Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21021 del 21/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21021 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Paoletti Stefania, nata a Feltre, 1’1/9/1970;

avverso la sentenza del 29/6/2015 del Tribunale di Belluno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giulio
Romano, che ha concluso per l’annullamento t5 Senza rinvio del provvedimento
impugnato.
RITENUTO IN FATTO

1

Data Udienza: 21/04/2016

1.Con la sentenza impugnata il Tribunale di Belluno ha confermato la condanna, anche
agli effetti civili, di Paoletti Stefania per il reato di diffamazione commesso ai danni di
Roman Emma Marvin.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputata a mezzo del proprio difensore articolando
quattro motivi. Con il primo deduce violazione di legge in merito all’utilizzazione della
querela quale termine di confronto ai fini della valutazione dell’intrinseca attendibilità
della deposizione della persona offesa. Con il secondo la ricorrente lamenta invece

“matta” utilizzato dalla Paoletti per indicare la persona offesa discorrendo con il fratello
della stessa ed altra persona. Con il terzo motivo denunzia invece il mancato
riconoscimento dell’esimente della provocazione e con il quarto quello della causa di
non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.
3. Con memoria trasmessa il 15 aprile 2016 il difensore della parte civile ha chiesto il
rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.
2. In realtà infondato è il primo motivo atteso che dalla motivazione della sentenza
impugnata non risulta che il giudice dell’appello abbia fondato la valutazione
dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa in relazione alla loro coerenza
con quanto esposto dalla stessa in querela.
3.

Coglie invece nel segno il secondo motivo, al cui accoglimento consegue

l’assorbimento delle doglianze avanzate con i residui motivi di ricorso. Al fine
dell’accertamento dell’idoneità dell’espressione utilizzata a ledere il bene protetto dalla
fattispecie incriminatrice di cui all’art. 595 c.p., occorre fare riferimento ad un criterio di
media convenzionale in rapporto alle personalità dell’offeso e dell’offensore nonché al
contesto nel quale detta espressione sia pronunciata; nel contempo è necessario
considerare che l’uso di un linguaggio meno corretto, più aggressivo e disinvolto di
quello in uso in precedenza è accettato o sopportato dalla maggioranza dei cittadini
determinando un mutamento della sensibilità e della coscienza sociale. Principi questi
consolidati nella giurisprudenza di questa Corte e di cui il giudice del merito non ha
tenuto conto, sostanzialmente ancorando la valutazione dell’offensività della condotta
al mero significato lessicale del termine “matta”, per di più astraendolo dal contesto
della frase in cui è stato pronunziato che evidenzia invece la sua inidoneità a ledere la
2

l’errata applicazione della legge penale rilevando la sostanziale inoffensività dell’epiteto

reputazione della persona offesa, non riflettendo l’intenzione di formulare un effettivo
giudizio di disvalore della medesima, quanto piuttosto fare riferimento a quei significati
che il suddetto termine è venuto assumendo n nel linguaggio comune come sinonimo di
persona eccentrica ovvero irascibile e similaria e che sono socialmente considerati
accettabili.
4. Conseguentemente la sentenza deve essere annullata senza rinvio perché il fatto

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso il 21/4/2016

non sussiste.

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