Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20998 del 09/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20998 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI MATOLA VINCENZO nato il 22/07/1972 a TORRE DEL GRECO

avverso la sentenza del 03/10/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 09/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Napoli con sentenza 3.10.2017, in riforma della sentenza
emessa in data 6.12.2016 dal GUP/tribunale di Napoli, appellata dal Di Matola,
qualificato il fatto ai sensi dell’art. 73, co. 5, TU Stup., rideterminava la pena al
medesimo inflitta in 2 anni di reclusione ed C 2000 di multa, in quanto riconosciuto

tipo cocaina contenuta in dieci involucri di cellophane, in relazione a fatti del
10.08.2016.

2. Con il ricorso per cassazione, articolato con un unico motivo, il ricorrente a
mezzo del difensore iscritto all’Albo speciale ex art. 613, c.p.p. deduce vizio di
omessa od insufficiente motivazione in relazione alla richiesta di riduzione della
pena nel minimo edittale ed in relazione all’omessa concessione delle circostanze
attenuanti generiche (si duole perché la Corte d’appello non avrebbe
adeguatamente motivato circa la quantificazione della pena ed n particolare in
ordine alle ragioni per cui è stata esclusa l’applicazione della pena base nel minimo
edittale; non sarebbe sufficiente sul punto l’aver affermato che in base alla
quantità e qualità della sostanza, la pena base andava determinata in tre anni di
reclusione; si tratterebbe di motivazione carente, come parimenti carente sarebbe
la motivazione relativa al diniego delle attenuanti generiche, essendosi limitata la
Corte d’appello a mere formule di stile generiche).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Il motivo è manifestamente infondato. Ed infatti, quanto alla determinazione
della pena base, i giudici di appello ritengono che in base alla quantità e qualità
della sostanza, la pena base andava determinata in tre anni di reclusione ed C
3000 di multa, ridotta nelle predetta misura finale; trattasi di motivazione che,
seppure nella sua sinteticità argonnentativa, non merita censura, atteso che è
principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il riconoscimento del
fatto di lieve entità di cui al comma quinto dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 non
implica assolutamente che la pena sia stabilita nella misura minima o prossima al
minimo previsto da tale disposizione, rientrando nel potere discrezionale del
giudice graduarla in considerazione della rilevanza degli stessi indici della lievità
del fatto (i mezzi, la modalità e le circostanze dell’azione ovvero la qualità e

colpevole per aver detenuto a fini di cessione a terzi, sostanza stupefacente del

quantità delle sostanze stupefacenti), oltre che degli elementi di cui all’art. 133
cod. pen. in genere (Sez. 6, n. 3009 del 17/12/1992 – dep. 26/03/1993, Torre,
Rv. 193602).

5.

Quanto, infine, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti

generiche, la Corte d’appello motiva il diniego per l’assenza di qualsiasi elemento

l’imputato era agli arresti domiciliari per altro titolo, accresce di molto la
valutazione del grado di colpevolezza del reo; trattasi di motivazione del tutto
immune dai denunciati vizi, insindacabile da questa Corte in quanto congrua,
atteso che la concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di
un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve
essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua
valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla
personalità del reo (Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010 – dep. 23/11/2010, Straface,
Rv. 248737); e ciò è quanto si è verificato nel caso in esame.

6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 9 marzo 2018

positivamente valutabile, anzi rilevandosi come l’aver commesso il fatto mentre

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