Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21000 del 26/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21000 Anno 2016
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCIFO GIUSEPPE N. IL 12/10/1961
avverso l’ordinanza n. 64/2015 TRIB. LIBERTA’ di SIRACUSA, del
20/11/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ki.2,b-c,o f5c,.906:

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Uditi dife • or Avv.;

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Que 1/1-

Data Udienza: 26/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del Riesame di Siracusa, con ordinanza del 20.11.2015, pronunciando sull’istanza di riesame proposta da SCIFO GIUSEPPE, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di Siracusa il
27.10.2015, di convalida del sequestro disposto di urgenza dai Carabinieri della
Compagnia di Noto in data 15.10.2015 avente ad oggetto la somma di C
20.500,00, confermava il sequestro con condanna alle spese del procedimento.
Lo Scifo risulta indagato per il reato di cui all’art. 73 DPR 309/90 e per il

vento di spaccio e pertanto suscettibile di confisca.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo
del proprio difensore, Scifo Giuseppe, deducendo i motivi di seguito enunciati nei
limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. Art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.: violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 355 e 321, comma 2, cod. proc.
pen. Nullità dell’ordinanza impugnata e del decreto di sequestro preventivo.
Il ricorrente deduce il mancato rispetto del procedimento di convalida di sequestro probatorio, trasformato in sequestro preventivo in chiara violazione di
legge.
Veniva proposta, innanzi al Tribunale, eccezione di nullità per incompetenza
funzionale del GIP e per inosservanza dei termini perentori. Il Tribunale rigettava
l’eccezione senza affrontare l’oggetto della censura. Infatti nel riportare il principio che il P.M. ha il potere di qualificare giuridicamente il sequestro eseguito in
via di urgenza dalla P.G., avrebbe omesso di considerare che, nel caso in questione, è stato lo stesso P,M. a qualificare il sequestro come probatorio, allorché
procedeva in sede di convalida della perquisizione.
Il P.M. avrebbe adottato un decreto di convalida della sola perquisizione ex
art. 352 cod. proc. pen., senza procedere alla convalida del sequestro definito
espressamente probatorio.
Il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla circostanza che decorsi i
termini della convalida, richiesta la restituzione della somma sequestrata, la
stessa veniva rigettata il 26.10.2015 dal P.M. perché “…il sequestro era stato

convalidato nei termini di legge”, adottando, quindi, una motivazione paradossale dal momento che il decreto di sequestro del GIP riporta la data del
27.10.2015.

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reato di favoreggiamento, e la somma di danaro è stata ritenuta apparire pro-

Il Tribunale non avrebbe considerato che il decreto di sequestro richiama un
inesistente nesso di pertinenzialità tra la somma sequestrata e il reato ipotizzato,
tacendo sulle finalità preventive che dovrebbero legittimarlo.
Il ricorrente ritiene quindi, che nonostante l’errata qualificazione, adottata
dal GIP e confermata dal Tribunale, si tratti di un sequestro probatorio.
Sostiene poi l’errato richiamo all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. e alla
possibilità che il GIP disponga il sequestro di beni per cui è consentita la confisca, in quanto nel caso di specie non si verte in materia di confisca obbligatoria.
figlio del coindagato Scifo Giorgio, farebbe ritenere l’ascrivibilità, a quest’ultimo,
del reato di cui all’art. 73 DPR n.309/90 peraltro inquadrabile nella fattispecie del
50 comma. In ogni caso la contestazione della mera condotta di detenzione di
sostanza di stupefacente leggera e di favoreggiamento non rientra nelle ipotesi
previste dall’art. 12 sexies del DL 306/92.
Si tratterebbe invece di un caso di confisca facoltativa, rilevandosi, quindi
insufficiente il mero richiamo della norma fatto prima dal Gip e poi dal Tribunale.
La mancanza di ogni valutazione sull’esigenza cautelare di sottrazione dei
beni alla disponibilità dell’indagato per impedire nuovi fatti criminosi induce a ritenere che il sequestro è stato fin dall’origine probatorio, senza finalità preventive.
Pertanto, di conseguenza, si sostiene che appaia violato l’obbligo di restituzione dei beni da parte del P.M..
Inoltre la trasmissione degli atti al Gip per la convalida di un sequestro preventivo mai eseguito evidenzierebbe la duplice nullità dell’atto impugnato, per
incompetenza funzionale del GIP e per mancata osservanza dei termini di legge.
b. Art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.: violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 125 cod. proc. pen.
Il ricorrente deduce la carenza di motivazione del provvedimento impugnato
in quanto il Tribunale avrebbe fornito una motivazione meramente apparente.
Il Tribunale si sarebbe limitato al richiamo dell’art. 321, comma 2, cod. proc.
pen. ritenendo legittimo che il provento del reato possa essere sequestrato.
I provvedimenti del Gip, del P.M. e della P.G., espressamente richiamati dal
Tribunale, non forniscono alcuna motivazione sulle necessarie ed imprescindibili
finalità preventive del sequestro.
Lo stesso Tribunale tace sull’espressa qualificazione, in termini probatori, del
sequestro operato dal P.M.
Né il Tribunale né il Gip avrebbero motivato sull’assoggettabilità a confisca
della somma sequestrata in relazione alle specifiche ipotesi di reato contestate.

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Il ritrovamento di due piantine di marjuana nell’area dell’abitazione in uso al

L’ordinanza impugnata sarebbe, quindi, priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza della motivazione, tali da rendere comprensibile l’iter logico della decisione.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il P.G. presso questa Suprema Corte ha rassegnato in data 8.2.2016 le

proprie conclusioni scritte ex art. 611 cod. proc. pen. rilevando l’infondatezza del
ricorso.

do buon governo del principio che rientra tra i poteri del P.M. la qualificazione
come probatorio o preventivo del sequestro eseguito dalla P.G., sui due motivi di
ricorso aventi ad oggetto il vizio di violazione delle regole di convalida del sequestro probatorio, illecitamente trasformato in preventivo, e del difetto di motivazione sulle doglianze formulate sul punto.
Chiede, pertanto, rigettarsi il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi sopra illustrati appaiono infondati, e pertanto il proposto ricorso

va rigettato.

2. L’art. 325 cod. proc. pen. prevede contro le ordinanza in materia di ap-

pello e di riesame di misure cautelari reali che il ricorso per cassazione possa essere proposto per sola violazione di legge.
La giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha più
volte ribadito come in tale nozione debbano ricomprendersi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto
mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza
e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice
(vedasi Sez. U, n. 25932 del 29.5.2008, Ivanov, rv. 239692; conf. Sez. 5, n.
43068 del 13.10.2009, Bosi, rv. 245093).
Ancora più di recente è stato precisato che è ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento
impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei
requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'”iter” logico
seguito dal giudice nel provvedimento impugnato. (così sez. 6, n. 6589 del
10.1.2013, Gabriele, rv. 254893 nel giudicare una fattispecie in cui la Corte ha
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Il provvedimento impugnato avrebbe, infatti, motivato con chiarezza, facen-

annullato il provvedimento impugnato che, in ordine a contestazioni per i reati
previsti dagli artt. 416, 323, 476, 483 e 353 cod. pen. con riguardo all’affidamento di incarichi di progettazione e direzione di lavori pubblici, non aveva specificato le violazioni riscontrate, ma aveva fatto ricorso ad espressioni ambigue,
le quali, anche alla luce di quanto prospettato dalla difesa in sede di riesame,
non erano idonee ad escludere che si fosse trattato di mere irregolarità amministrative,).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obun elemento essenziale dell’atto.
Va anche aggiunto che, anche se in materia di sequestro preventivo il codice
di rito non richiede che sia acquisito un quadro probatorio pregnante come per le
misure cautelari personali, non è però sufficiente prospettare un fatto costituente
reato, limitandosi alla sua mera enunciazione e descrizione, ma è invece necessario valutare le concrete emergenze istruttorie per ricostruire la vicenda anche

in semplici termini di “fumus”.
3. Nel caso in esame, si è senz’altro al di fuori di tali ipotesi.
Come si evince dagli atti, cui questa Corte di legittimità ha ritenuto di accedere in ragione del tipo di doglianza proposta, i CC di Noto il 15.10.2015 operarono una perquisizione con contestuale sequestro del danaro, indicando a verbale di avere proceduto ad un sequestro probatorio/preventivo.
Il PM facendo riferimento a quel verbale ed a quella perquisizione dei CC, il
16.10.2015 operò la convalida della perquisizione ex art. 352 cod. proc. pen.,
quindi chiese al GIP la convalida del sequestro preventivo.
Sul punto va rilevato che l’ordinanza impugnata opera un buon governo della giurisprudenza di questa Corte Suprema laddove rileva che la qualificazione
del sequestro operato in via d’urgenza dalla P.G. spetta al P.M, al di là della qualificazione operata dalla P.G. stessa

(ex multis,

la richiamata sez. 1 n.

12005/2012 secondo cui compete al pubblico ministero e non alla polizia giudiziaria la qualificazione del sequestro, eseguito di urgenza dalla polizia, come probatorio o preventivo; sez. 6, n. 2061 del 17.12.2003 dep. il 22.1.2004, Di Maio,
rv. 227896; sez. 3, n. 26916 del 14.5.2009, Viola ed altri, rv. 244241).
Nel caso di specie il P.M. ha qualificato come preventivo il sequestro operato
in via d’urgenza dalla P.G. e, nei termini di legge, ne ha chiesto la convalida al
GIP e la contestuale emissione del decreto di sequestro preventivo della predetta
somma. Conseguentemente, dunque, non poteva trovare accoglimento la richiesta di dissequestro avanzata dal difensore.

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bligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare

Correttamente il Tribunale di Siracusa ha ritenuto che il fatto che il GIP affermi (così come del verbale di sequestro in via d’urgenza della P.G. richiamato
dal P.M.) che tale somma di denaro costituisca “provento di reato” non vale ad
inficiare quanto sopra, dal momento che ai sensi dell’art. 321 comma 2 c.p.p. “il
giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca”
e, quindi, anche del provento di reato.
4. Nemmeno appare censurabile l’affermazione operata nell’ordinanza im-

validare la perquisizione, nulla rilevasse con l’oggetto del riesame, volto a verificare l’esistenza dei presupposti che legittimasse l’adozione del decreto di sequestro da parte del GIP.
Sul punto, correttamente, il Tribunale di Siracusa ha ricordato: a. che, in ordine al fumus commissi deficit come da costante giurisprudenza in materia, in
sede di riesame il Tribunale deve esercitare una verifica della fondatezza dell’accusa, accertando l’astratta configurabilità del reato ipotizzato (conferente in proposito è il richiamo, ex multis a sez, 5 n. 24589/2011); b. che l’accertamento va
compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non
possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le
reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di
verificare se essi consentano di sussumere l’ipotesi considerata in quella tipica;
c. che la verifica sulle condizioni di legittimità della misura cautelare non si può

risolversi in anticipata decisione della questione di merito definitiva ma deve limitarsi al controllo della compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale
ipotizzata (così le richiamate Sez. Unite n. 6/1992 e tutta la successiva giurisprudenza di questa Corte Suprema).
Il tribunale siciliano, in primo luogo, ha ritenuto ritiene sussistente il fumus
sia del reato di cui all’art. 73 d.p.r. 309/90 che del reato di favoreggiamento a
vantaggio di Sipione Antonino, offrendo una motivazione logica e congrua, che
evidentemente è stata imperniata sulla circostanza che la somma era sì nella disponibilità dello Scifo, all’interno della sua cassaforte, ma era contenuta in un
sacchetto con sopra scritto “Anthony Sipione I B” ed una serie di cifre incolonnate, chiaro indice che il denaro in questione fosse di provenienza illecita e, segnatamente, provento del reato di spaccio contestato al Sipione.
Il fatto che il nome di battesimo del Sipione sia Antonino – hanno logicamente rilevato i giudici del riesame- non può valere ad inficiare quanto sopra,
apparendo chiaro il riferimento a quest’ultimo, laddove peraltro la presenza delle
cifre incolonnate e di più tagli del denaro sono stati ritenuti costituire ulteriori
elementi della provenienza illecita dello stesso.
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pugnata secondo cui la circostanza che il P.M. abbia comunque proceduto a con-

Come ricordato nel provvedimento impugnato, dagli atti del procedimento
risulta poi che l’attività di perquisizione domiciliare eseguita presso l’abitazione
del ricorrente aveva fatto seguito proprio alla segnalazione, di fonte confidenziale, secondo cui Io Scifo, collega ed amico del predetto Sipione, custodisse per lui
del denaro provento dell’attività di spaccio del Sipione. E, al di là del tenore di
vita dello Scifo, ulteriore elemento a sostegno della sussistenza del fumus è stata
correttamente ritenuta la circostanza che lo stesso avesse fornito indicazioni poco precise circa la somma contenuta nel sacchetto e sulla provenienza, indice del

Infine, quanto al periculum, il provvedimento impugnato fa buon governo
del consolidato principio secondo cui il sequestro strumentale alla confisca previsto dall’art. 321, secondo comma, cod. proc. pen. costituisce figura specifica ed
autonoma rispetto al sequestro preventivo regolato dal primi) comma dello stesso articolo, per la cui legittimità non occorre necessariamente la presenza dei requisiti di applicabilità previsti per il sequestro preventivo “tipico”, essendo sufficiente il presupposto della confiscabilità, con la conseguenza che compito del
giudice è quello di verificare che i beni rientrino nelle categorie delle cose oggettivamente suscettibili di confisca, tanto nell’ipotesi facoltativo che in quella obbligatoria” (così la richiamata sentenza sez. 3 n. 47684/2014).

5. Al rigetto del ricorso consegue,

ex lege, la condanna del ricorrente al pa-

gamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 26 aprile 2016
Il

estensore

Il Presidente

fatto che il denaro non gli apparteneva

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