Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21017 del 21/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21017 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MORELLI FRANCESCA

sul ricorso proposto da:
LODETTI MARIO ANGELO nato il 27/02/1958 a DALMINE

avverso la sentenza del 20/01/2015 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 21/04/2016, la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA MORELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del GIULIO ROMANO
che ha concluso per

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Data Udienza: 21/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la
sentenza del Tribunale di Bergamo del 12.7.12 con cui Lodetti Mario Angelo è stato
riconosciuto responsabile del reato di violenza privata in danno di Quadri Mirta
Santina e condannato alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore
dalla parte civile.

stato riferito che lo zio Lodetti l’aveva accusata di avere rubato beni di pertinenza
dell’azienda agricola che avevano ereditato in comunione, e lo stesso Lodetti che,
secondo quanto ricostruito nel giudizio di merito, le si era parato dinnanzi, nel corso
della discussione, mentre lei sostava su una scala con il figlio di due anni in braccio,
impedendole di allontanarsi.
2. Il ricorso presentato dal difensore di fiducia si articola su motivi.
2.1. Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali con
riguardo al rigetto dell’eccezione di inammissibilità della parte civile.
In particolare si evidenzia che la Quadri, difesa dall’avv.Germana Pizzagalli, si era
presentata in udienza con un nuovo difensore, l’avv.Paolo Corallo, e per il tramite di
quest’ultimo si era costituita parte civile, senza prima provvedere alla revoca del
precedente difensore.
Attesa l’impossibilità per la parte civile di essere assistita da due difensori e
l’inefficacia della seconda nomina, consegue l’inammissibilità della costituzione di
parte civile sottoscritta dal secondo difensore e l’impossibilità di sanare l’atto
mediante la revoca del primo difensore intervenuta dopo la verifica della rituale
costituzione delle parti.
2.2. Con il secondo motivo si deducono vizi motivazionali e travisamento della
prova, con riguardo al fatto che i giudici di merito avrebbero travisato le risultanze
processuali ritenendo provata una diversa ed autonoma condotta, riconducibile alla
fattispecie di cui all’art.610 c.p. quando, in realtà, le prove riguarderebbero soltanto
dei gesti di violenza fisica da parte dell’imputato contro la persona offesa, integranti
il reato di percosse per cui si è proceduto separatamente.
Nella sentenza impugnata sarebbe stata del tutto omessa la valutazione delle prove
a sostegno della tesi difensiva.
2.3. Si censura, infine, la commisurazione del danno che, in ogni caso, dovrebbe
\e:ssnriguardare gli effetti del reato di violenza privata e non di quello di percosse.
3. Il 20 aprile 2016 è intervenuta remissione di querela , avanti alla Polizia
Giudiziaria, con accettazione da parte del querelato; all’odierna udienza vi,R, stata

1

1.1. La vicenda attiene ad un incontro svoltosi fra la Quadri, offesa in quanto le era

revoca della costituzione di parte civile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La remissione di querela non produce alcun effetto, in presenza di un reato, quale
quello di cui all’art.610 c.p., procedibile d’ufficio.
2. Va tuttavia evidenziata l’intervenuta prescrizione del reato, posto che il ricorso

prospettazione di vizi logici laddove le prove del diverso reato di percosse sarebbero
state utilizzate per fondare il giudizio di responsabilità anche in ordine al reato di
violenza privata.
A tal proposito appare opportuno ricordare che la Suprema Corte (Cass., sez. 4, 5
giugno 1992-15 febbraio 1993, n. 1340, CED 193033; S.U. 21 ottobre 1992-22
febbraio 1993, n. 1653, Marino, CED 192465; Cass., Sez. 6, 7-31 marz 2003, n.
15125, CED 225635) ha stabilito che in presenza di una causa di estinzione del
reato non sono rilevabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza, perché
l’inevitabile rinvio della causa all’esame del giudice di merito dopo la pronuncia di
annullamento è incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria di
proscioglimento per l’intervenuta estinzione del reato, stabilito dall’art. 129 c.p.p.,
comma 1. Ne consegue che è del tutto superfluo l’esame approfondito di tali motivi
di ricorso, essendo ciò indifferente in caso di annullamento della sentenza per
intervenuta prescrizione. Le predette considerazioni valgono anche per le nullità
processuali (Sez. 6, n. 21459 del 26/03/2008 – dep. 28/05/2008, Pedrazzini, Rv.
240066; conf. Sez. 5, n. 39217 del 11/07/2008 – dep. 20/10/2008, Crippa, Rv.
242326) e per le violazioni di legge che non comportino l’assoluzione con formula
piena dell’imputato (cfr. Sez. 5, n. 39401 del 18/09/2008 – dep. 21/10/2008,
Pannofino e altri, Rv. 241734).
3. Non ricorrono, comunque, i presupposti per una pronuncia assolutoria ex art. 129
c.p.p., comma 2, perché, tenuto conto di quanto emerge a carico dell’imputato dalla
motivazione delle due sentenze, non risulta affatto evidente la estraneità del
ricorrente ai fatti contestati (Sez. 6, n. 32872 del 04/07/2011 – dep. 25/08/2011,
Agulli e altri, Rv. 250907)

l’assoluzione ampia. (Sez. 2, n. 9174 del 19/02/2008,

Palladini, Rv. 239552).
4. Ciò posto, va rilevato che il fatto risale al 31.10.07 ed il termine di prescrizione è
decorso il 30.6.15, tenuto conto della sospensione per sessanta giorni dovuta ad un
rinvio per legittimo impedimento.

2

non è inammissibile, perlomeno con riguardo al secondo motivo di appello ed alla

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per
prescrizione.

Il Consigliere

nsore

Così deciso il 21 aprile 2016

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