Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21014 del 27/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 21014 Anno 2018
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DI PAOLA SERGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FIORETTI PAOLO nato il 20/08/1969 a JESI

avverso la sentenza del 07/01/2016 della Corte d’appello di Ancona

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Sergio Di Paola
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
Udito l’Avv. Gaetano Laghi che ha concluso riportandosi al ricorso, ed ai motivi
aggiunti, chiedendone l’accoglimento

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza in data 7/1/2016,
parzialmente riformando la sentenza pronunciata dal Tribunale di Ancona,
sezione distaccata di Jesi, in data 13/03/2013, nei confronti di Paolo Fioretti,
escludeva la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen. e
confermava la condanna in relazione al reato di cui all’ art. 646 cod. pen.

Data Udienza: 27/03/2018

2. Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce vioiazione di legge penaie e
processuale, ai sensi dell’art. 606, lett. B) e C) cod. proc. pen.; osserva il
ricorrente che la querela allegata agli atti era priva dei requisiti previsti dall’art.
337 cod. proc. pen. (mancando la necessaria attestazione sulla data di
presentazione e sull’identità del soggetto che l’aveva presentata), circostanza
che comportava il difetto della condizione di procedibilità, con la conseguente
violazione del disposto dell’art. 178 cod. proc. pen.

processuale, oltre che vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. C) ed E)
cod. proc. pen., con riferimento al mancato riconoscimento della nullità della
sentenza di primo grado, per avere omesso il giudice di indicare le norme
applicate nel dispositivo della sentenza di condanna.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce violazione di legge e vizio di
motivazione con riferimento all’illegittima ammissione della prova testimoniale,
assunta a mezzo del teste Salmi indicato nel corso dell’istruttoria in sostituzione
dell’originario teste indicato in lista, senza che ricorressero i presupposti per la
sostituzione del testimone.
3. Con motivi aggiunti, tempestivamente depositati, la difesa del ricorrente
ha illustrato i motivi relativi al difetto della condizione di procedibilità e alla
violazione delle norme processuali concernenti la sostituzione dei testi ammessi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto per motivi non consentiti e
manifestamente infondati.
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile
La mancata menzione nel dispositivo degli articoli di legge applicati non è
causa di nullità della sentenza (Sez. 5, n. 25424 del 18/03/2014, Chiarini, Rv.
259851; Sez. 2, n. 27185 del 16/06/2010, Verdi, Rv. 247851), essendo prevista
la sanzione della nullità (art. 546, 3 comma, cod. proc. pen.) solo quando il
dispositivo manchi del tutto, ovvero manchino gli elementi essenziali per
individuarne il contenuto; nella specie, il tenore del dispositivo, l’indicazione del
delitto per cui veniva pronunciata la condanna, la specificazione della condanna
al pagamento delle spese del procedimento, escludevano ogni dubbio sulla
statuizione emessa dal Giudice.
3.

Il primo ed il terzo motivo di ricorso sono proposti per motivi non

consentiti, poiché le questioni dedotte con quei motivi risultano generiche e non
sottoposte al vaglio del giudice di appello.

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2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione di legge

3.1. Dalla lettura della sentenza di secondo grado e dell’atto di appello,
infatti, non risulta che l’odierno ricorrente avesse dedotto quale specifico Motivo
di impugnazione né la validità della querela sporta dalla persona offesa, né la
questione processuale concernente la sostituzione dell’unico teste indicato nella
lista depositata e ammesso prima dell’inizio dell’istruttoria.
3.2. Quanto alla prima questione, va considerato che con l’atto di appello,
l’odierno ricorrente aveva contestato la sussistenza della circostanza aggravante
di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen.; nella prospettiva difensiva, ove fosse stato

consequenziale e necessitato l’ulteriore profilo di censura che poteva e doveva
essere sottoposto all’esame del giudice d’appello, della validità della querela,
sorgendo per effetto dell’esclusione dell’indicata circostanza aggravante la
necessità della valida querela per procedere nei confronti dell’imputato in
relazione al delitto di appropriazione indebita.
Per altro verso, deve escludersi che il giudice di legittimità possa rilevare il
difetto della condizione di procedibilità, nelle ipotesi in cui un siffatto difetto
richieda accertamenti in fatto (concernenti l’osservanza delle modalità di
presentazione e la tempestività della querela, entrambe contestate dalla difesa
del ricorrente). Le censure mosse dal ricorrente, peraltro, sono affette da
evidente genericità, poiché nel denunciare l’assenza di elementi per stabilire
l’autorità che ha ricevuto la querela e l’epoca in cui ciò è avvenuto, il ricorrente
non ha allegato né dati né elementi di fatto che potessero consentire di
dimostrare tali accadimenti come realizzati in violazione delle norme processuali,
o in epoca tale da dimostrare la sicura tardività della querela.
In ogni caso, quanto all’individuazione della provenienza dell’atto di querela,
soccorre l’autentica del difensore della parte che l’ha presentata (cfr. Sez. 2, n.
6342 del 18/12/2014, dep. 2015, Rufo: « La querela sottoscritta con firma
autenticata dal difensore non richiede ulteriori formalità per la presentazione ad
opera di un soggetto diverso dal proponente, che può effettuarla anche se non
sia munito di procura speciale – fattispecie nella quale la corte ha ritenuto valida
la querela, con firma autenticata dal difensore, inviata per posta, risultandone
accertata la sicura provenienza – »). In ordine, poi, alla tempestività della
querela, dagli atti processuali esaminati dalla Corte risulta che in data 15 aprile
2011 (entro il termine ex art. 124 cod. pen. rispetto alla data di consumazione
del reato contestato, fissata al 19 gennaio 2011) il G.i.p. aveva rigettato la
richiesta di sequestro preventivo formulata dal P.m., indicando nella motivazione
che l’atto di querela era datato 24 marzo 2011.
In definitiva, il motivo di ricorso è inammissibile, perché generico nella
deduzione delle cause che comporterebbero l’invalidità e l’intempestività della

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accolto tale motivo di impugnazione, si poneva logicamente come

querela, circostanze peraltro smentite dall’esame degli atti consentito a questa
Corte. 3.3. Anche il profilo concernente l’ipotizzata violazione di norme processuali
sanzionata dall’ inutilizzabilità della prova, illegittimamente acquisita, risulta
erroneamente prospettato. Non può, infatti, ritenersi che la questione
processuale dedotta dalla difesa attenga a profili di inutilizzabilità della prova,
come tale rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità. Va osservato, a questo
riguardo, che rientra nell’esclusiva competenza del giudice di merito la

non avere potuto indicare tempestivamente le prove nella lista, valutando la
situazione di impossibilità che consente, secondo l’art. 493, comma 2, cod. proc.
pen., l’acquisizione di prove non indicate nella lista prevista dall’art. 468 del
codice di rito, potendo tale situazione ricorrere anche in presenza di un contesto
di difficile esercizio della facoltà riconosciuta alle parti dall’art. 468 cit. (Sez. 3, n.
5327 del 15/01/2004, Sevà, Rv. 227442; nello stesso senso v. anche Sez. 1, n.
1079 del 16/1/1995, Catti, Rv. 201236); inoltre, è stato affermato che «la
deposizione di un testimone esaminato in sostituzione di altro indicato nella lista
di cui all’art. 468 cod. proc. pen. è utilizzabile, se l’esame è ritualmente condotto
e la testimonianza pertinente alle circostanze indicate nella lista stessa» (Sez. 2,
n. 36791 del 20/10/2006, Lo Carmine, Rv. 235038). Nel caso di specie, sin dalla
presentazione dell’atto di querela la società, persona offesa del delitto di
appropriazione indebita, aveva fatto riserva di indicare colui che avrebbe potuto
riferire sui fatti; è stata successivamente depositata comunicazione con cui si
indicava nella persona del teste Salmi (poi escusso a dibattimento) colui che era
in grado di rendere dichiarazioni sull’oggetto dell’accusa e il teste è stato assunto
nel contraddittorio delle parti. Le doglianze si concentrano, dunque, non sulla
natura o sull’oggetto della prova, ma esclusivamente sulle modalità di
assunzione, eventualmente irrituali, ma di certo non comportanti vizi di nullità o
inutilizzabilità della prova.
Così delineato l’oggetto della censura, è evidente il vizio di inammissibilità
che caratterizza il motivo di ricorso, avendo ad oggetto motivi non enunciati con
l’atto di appello.
4. All’ inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che
ritiene equa, di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

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valutazione delle circostanze addotte dalle parti processuali per dimostrare di

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presi nte

Ser. 0J…i Paola

Anto4cPrstipino

Così deciso il 27/3/2018

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