Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20993 del 13/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 20993 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Ferrigno Biagio, nato il 06/11/1950

nel procedimento pendente nei confronti di:
ignoti

avverso l’ordinanza n. 1108/2013 del 18/11/2014 del Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Enna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
lette le conclusioni del Procuratore Generale della Repubblica presso questa
Corte, in persona del Sostituto Procuratore Maria Francesca Loy, che ha concluso
chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 13/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1.11 Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Enna, con
ordinanza18 novembre 2014, emessa ad esito di udienza camerale, ha disposto
l’archiviazione del procedimento pendente nei confronti di ignoti in relazione
all’infortunio sul lavoro occorso (e, quindi, al reato di cui all’art. 590 cod. pen.),
~in Agira 1’11 gennaio 2013 a Ferrigno Biagio.

Biagio, a mezzo del proprio difensore di fiducia, articolando un unico motivo di
ricorso con il quale deduce vizio di motivazione e violazione di legge in relazione
agli artt. 110, 590 commi 2 e 3 e 125 comma 3 c.p.p..
In particolare, il ricorrente ricorda che nell’atto di opposizione alla richiesta
di archiviazione aveva dedotto che non era stata adeguatamente valutata (alla
luce della relazione eseguita dagli Ispettori del lavoro) la condotta del datore di
lavoro e del capo cantiere, ad es., per non essere stata prevista la presenza di
un’altra unità per controllare dalla base l’operato suo (peraltro privo
dell’attestato di abilitazione) e del Crisafulli (che non era neppure operaio
specializzato). D’altra parte, non era stata ritenuta abnorme la condotta da lui
tenuta (su ordine del responsabile capo cantiere Bonantinga Nunzio). Per tali
ragioni aveva chiesto: a) in via principale, di prescrivere al PM la formulazione di
imputazione coatta nei confronti del datore di lavoro, del capo cantiere ovvero
del soggetto preposto alla sicurezza, previa loro identificazione; b) in via
subordinata, di svolgere ulteriori indagini nei confronti del suddetti soggetti al
fine di verificare, anche attraverso la loro audizione, le ragioni dell’accaduto e
della scelta operata.
Aggiunge il ricorrente che il Gip, nell’ordinanza impugnata, ha ritenuto che
l’infortunio si era verificato esclusivamente per un errore di valutazione delle
distanze compiuto dalla persona offesa, così implicitamente escludendo il suo
comportamento anomalo. Ricorda al riguardo che dalla relazione ispettiva risulta
che: a) egli, al momento dell’infortunio, stava dal cestello provvedendo ad
effettuare la manovra di estensione del braccio idraulico dalla piattaforma per
saldare, sempre in estensione, una staffa metallica; b) proprio nel corso di
questa manovra l’altro lavoratore Crisafulli (che non osservava le
movimentazioni compiute dal compagno alla consolle) sentiva che lui (Ferrigno)
emetteva un lamento e, giratosi, constatava che 4era rimasto incastrato tra lelk
trave di orditura del tetto e la consolle dei comandi del cestello.
In definitiva, il suo non sarebbe stato un comportamento esorbitante la
tipologia di lavoro e neppure sarebbe stato un comportamento incompatibile con

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2.Avverso la suddetta ordinanza propone ricorso la persona offesa Ferrigno

il procedimento produttivo. Egli ed il Crisafulli, su ordine dal capo cantiere,
stavano operando a monte, su un cestello, da soli in estensione ad una altezza di
metri 20 dal suolo senza il controllo a valle da parte del capo cantiere o di altro
personale addetto alla sicurezza. Si erano i dunque i trovati ad operare in una
situazione di alto rischio – prevedibile per la mancanza di sua specifica
formazione ed abilitazione ed evitabile per il tramite di un maggiore controllo da
parte degli organi preposti alla sicurezza del cantiere – che altre persone erano
chiamate a governare. La sua condotta non aveva avuto effetto interruttivo, in

3.11 Procuratore Generale presso questa Corte in sede di requisitoria scritta
conclude per l’inammissibilità del ricorso, facendo presente che la persona offesa
è legittimata a proporre ricorso per cassazione avverso il decreto di archiviazione
esclusivamente in caso di violazione del contraddittorio. Detta violazione non è
avvenuta nel caso di specie, nel quale si è regolarmente svolta la udienza
camerale. Pertanto, trattandosi di doglianze nel merito della decisione, il ricorso
va dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, va dichiarato
inammissibile.

2.AI riguardo, è sufficiente ripercorrere gli insegnamenti di questa Corte in
punto di impugnazione in sede di legittimità di provvedimenti emessi in materia
di archiviazione della notizia di reato in presenza di opposizione della persona
offesa alla richiesta del PM.
2.1.Innanzitutto va ricordato l’art. 410 comma 1 e comma 2 c.p.p. ai sensi
del quale il Giudice per le indagini preliminari, se l’opposizione è inammissibile
(per l’omessa indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva ovvero per
l’idoneità delle prove richieste ad incidere sulle risultanze delle indagini
preliminari) e la notizia di reato è infondata, dispone l’archiviazione con decreto
motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Al riguardo della suddetta
declaratoria, che viene emessa ‘de plano 4 e, dunque, senza previa udienza
camerale, è stato precisato (cfr. Sez. 6, sent. n. 53433 del 06/11/2014, in proc.
c. ignoti, Rv. 262079), che il giudice deve valutare non solo la pertinenza ma
anche la rilevanza degli elementi di prova su cui l’opposizione si fonda, intesa
quest’ultima come concreta incidenza dei predetti elementi sulle risultanze delle
indagini preliminari (Cass. Sez. 6, n. 12833 del 26/02/2013, Adolfi, Rv. 256060;

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quanto l’infortunio era riconducibile all’area di rischio della lavorazione.

Sez. 5, n. 566 del 21/11/2013, De Michele, Rv. 258667). Di tale valutazione il
giudice deve dar conto nella motivazione del decreto di archiviazione con
argomentazioni adeguate ed immuni da vizi logici.
2.2. Al di fuori della ipotesi che precede, in presenza di un’ammissibile
opposizione della persona offesa, il giudice, al fine di decidere (sulla richiesta di
archiviazione e sulla relativa opposizione), deve provvedere a norma dell’art. 409
commi 2,3,4 e 5 (e, dunque, fissare udienza camerale).
L’eventuale provvedimento di archiviazione, emesso senza la previa

contraddittorio e perciò impugnabile con il ricorso per cassazione (Cass. Sez. 7,
n. 18071 del 26/02/2008, Trapazzo, Rv. 239834):il ricorso innanzi a questa
Corte è dunque ammissibile nella sola ipotesi in cui il giudice, avendo proceduto
(senza previa udienza camerale, pur in presenza di una ammissibile opposizione
della persona offesa) all’archiviazione del procedimento, ha di fatto impedito alla
persona offesa opponente di interloquire in ordine alla necessità di dare ulteriore
corso al procedimento.
Come precisato da altra Sezione di questa Corte regolatrice (cfr. Sez. 1,
sent. n. 9440 del 03702/2010, Di Vincenzo, Rv. 246779 in fattispecie nella quale
era dedotta proprio l’abnormità della ordinanza di archiviazione), “osta a una
diversa lettura il principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione e non v’è
ragione costituzionalmente imposta di un ampliamento della piattaforma dei vizi
denunziabili mediante ricorso. La natura, Interlocutoria e sommaria… finalizzata
a un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e non a un accertamento
sul merito dell’imputazione’ (C. cost. ord. nn. 153 del 1999, 150 del 1998, 54 del
il
2003; sent. n. 319 del 1993), dell’archiviazione e la ratio, esclusivamente
servente il controllo di legalità e obbligatorietà dell’azione penale, che
tradizionalmente si riconosce assistere lo ius ad loquendum e gli strumenti di
tutela dell’offeso (‘negli stretti limiti in cui ciò risponda’ a tale funzione di
controllo: C. cost. ord. n. 95 del 1998), consentono d’affermare frdifatti, che alla
pretesa sostanziale del denunziante/querelante offrono comunque adeguata
garanzia: da un lato la possibilità di sollecitare una riapertura delle indagini
anche sulla scorta di indagini difensive; dall’altro l’intatta facoltà esercitare i
propri diritti d’azione e difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, nella
sede (civile) propria”.
2.3. Unica eccezione alla regula iuris sopra precisata ricorre nel
procedimento davanti al giudice di pace. La giurisprudenza di legittimità (cfr.
Sez. 5, sent. n. 31930 del 6/5/2010, Curto) ha già avuto modo di affermare che,
nel suddetto procedimento, non è prospettabile alcuna violazione del
contraddittorio nell’omessa fissazione dell’udienza camerale per la decisione

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udienza camerale, deve considerarsi emesso con violazione della garanzia del

sull’opposizione della persona offesa, non essendo previsto tale adempimento in
detto procedimento. Il d. Igvo. n. 274 del 2000, all’art. 17, infatti, prevede, in
deroga al disposto dell’art. 410 comma 3 cod. proc. pen., che, anche nel caso di
opposizione, il giudice di pace decida con decreto (ove disponga l’archiviazione),
ovvero con ordinanza (ove restituisca gli atti al pubblico ministero), senza la
preventiva audizione delle parti in udienza. La giurisprudenza di legittimità,
tuttavia, ha anche chiarito che, nell’ipotesi or ora considerata, sussiste pur
sempre l’obbligo del giudice di prendere in considerazione le ragioni addotte dalla

decreto di archiviazione del giudice di pace, dell’atto di opposizione della persona
offesa, in quanto costituente una violazione del principio del contraddittorio, dà
luogo a nullità del decreto stesso deducibile con ricorso per cassazione: cfr. Sez.
5, sent. n. 43755 del 6/11/2008, Ropa, Rv. 241803)
2.4. Fissati tali paletti ermeneutici, ritiene il Collegio che, nel caso di
specie, il decidente abbia fatto buon governo dei sopra delineati principi di
diritto, emettendo ordinanza di archiviazione ad esito di udienza camerale, e,
dunque, nel rispetto del contraddittorio.

3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo
determinare in euro 1000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 13/0

16.

persona offesa opponente (precisando che la omessa valutazione, da parte del

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