Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21015 del 27/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21015 Anno 2018
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DI PAOLA SERGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NICOLINI GIORGIO nato il 14/03/1965

avverso la sentenza del 07/12/2016 della Corte d’appello di Brescia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Sergio Di Paola
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso
Udito l’Avv. Stefano Grolla che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte Appello di Brescia, con sentenza in data 7/12/2016, confermava
la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Bergamo,
in data 30/11/2009, nei confronti di Giorgio Nicolini, in relazione al reato di cui
all’art. 644 cod. pen.
2. Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato.
Con l’unico motivo di ricorso, si deduce violazione della legge processuale
per aver la Corte erroneamente negato la riduzione della pena, in ragione della
richiesta di ammissione al giudizio abbreviato condizionato, formulata
tempestivamente, prima nell’udienza preliminare e poi in sede di questioni

Data Udienza: 27/03/2018

preliminari davanti al Collegio, ma illegittimamente rigettata; la sentenza non
aveva considerato il dato dell’avvenuta assoluzione dell’imputato, dall’Originaria
ulteriore imputazione di estorsione, proprio sulla scorta delle dichiarazioni rese
dai testimoni assunti nel dibattimento, testimoni che erano stati indicati nella
richiesta di ammissione del giudizio abbreviato condizionato.
Con motivi nuovi inviati a mezzo posta elettronica certificata, il ricorrente
deduce la contraddittorietà della motivazione e il travisamento della prova, con
riguardo alla valutazione delle dichiarazioni delle persone offese poste a

dell’inesistenza della documentazione cui avevano fatto riferimento le persone
offese; censurava, ancora, come illogico il diniego del riconoscimento della
circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen.; con un ultimo ordine di
argomenti, il ricorrente deduce l’illogicità della motivazione con riferimento alla
mancata riduzione di un terzo della pena irrogata con la sentenza, riproponendo
le ragioni in diritto illustrate con il ricorso e ritenendo illogica la motivazione della
sentenza d’appello che aveva rigettato la richiesta difensiva, facendo leva
sull’incompatibilità dell’esame delle persone offese, cui era stata condizionata la
richiesta del giudizio abbreviato, con le finalità di economia processuale
(risultando già in atti le dichiarazioni delle vittime dell’ipotizzata usura), anche
alla luce della giurisprudenza di legittimità che ha affermato l’ammissibilità di
una tale richiesta, ove la stessa si prospetti come utile ai fini della valutazione
dei temi di prova, dovendosi giudicare della fondatezza della richiesta anche sulla
scorta degli esiti dell’istruttoria dibattimentale espletata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato.
1.1. Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità dei motivi nuovi, inviati a
mezzo posta elettronica il quindicesimo giorno prima dell’odierna udienza (il 12
marzo 2018 alle ore 20,44) e depositati nella cancelleria di questa Corte il 13
marzo 2018 («In tema di impugnazione, sono inammissibili i motivi aggiunti al
ricorso per cassazione depositati nella cancelleria del giudice “a quo” anziché in
quella della Suprema Corte ed ivi pervenuti oltre il termine di quindici giorni
prima dell’udienza, in quanto alla specifica disposizione di cui all’art. 585, comma
quarto, cod. proc. pen. non si può derogare con applicazione analogica delle
modalità di presentazione ex art. 582, cod. proc. pen. o di spedizione ex art.
583, comma primo, cod. proc. pen.» (Sez. 2, n. 1381 del 12/12/2014, dep.
2015, Tomaino, Rv. 261862); per altro verso è pacifico che le questioni dedotte
con i motivi nuovi, in relazione ai profili di valutazione delle prove poste a

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fondamento dell’affermazione di responsabilità e alla mancata considerazione

fondamento

dell’affermazione

di

responsabilità,

sono

evidentemente

inammissibili, poiché il principio generale fissato dall’art. 585, comma 4, cod.
proc. pen. concernente la necessaria connessione tra i motivi originariamente
proposti e i motivi nuovi, non è derogato nell’ambito del ricorso per cassazione,
ove «la presentazione di motivi nuovi è consentita entro i limiti in cui essi
investano capi o punti della decisione già enunciati nell’atto originario di
gravame, poiché la “novità” è riferita ai “motivi”, e quindi alle ragioni che
illustrano ed argomentano il gravame su singoli capi o punti della sentenza

Califano, Rv. 251482).
1.2. Passando all’esame della questione sollevata con il ricorso, va osservato
che il ricorrente, nel censurare la motivazione della sentenza d’appello, si è
limitato a rilevare in modo riduttivo e semplicistico che il dato dell’avvenuta
assoluzione in relazione ad uno dei reati contestati, sulla scorta delle
dichiarazioni raccolte nel dibattimento dai testi (le persone offese) che erano
stati indicati quali persone da escutere, con la richiesta di abbreviato
condizionato, dimostrerebbe in sé l’erroneità delle decisioni, prima del G.u.p. e
poi del Tribunale, con cui la richiesta di ammissione al rito era stata rigettata.
1.3. La questione devoluta all’esame dei giudici dell’impugnazione
richiedeva, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità che muove
dalla sentenza a Sezioni unite n. 44711 del 27/10/2014 (Wajib, Rv. 229175) la
valutazione (“meramente incidentale e non contenutistica dei risultati delle
indagini e dell’udienza preliminare che si traduca in una decisione sul merito
dell’azione penale”) circa l’effettiva e oggettiva necessità dell’integrazione
probatoria indicata nella richiesta formulata dall’imputato, sempre che la stessa
fosse compatibile con le finalità di economia processuale del giudizio abbreviato.
Pur riconoscendo che l’evoluzione giurisprudenziale su quest’ultimo presupposto
ha evidenziato come anche integrazioni probatorie di rilevante contenuto
risultino sempre vantaggiose dal punto di vista dell’economia processuale,
rispetto alle forme ordinarie del dibattimento, è il presupposto della necessità
dell’integrazione probatoria che impone di chiarire con precisione il contenuto
della valutazione richiesta al giudice del dibattimento ed, eventualmente, a
quello dell’impugnazione. Muovendo dalla struttura del giudizio abbreviato e dal
tenore della norma che disciplina la richiesta condizionata (art. 438, comma 5,
cod. proc. pen.), è stato chiarito che l’ambito della prova “necessaria ai fini della
decisione” è delimitato dal requisito dell’integrazione del materiale già a
disposizione del giudice, non rilevando invece l’eventualità che le prove da
assumere vadano a sostituire le prove già esistenti, in quanto il canone che deve
essere osservato nella selezione delle prove cui condizionare la richiesta di

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impugnata, già censurati con il ricorso» (Sez. 1, n. 40932 del 26/05/2011,

giudizio abbreviato non è quello generale dell’art. 190 cod. proc. pen., ma il
diverso criterio desumibile dalla specifica disposizione dell’art. 438 cod. proc.
pen. che corrisponde al dato «dell’oggettiva e sicura utilità/idoneità del probabile
risultato probatorio ad assicurare il competo accertamento dei fatti rilevanti nel
giudizio» (Sez. Unite n. 44711/14 cit.).
E’ stato altresì aggiunto che in sede di sindacato del provvedimento di
rigetto, frutto evidentemente di una valutazione compiuta ex ante dal giudice
dell’udienza preliminare, così come dal giudice del dibattimento, dovrà tenersi

dibattimento, al fine di riscontare la decisività dell’integrazione probatoria
indicata dall’imputato nella propria richiesta, con la precisazione che tale
elemento riveste carattere ausiliario e non risolutivo della valutazione stessa
(Sez. 6 n. 48642 del 11/7/2014, De Angelis, Rv. 261245).
1.4. Se, dunque, le prove cui è possibile condizionare la richiesta di giudizio
abbreviato devono essere dirette non a sostituire prove già esistenti in atti, ma
esclusivamente ad interare il quadro probatorio a disposizione del giudice, per
giungere ad un completo accertamento dei fatti rilevanti, è corretto affermare
che le prove cui fa riferimento l’art. 438, 5 comma, cod. proc. pen. devono
essere prove “nuove”, ossia «riguardanti fatti nuovi o fatti già resi noti da fonti
diverse di conoscenza»; non si potranno «ripetere atti investigativi già compiuti»
e, pertanto, ove la fonte di prova sia stata già apprezzata in sede di indagini il
suo esame sarà «ammissibile solo in quanto mirato a colmare lacune oggettive
dell’atto originario, cioè a verificare circostanze diverse ed ulteriori» (così
chiaramente Sez. 6, n. 48642/2014, cit.). Trasponendo tale principio nello
specifico settore della prova dichiarativa, dovranno ritenersi ammissibili «le
richieste subordinate all’audizione di persone già sentite nel corso delle indagini
o dell’udienza preliminare (…) alla sola condizione che vengano specificati i fatti
da accertare, non già posti ad oggetto dell’esame precedente», al contrario
dovendosi legittimamente rigettare le richieste volte « esclusivamente alla
sostituzione del materiale già raccolto ed utilizzabile, così da ottenere un vero e
proprio dibattimento dinnanzi al giudice dell’udienza preliminare, in contrasto
con gli obiettivi di speditezza e semplificazione perseguiti dal rito alternativo»; e
ciò per l’evidente ragione che «se l’imputato individua un diverso interesse
all’assunzione «ripetuta», come solitamente avviene mediante il riferimento al
più consistente valore epistemico degli atti assunti in contraddittorio ed in
presenza del giudice chiamato alla decisione, non gli resta che affrontare il
giudizio nelle forme ordinarie. Ciò che non può ammettersi è la pretesa che, pur
esistendo una base cognitiva conforme al criterio di «completezza delle
indagini», si svolga nell’ambito del giudizio abbreviato un vero e proprio

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conto anche dei risultati raggiunti attraverso l’istruzione probatoria condotta nel

dibattimento, con conseguente dispersione di senso della diminuzione di pena»
(in questi termini Sez. 6, n. 48642/2914; cit., ove gli ulteriori . riferimenti alla
precedente giurisprudenza sul punto).
1.5. A completamento del quadro ricostruttivo, va osservato che i
presupposti così indicati (incompletezza del materiale probatorio, necessità della
prova da assumere, specificazione dei dati fattuali dimostrativi della novità delle
prove, la cui fonte sia sta già esaminata nel corso delle indagini) costituiscono
oggetto di deduzione e dimostrazione da parte dell’imputato su cui incombe

siano necessarie alla verifica di conformità della prova integrativa al suo modello
legale» (così ancora Sez. 6, n. 48642/2914, cit.); a fronte di un provvedimento
di rigetto, quindi, « l’imputato che chieda la riduzione di pena per il rito
abbreviato condizionato ad integrazione istruttoria deducendo l’illegittimità della
ordinanza di rigetto da parte del giudice dell’udienza preliminare, deve allegare
ed indicare in modo specifico, a pena di inammissibilità, gli atti con i quali ha
coltivato la suddetta richiesta in tutti i gradi di giudizio e di avere dedotto, fin dal
primo grado, motivi specifici avverso il provvedimento del giudice» (Sez. 2, n.
53652 del 10/12/2014, Bonasorta, Rv. 261633).
1.6. Nella fattispecie in esame, dalla lettura dell’atto di appello non si evince
quale fosse stato il contenuto della richiesta di giudizio abbreviato formulata
dall’imputato, indicandosi semplicemente che era stata condizionata la richiesta
all’esame delle persone offese, che l’esame dei testi non avrebbe pregiudicato la
speditezza del giudizio abbreviato e che l’esito del dibattimento, quanto
all’imputazione di estorsione rispetto alla quale il Nicolini era stato assolto,
dimostrava l’utilità delle prove cui era stata condizionata la richiesta. Attraverso
la motivazione della sentenza impugnata in questa sede, si apprende, invece,
che la difesa non aveva specificato “su quali ulteriori punti avrebbero dovuto [i
testi] nuovamente essere escussi”, atteso che le dichiarazioni delle persone
offese risultavano già nei verbali acquisiti al fascicolo delle indagini. Su tale
argomento la decisione impugnata ha rigettato correttamente l’appello proposto,
rilevando il contrasto della richiesta difensiva “con i canoni della necessità ai fini
della decisione” – essendo appunto indimostrata quale fosse la necessità
derivante dal nuovo ascolto delle persone offese che erano state già sentite nel
corso delle indagini – ” e con le finalità di economia processuale” – da intendersi
in quella sede come inutile dilatazione dei tempi del giudizio abbreviato, rispetto
a prove già a disposizione del giudice e in assenza di specificazione su temi
eventualmente nuovi che avrebbero dovuto costituire l’oggetto della prova
richiesta –

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l’onere di «proporre le specificazioni, ed eventualmente la documentazione, che

2. All’ inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle . spese processuali, no- nché, ai sensi dell’art. . 616 c.p.p., valutati i
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che
ritiene equa, di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 27/3/2018

Il Consigli hiestensore
Ser

412 Paola

Il Pres . dente
Anto

restipino

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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