati pagati.
A tale riguardo appare opportuno ricordare che, secondo il costante insegnamento della
giurisprudenza di legittimità, “l’effettiva corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti,
a fronte di un’imputazione di omesso versamento delle relative ritenute previdenziali ed
assistenziali, può essere provata sia mediante il ricorso a prove documentali (nella specie, i
cosiddetti modelli DM/10 trasmessi dal datore di lavoro all’INPS) e testimoniali, sia mediante il
ricorso alla prova indiziaria”(Cfr. Cass. Sez. 3, Sent. n 14839 del 2010).
Quanto alla censura relativa alla mancata concessione delle attenuanti generiche, premesso che il

2
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riconoscimento o meno delle attenuanti generiche è espressione dell’esercizio del potere
discrezionale del giudice, che, se correttamente esercitato e non frutto di arbitrio, è insindacabile in
sede di legittimità, rileva questa Corte che le attenuanti in questione sono state correttamente
negate dai giudici di merito sulla base di rilievi congrui e giuridicamente corretti, attinenti la
personalità dell’imputato, non avendo questi adempiuto alla richiesta rateizzazione, e l’entità
oggettiva dei fatti, desunta dall’elevato ammontare degli importi non corrisposti e del vasto numero
In ragione del termine di prescrizione previsto dall’alt 157 c.p., nel testo introdotto dalla legge
251/2005, anni sei anni, prolungato di un quarto, anni sette mesi sei, ai sensi del secondo comma
dell’art. 161 c.p., per effetto degli atti interruttivi, il reato è prescritto limitatamente al quarto
trimestre del 2006 e ai primi due trimestri del 2013.
Senonchè, come costantemente affermato da questa Corte, l’inammissibilità del ricorso per
cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la
possibilità di far valere o di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., cause di non punibilità
ivi compresa l’estinzione del reato per prescrizione maturata successivamente alla sentenza
impugnata (Cass SU

n. 23428 del 22/03/2005 dep. 22/06/2005,rv. 231164,

sez. 2, Sentenza n. 28848 del 08/05/2013 dep. 08/07/2013 Rv. 256463).
L’impugnazione deve perciò essere dichiarata inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il giorno 4.12.2014

dei dipendenti coinvolti.

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