Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21009 del 01/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21009 Anno 2016
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GENCO RUSSO SALVATORE N. IL 09/10/1955
avverso la sentenza n. 11/2014 TRIBUNALE di VARESE, del
27/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 01/04/2016

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Luigi Birritteri, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice di pace di Varese, con sentenza confermata dal locale Tribunale, ha

in data 15 aprile 2010 e 7 giugno 2010) in danno di Pastore Michele e lo ha
condannato a pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni in favore della
persona offesa, costituitasi parte civile.
Alla base della resa statuizione vi sono le dichiarazioni della persona offesa,
giudicate coerenti e credibili, nonché del teste Canziani Paolo.

2. Ha presentato ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del difensore,
dolendosi – ex art. art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. – della sinteticità
della motivazione, che non rende palesi le ragioni della decisione e non consente
di ricostruire il percorso logico seguito per giungere alla conclusione cui è
pervenuta. Si duole, in particolare, del fatto che il giudice d’appello abbia omesso
di esaminare alcuni specifici punti dell’atto d’appello, riguardanti la conflittualità
dei rapporti tra le parti e la ricostruzione dei fatti avvenuti il 15/4/2010.
Lamenta, inoltre, che non sia stata tenuta in considerazione la testimonianza di
Genco Russo Maria e che sia stato omesso ogni esame sulla testimonianza di
Canziani Paolo, che è stata contraddittoria e alimentata dal rancore nei suoi
confronti. Ancora, che non siano stati esaminati i rilievi contenuti nell’atto
d’appello circa la credibilità della persona offesa e che siano state travisate le
dichiarazioni da lui rese in ordine all’episodio del 7/6/2010.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.
Va detto, in primo luogo, che, per consolidato orientamento di questa Corte (cfr.,
ex multis, Cass. Sez. 1^, 26/6/2000 n. 8868, Sangiorgi), allorchè le sentenze di
primo e secondo grado concordino – come nella specie è avvenuto – nell’analisi e
nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive
decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella
precedente per formare un unico, complesso corpo argomentativo. Ora, pur
avendo il Tribunale sinteticamente esposto le ragioni della decisione, dalla stessa
si evince, comunque, quale sia il percorso seguito per affermare la responsabilità

2

ritenuto Genco Russo Salvatore responsabile di minaccia continuata (commessa

di Genco Russo in ordine ai reati a lui ascritti, dal momento che tale percorso è
chiaramente delineato nella sentenza del Giudice di pace, ove è detto che prova
della responsabilità sono sia le dichiarazioni della persona offesa – apparse
coerenti e lineari – sia quelle di Canziani Paolo, che abitava nei pressi
dell’abitazione in cui avvenne l’alterco ed ebbe a percepire chiaramente le
minacce rivolte dall’imputato al Pastore. Dichiarazioni indirettamente confermate
da quelle della sorella dell’imputato (Genco Russo Maria), che era presente in
casa allorché Genco Russo giunse nell’abitazione dei coniugi Genco Russo Grazia

(pag. 3 della sentenza di primo grado). Appare evidente, quindi, che le due
decisioni, lette in parallelo, rendono pienamente ragione della decisione cui i
giudici di merito sono pervenuti e che la loro conclusione non è inficiata da una
riduttiva considerazione del materiale probatorio o da labilità del percorso
argomentativo. Ma nemmeno dalla obliterazione delle ragioni difensive, dal
momento che la conflittualità esistente tra le parti non è stata trascurata dai
giudici di merito, ma, al contrario, presa in considerazione per illustrare il
contesto in cui è maturata l’aggressione verbale in danno del Pastore e dedurne
elementi di riscontro alle dichiarazioni di quest’ultimo. Né è esatto affermare che
i giudici abbiano omesso di considerare le dichiarazioni di Genco Russo Maria,
posto che proprio da esse hanno tratto la conferma dell’alterco intercorso tra le
parti e della “intimazione”, data dall’imputato a Pastore, di andarsene di casa
entro la mezzanotte: intimazione che è stata letta – ragionevolmente – come
prodromica alla minaccia di fargli del male se non avesse ottemperato all’ordine
impartito.
Quanto alla testimonianza di Canziani Paolo, va da sé che i giudici non dovevano
effettuare alcuna approfondita disamina della sua attendibilità, trattandosi di
teste neutro che – per quanto in lite con l’imputato – non aveva alcuna
particolare ragione di prendere le parti del Pastore ed ha reso dichiarazioni
perfettamente adeguate al contesto rappresentato da tutti i protagonisti della
vicenda. Generiche e astratte sono, invece, le critiche alla credibilità di Pastore
Michele, la cui testimonianza è stata qualificata contraddittoria senza il supporto
di concreti argomenti e senza evidenziare quale parte del narrato sarebbe affetto
dal vizio suddetto.
Consegue a tanto che il ricorso va rigettato; ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., il ricorrente va condannato alle spese del procedimento.

3

e Pastore Michele ed intimò a quest’ultimo di “andarsene entro mezzanotte”

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso l’1/4/2016

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