Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20996 del 13/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 20996 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Papalia Raffaele, nato il 05/11/1968

avverso l’ordinanza n. 36/2016 del 08/02/2016 del Tribunale del riesame di
Genova

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Francesca Loy, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 13/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale del riesame di Genova con ordinanza emessa in data 8
febbraio 2016 ha respinto la richiesta di riesame presentata da Papalia Raffaele
avverso la ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari di quel
Tribunale aveva disposto / in data 18 gennaio 2016,1a misura della custodia
cautelare in carcere in relazione a due ipotesi di reato ex art. 73 d.P.R. n.
309/1990 (capo a: per aver detenuto, in Rapallo il 15 gennaio 2016, a fine di

lordi; nonché capo b: per aver ceduto cocaina in più occasioni, tra il mese di
gennaio 2014 ed il mese di gennaio 2016, sempre in Rapallo a Casagrande
Antonio).

2.Avverso la suddetta ordinanza propone ricorso l’indagato, tramite il
difensore di fiducia, articolando due motivi di ricorso.
2.1.Con il primo vengono dedotti vizio di motivazione e violazione di legge
in relazione agli artt. 273 c.p.p. e 73 d.P.R. n. 309/1990.
In particolare, il ricorrente deduce che a suo carico vi sono soltanto le
dichiarazioni rese da Casagrande Antonio che, in difetto di riscontri, non
costituiscono gravi indizi di colpevolezza dei reati contestati, essendo il
Casagrande in una posizione di conflitto di interessi, in quanto soggetto che era
stato colto t comunque, in flagranza nell’atto di acquisto di una quantità di
stupefacente superiore al limite ponderale e, quindi, in una situazione
potenzialmente idonea ad una imputazione a titolo di concorso nel medesimo
reato a lui ascritto.
D’altronde il quantitativo non modesto di stupefacente rinvenuto ed

il

possesso di oltre 8000 euro in contanti sarebbero tutt’al più riscontro alla
fattispecie di cui al capo A, ma non in relazione al fatto di cui al capo B (atteso il
lunghissimo arco temporale teorizzato nel capo di imputazione).
2.2. Con il secondo vengono dedotti vizio di motivazione e violazione di
legge in relazione agli artt. 274 e 275 c.p.p.
In particolare, secondo il ricorrente, il Tribunale del riesame avrebbe
errato nel ritenere che il pericolo di reiterazione della condotta non potrebbe
essere scongiurato con la misura degli arresti domiciliari, anche con uso del
braccialetto elettronico. Quanto precede soprattutto alla luce della novella di cui
alla legge n. 47/2015, in base alla quale il pericolo deve essere, oltre che
concreto, anche attuale.
Invero, il Tribunale del riesame aveva al riguardo argomentato sulla base
delle seguenti circostanze: a) il fatto che parte della cocaina sequestrata era

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spaccio, un quantitativo di cocaina complessivamente pari a circa 37 grammi

stata trovata proprio in casa insieme al ricavato delle vendite (e che quindi
l’abitazione era verosimilmente utilizzata per l’occultamento della sostanza); b) il
fatto che i contatti e gli accordi tra lui e il Casagrande erano avvenuti per mezzo
del telefono (che in regime di arresti domiciliari non è controllabile); c) il fatto
che era gravato da un precedente in materia di armi e ricettazione risalente al
1992 e di essere stato arrestato nel 2010 ) per un ordine di carcerazionei dz.
personale Carabinieri di Rosarno.
Senonché: a) l’ordine di carcerazione del 2010 sarebbe stato relativo ad

2009 con la quale gli era stata applicata una condanna a 4 anni di reclusione per
il riciclaggio di una autovettura, di cui da tempo non avrebbe il possesso; a
seguito di remissione in termini, la sentenza era stata impugnata e, a seguito di
appello, era stato assolto per non aver commesso il fatto; b) i precedenti penali
a carico erano non specifici e risalenti uno al 1992 e l’altro al 2009; d’altronde
egli avrebbe una stabile attività lavorativa lecita (alle dipendenze di una
cooperativa che opera nell’edilizia) che lo impegna quotidianamente e dalla quale
ricava le risorse necessarie per vivere onestamente, avendo un introito mensile
netto in busta oscillante tra i 1300 ed il 1600 euro; c) il quantitativo di
stupefacente rinvenuto non avrebbe rilievo pregnante; mentre parte del denaro
rinvenuto (i 4 mila euro rinvenuti nella giacca da donna nell’armadio) costituiva
frutto dei risparmi della sua convivente (che pure svolgeva documentata attività
lavorativa).
Infine, quanto alla scelta della misura, gli elementi giustificativi addotti
dal Tribunale rappresenterebbero meri rilievi di natura congetturale, mentre non
sarebbero stati adeguatamente valutati gli argomenti esposti nella memoria
difensiva depositata all’udienza 5 febbraio 2016 (e cioè: il fatto reato si era
verificato in coincidenza della prolungata e forzata assenza da casa della sua
convivente Matei Anna che si era recata in Moldavia per partecipare al funerale
della propria madre, per poi fare ritorno proprio il giorno seguente il suo arresto;
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lui Is1Er’ approfittato dell’assenza della convivente e dei figli minorenni per
detenere in casa la cocaina poi rinvenuta e sequestrata). D’altronde il Tribunale
neppure spiega come lui potrebbe concretamente continuare a trafficare con
fornitori ed acquirenti in caso di concessione degli arresti domiciliari, anche con
applicazione del braccialetto elettronico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato e, pertanto, non può essere accolto.

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una sentenza contumaciale emessa dal Tribunale di Palmi in data 12 maggio

2.Infondato è il motivo concernente i pretesi vizi di motivazione e violazione
di legge in relazione agli artt. 273 c.p.p. e 73 d.P.R. n. 309/1990.
2.1.AI riguardo, giova premettere che il controllo di legittimità relativo ai
provvedimenti “de libertate”, secondo giurisprudenza consolidata, è circoscritto
all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni
giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di illogicità evidenti,
ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento (cfr., tra le tante, Sez. 2, sent. n. 56 del 07/12/2011, dep. 2012,

201840).
La insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen.,
è, pertanto, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di
specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione,
risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei
fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la
rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le
censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice
di merito (Sez. 1, sent. n. 1769 del 23/3/95, Ciraolo, Rv. 201177), sicché, ove
venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi
di colpevolezza, è demandata al giudice di merito la valutazione del peso
probatorio degli stessi, mentre alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di
verificare se il decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo
hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, sent. n. 22500
del 3/05/2007, Terranova, Rv. 237012; si cfr. altresì Sez. U. sent. n. 11 del
21/04/1995, Costantino ed altro, Rv. 202001).
Delineato nei superiori termini l’orizzonte dello scrutinio di legittimità
nell’ambito dei procedimenti cautelari, deve osservarsi che il percorso
argomentativo sviluppato dal Tribunale, rispetto alla sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza a carico di Papalia Raffaele, in relazione ad entrambi i fatti di cui
alla imputazione preliminare allo stesso contestata, risulta immune dalle
denunciate aporie di ordine logico e del tutto coerente rispetto all’acquisito
compendio indiziario.

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Siciliano, Rv. 251760; Sez. 6, sent. n. 2146 del 25/5/95, Tontoli ed altro, Rv.

2.2. In particolare, il Tribunale, nel decidere la richiesta di riesame
dell’imputato (che in sede di udienza di convalida si era avvalso della facoltà di
non rispondere):
-dapprima, ha indicato lo svolgersi dei fatti, precisando che: il 16 gennaio
personale del Commissariato di Rapallo notava, in zona centro di Rapallo, un
furgone parcheggiato nei pressi di un distributore; il guidatore del mezzo, poi
identificato in Antonio Casagrande, si aggirava nell’area della stazione di servizio
in chiara attesa (ed infatti non faceva rifornimento) sino a che non giungeva una

avvicinava al Casagrande, tirava fuori le mani dalle tasche con la mano destra
chiusa a pugno; i due, dapprima, si abbracciavano (e la pg notava che la mano
destra del Papalia toccava la mano del Casagrande) e, poi, si separavano e il
Casagrande si allontanava tenendo sempre la mano destra in tasca chiusa a
pugno nella tasca destra; il personale di pg interveniva e nella tasca destra della
felpa del Casagrande trovava un involucro contenente 21 grammi di cocaina (era
lo stesso Casagrande ad ammettere immediatamente che si trattava di cocaina);
Papalia veniva tratto in arresto: sulla sua persona veniva rinvenuto un altro
involucro contenente circa 10 gr di cocaina, mentre all’interno della sua
abitazione si trovava un altro involucro di circa 5 gr di cocaina e 8465 euro; il
Casagrande riferiva poi alla Pg di aver acquisito lo stupefacente dal Papalia e che
questi da tempo era il suo fornitore abituale;
-e, poi, ha disatteso la doglianza difensiva, che contestava la gravità degli
indizi di colpevolezza in relazione ad entrambi i fatti in contestazione,
affermando che: il Papalia era stato sorpreso nell’atto di cedere un quantitativo
non modesto di stupefacente ed il fatto che ne avesse un ulteriore quantitativo
con sé implicava che fosse imminente una ulteriore cessione; nell’abitazione del
Papalia era stata rinvenuta altra cocaina, circostanza questa che rendeva
manifesta la non occasionalità della condotta posta in essere dal Papalia; il
possesso di una somma di danaro di oltre ottomila curo in contanti consentiva di
affermare che il Papalia era persona stabilmente dedita al traffico di stupefacenti
(non essendo credibile l’affermazione difensiva secondo la quale detta somma di
danaro rappresentasse i risparmi dell’indagato e della sua compagna; d’altronde
la stessa difesa aveva affermato che la carenza di mezzi finanziari necessari al
mantenimento della sua famiglia di origine era stata la causa che aveva spinto il
Papalia a tenere le condotte illecite in contestazione: gli introiti mensili del
Papalia – tra 1300 e 1600 euro – non consentivano di ritenere credibile un
risparmio di tale importo, quand’anche si fosse voluto considerare l’introito, non
documentato, della di lui compagna); dovevano quindi ritenersi attendibili le

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Toyota Yaris guidata dall’odierno ricorrente; il Papalia scendeva dall’auto, si

dichiarazioni del Casagrande relativamente all’attività di spaccio pregressa del
Papalia.
2.3. Avuto riguardo alle coordinate interpretative sopra richiamate, deve
allora considerarsi che le censure dedotte dall’esponente si pongono ai limiti
della inammissibilità.
Invero, il deducente prospetta, in relazione ad i fatti in contestazione, una
riconsiderazione del compendio indiziario, sulla base di una sua propria
valutazione L~RZT5). Di converso, deve osservarsi che il vaglio del percorso

indiziaria, conduce a rilevare l’assenza di aporie di ordine logico e la piena
conferenza degli argomenti svolti, rispetto al complesso degli elementi raccolti.

3.Infondato è anche il secondo motivo concernente i pretesi vizi di
motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 274 e 275 c.p.p.
Al riguardo, sotto il primo profilo, va osservato che il pericolo di reiterazione
criminosa va valutato in ragione delle modalità e circostanze del fatto e della
personalità dell’imputato (cfr. per tutte, Sez. 3, n. 14846 del 5 marzo 2009, PM
in Proc. Pincheira, Rv. 243464), attraverso un esame che, in modo globale,
tenga conto di entrambi i criteri direttivi indicati (così Sez. 4, n. 37566 del
1/4/2004, Rv. 229141).
E le Sezioni Unite hanno affermato che il giudice della cautela deve
costantemente verificare che ogni misura risulti adeguata a fronteggiare le
esigenze cautelari che si ravvisano nel caso concreto, secondo il paradigma della
gradualità del sacrificio imposto al soggetto sottoposto a restrizione; e che la
misura cautelare deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione
che sia stata o si ritiene possa essere irrogata (Sent. n. 16085 del 31/03/2011,
Khalil, Rv. 249323).
E bene, l’ordinanza gravata si colloca nell’alveo dell’insegnamento espresso
dal giudice di legittimità, anche per quanto concerne la valutazione delle
esigenze cautelari emergenti dal caso di specie e rispetto alla scelta del presidio
di contenimento.
Al riguardo, il Tribunale ha ritenuto indubbia la concretezza ed attualità del
pericolo di reiterazione sulla base delle seguenti considerazioni: il Papalia
risultava dagli atti come soggetto che si dedicava stabilmente allo spaccio di
stupefacenti e, considerato il quantitativo non modesto trovato in suo possesso
(oltre 30 grammi lordi), era da ritenersi che egli avesse una fonte di
approvvigionamento stabile; la somma di danaro, reperita all’interno della di lui
abitazione, era indice della professionalità dell’attività, dalla quale il Papalia

motivazionale sviluppato dal Tribunale di Genova, in riferimento alla gravità

ricavava la maggior parte dei suoi introiti (tanto più che la somma sequestrata
rappresentava più del quintuplo dell’importo medio della sua busta paga).
Secondo il Tribunale del riesame di Genova, le suddette circostanze,
unitariamente considerate, rassegnavano un quadro di pericolosità del prevenuto
e consentivano di ritenere che lo stesso era persona inaffidabile, con
conseguente prognosi di inadeguatezza di ogni altra possibile misura cautelare,
tra cui gli arresti domiciliari. Al riguardo il Tribunale sottolineava che: a)
all’interno dell’abitazione del ricorrente, era stata trovata parte della sostanza

ritenere che l’abitazione fosse utilizzata per l’occultamento della sostanza
(d’altronde, l’incontro prodromico alla consegna era avvenuto proprio nei pressi
dell’abitazione del Papalia); b) tutti gli accordi tra il Papalia e il Casagrande
erano avvenuti a mezzo del telefono; c) in regime di arresti domiciliari i mezzi
telefonici o informatici non sono controllabili; d) a…carico del Papalia figurava un,
sia pure datato, precedente in materia di atoihe ricettazione (certamente non
lieve, posto che era stata inflitta una pena, condizionalmente sospesa, di anni
uno e mesi undici di reclusione).
In definitiva, il tessuto motivazionale dell’ordinanza censurata non presenta
affatto quella carenza, contraddittorietà o macroscopica illogicità del
ragionamento del giudice cautelare che, alla stregua dei principi affermati da
questa Corte, può indurre a ritenere sussistente il vizio di cui all’art. 606 c.p.p.,
lett. e), nel quale si risolvono queste censure.

4. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente
condannato al pagamento delle spese processuali. Copia del presente
provvedimento deve essere trasmesso al direttore dell’Istituto penitenziario
competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 comma 1 ter disp.
att. del c.p.c.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso
al direttore dell’Istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 comma 1 ter disp. att. del c.p.c.
Così deciso il i34/20

stupefacente e il ricavato delle vendite; circostanza questa che induceva a

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