Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21006 del 01/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21006 Anno 2016
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCHIAVO GIOVANNI N. IL 08/04/1967
avverso la sentenza n. 743/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
14/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 01/04/2016

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Luigi Birritteri, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
– Udito, per l’imputato, l’avv. Nadia Frese, che si è riportata ai motivi di ricorso e
ne ha chiesto raccoglimento.

RITENUTO IN FATTO

personali gravi e ingiuria in danno di Nicosia Adriano e di lesioni personali in
danno di Pesucci Sergio e lo ha condannato, riconosciuto il vizio parziale di
mente, a pena di giustizia; inoltre, ha applicato a suo carico la misura di
sicurezza dell’assegnazione, per sei mesi, ad una casa di cura e dì custodia.

2. La Corte d’appello di Firenze, adita dall’imputato, ha confermato il giudizio di
responsabilità per entrambi i reati a lui contestati ed esclusa, per fatti
sopravvenuti, la pericolosità sociale, ha confermato la pena e revocato la misura
chamistchsa applicata dal primo giudice.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
dell’imputato, l’avv. Nadia Frese per violazione di legge e vizio di motivazione
sotto i profili appresso specificati.
A) La Corte d’appello non ha fornito adeguata risposta in ordine ai rilievi
concernenti la totale incapacità di intendere e di volere di Schiavo al momento
del fatto, così come desumibile dalla relazione della consulente di parte, dott.ssa
Valgiusti.
B) La Corte d’appello ha omesso ogni “ricognizione e verifica” in ordine
all’elemento soggettivo. Lamenta che la Corte territoriale non abbia attribuito
rilievo alle considerazioni del dr. Paterniti, il quale avrebbe argomentato che “le
aggressioni messe in atto dal paziente sono vissute come tentativi di difendersi”.
L’imputato avrebbe agito, pertanto, nell’erroneo convincimento della necessità di
doversi difendere; cosicché sarebbe escluso l’elemento soggettivo sia per le
lesioni che per l’ingiuria.
C) Il giudice d’appello non ha motivato in ordine all’eccesso colposo di legittima
difesa.
D) La determinazione della pena è avvenuta senza considerazione della persona
dell’imputato e della peculiarità della vicenda. Nella parte motiva della sentenza
non si rinviene alcun riferimento alle ragioni per cui la pena è stata determinata
in misura superiore al minimo edittale, le attenuanti generiche non sono state

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1. Il Tribunale di Firenze ha ritenuto Schiavo Giovanni responsabile di lesioni

ritenute prevalenti e non è stata concessa la sospensione condizionale della
pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato e ai limiti dell’ammissibilità. Il ricorrente si
limita a riproporre la tesi sostenuta in giudizio e debitamente confutata dai
giudici di primo e secondo grado, senza confrontarsi in alcuna maniera con le

perito d’ufficio – ha effettuato una disamina approfondita – e del tutto
condivisibile – dell’imputato, giungendo alla conclusione, perfettamente
sovrapponibile a quella compiuta poco tempo addietro da altro specialista,
secondo cui Schiavo risulta affetto da un disturbo schizofrenico di varietà
paranoide tale da far ritenere grandemente scemata, ma non esclusa, la capacità
di intendere e di volere al momento del fatto. Inutilmente, pertanto, il ricorrente
continua a parlare di disturbo mentale “molto grave”, che “il reato è da inserire
all’interno di una tematica allucinatoria”, che “i deliri e le allucinazioni possono
aver distolto l’esame della realtà in maniera assoluta”: si tratta, all’evidenza, di
opinioni personali del ricorrente, che mettono in discussione la conclusione, ma
non il ragionamento del giudicante, di cui non viene analizzato l’iter, né vengono
segnalate incongruenze o illogicità argomentative del discorso da lui svolto; e
nemmeno vengono specificati i “rilievi” difensivi a cui il giudice d’appello avrebbe
mancato di fornire risposta. Tanto vale per il primo, ma anche per il secondo e il
terzo motivo di doglianza, con cui viene contestata la conclusione del giudicante
in ordine all’elemento soggettivo con argomenti che attengono, in realtà,
all’imputabilità, giacché, se la determinazione di colpire i due malcapitati fosse
dipesa – come sostiene il ricorrente – da una “schizofrenia di tipo paranoide” e il
fatto fosse da inserire “all’interno di una tematica allucinatorio delirante”, ciò che
dovrebbe essere esclusa non è la colpevolezza, ma proprio la capacità di
intendere e di volere già contestata – nel modo anzidetto – col primo motivo. In
ogni caso, anche in relazione al dolo di lesioni la ricorrente non evidenzia alcun
elemento – rilevante ai fini della sua esclusione – che i giudici abbiano omesso di
esaminare e valutare, così come non chiarisce a quali presupposti di fatto
dovrebbe essere ancorato l’eccesso colposo di legittima difesa, che viene
ricollegato, ancora una volta, allo status psichico di Schiavo e alla sua
“percezione” della realtà: a situazioni, cioè, che rimandano, per l’ennesima volta,
all’imputabilità.

2. Il motivo concernente la determinazione della pena è anch’esso infondato. Nei
motivi d’appello il ricorrente si era limitato a dolersi, in maniera generica e

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motivate argomentazioni di entrambi, i quali hanno rilevato che il dr. Paterniti –

immotivata, della pena, ritenuta “eccessiva”, ed aveva invocato un giudizio di
prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti. Non aveva chiesto la sospensione
condizionale della pena. A fronte di tanto la risposta del giudice d’appello – che
ha ritenuto la pena (anni uno e mesi sei di reclusione) “del tutto adeguata alla
gravità delle lesioni subìte” dalla persona offesa – è congrua e corretta, posto
che, di fronte ad una contestazione formulata in maniera aspecifica, non era
tenuto ad un pregnante onere di motivazione. Peraltro, la gravità delle lesioni
inferte – gratuitamente – ai due malcapitati (a Nicosia lesioni giudicate guaribili

giorni), rende pienamente ragione di una sanzione attestata nella media edittale.
Infine, nessuna doglianza è ammissibile in ordine al giudizio di comparazione tra
le circostanze, sia per la genericità – anche in questo caso – del motivo
d’appello, sia perché Schiavo è stato indebitamente avvantaggiato dai criteri
applicati dal giudice di merito. Infatti, le attenuanti generiche sono state
bilanciate con l’aggravante della durata delle lesioni ed è stata poi ridotta la pena
per il vizio parziale di mente, laddove anche il vizio parziale di mente andava
comparato con le aggravanti, per decidere della prevalenza delle une o delle
altre. Il vizio parziale di mente, infatti, attenendo alla sfera dell’imputabilità, è
una circostanza inerente alla persona del colpevole ed è pertanto soggetto al
giudizio di comparazione, che ha carattere unitario (Cass., n. 40812 del
27/10/2010). La doglianza relativa alla sospensione della pena è inammissibile
perché proposta per la prima volta in cassazione.

3. Ciò posto in ordine alle doglianze sollevate col ricorso, va infine rilevato che,
nelle more del giudizio di cassazione, il reato di ingiuria è stato espunto
dall’ordinamento penale. Pertanto, va eliminata la pena applicata – in
continuazione – per tale reato (mesi tre di reclusione). Il ricorso va rigettato nel
resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento al delitto di cui
all’art. 594 cod. pen. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed
elimina la relativa pena di mesi tre di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso l’1/4/2016

in un tempo superiore a 40 giorni e a Pesucci lesioni giudicate guaribili in 32

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