Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21004 del 01/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21004 Anno 2016
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUSTAFI BESNIK N. IL 17/04/1974
avverso la sentenza n. 74/2014 CORTE APPELLO di TRENTO, del
18/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 01/04/2016

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Luigi Birritteri, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Trento ha, con la sentenza impugnata, confermato quella
emessa dal locale Tribunale, che aveva condannato Mustafi Besnik per lesioni

Secondo quanto accertato in sentenza, l’imputato, addetto alla sicurezza del
locale notturno “Cantinota”, in data 3/1/2009, dopo aver allontanato dal locale il
Lorenzini, lo colpì al volto con pugni provocandogli la frattura del setto nasale e
scheggiandogli quattro denti.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato,
avvalendosi di due motivi.
Con un primo motivo si duole della mancata assunzione – da parte del giudice
d’appello – della testimonianza di Stefanelli Devid, il quale avrebbe potuto riferire
su quanto avvenuto all’esterno del locale, ove si verificò una seconda
colluttazione, nella quale “la parte civile rimase coinvolta”.
Col secondo lamenta il travisamento del contenuto della certificazione sanitaria,
da cui non emergerebbe una durata della malattia superiore a 40 giorni, dal
momento che l’ultimo certificato parla di riposo “consigliato” e non prescritto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i motivi di ricorso sono inammissibili.
1. Il primo è tale perché non tiene conto della consolidata giurisprudenza di
legittimità, secondo cui l’istituto della rinnovazione del dibattimento in appello
costituisce istituto eccezionale che deroga al principio di completezza
dell’istruzione dibattimentale di primo grado, per cui ad esso può e deve farsi
ricorso soltanto quando il giudice lo ritenga assolutamente indispensabile ai fini
del decidere (nel senso che non sia altrimenti in grado di farlo allo stato degli
atti). La determinazione del giudice, in proposito, è incensurabile in sede di
legittimità se congruamente e logicamente motivata (v. ex pluribus Cass. 4^, 10
giugno 2003, Vassallo). E la Corte di merito ha spiegato perché si sia convinta
della superfluità della assunzione della prova richiesta dalla difesa (la
testimonianza di Stefanelli Devid), evidenziando la ricchezza dei dati dimostrativi
della responsabilità dell’imputato, secondo un itinerario logico che non presenta
smagliature o contraddizioni interne e che, in quanto tale, non può essere messo
2

personali volontarie gravi in danno di Lorenzini Stefano.

in discussione in questa sede (la Corte d’appello ha spiegato che la prova della
colpevolezza deriva non solo dalle dichiarazioni della persona offesa e del teste
Segata, ma – soprattutto – dalle riprese video filmate, che riprendono l’imputato
mentre si avvicina a Lorenzini e gli sferra, gratuitamente, un pugno al volto).

2. Il secondo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato. La Corte
d’appello ha già spiegato che “consigliare” il riposo significa, per il medico, che la
guarigione non è intervenuta e che l’organismo ha bisogno di tempo ulteriore per

del setto nasale, “con sospetto affondamento osso nasale dx”, provocata
dall’imputato, non era affatto risolta alla data del 31/1/2009 (data dell’ultimo
certificato). Non vi è stato nessun travisamento della prova, quindi, ma solo la
logica e corretta interpretazione di quella acquisita nel corso dell’istruttoria
dibattimentale.

3. Quindi, anche il ricorso è inammissibile. Consegue, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
ravvisandosi profili di colpa nella proposizione del ricorso, al versamento di una
somma a favore della Cassa delle ammende, che, tenuto conto della natura delle
doglianze sollevate, si reputa equo quantificare in C 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso l’1/4/2016

recuperare le energie e ristabilirsi. Tanto, sul presupposto che la grave frattura

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