Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2099 del 16/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2099 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Talla Mbouy, nato in Gabon 1’8.12.93
imputato art. 73 T.U. stup.
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 30.1.12

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Letta la richiesta del P.G. che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
osserva

Con la decisione impugnata, la Corte d’appello ha circoscritto la responsabilità del Talla
alla sola detenzione di 4 dei 19 ovuli di stupefacente rinvenuto ed ha ridimensionato la pena in
anni 1, mesi 4 e gg 20 di reclusione e 2200 C di multa.
Il presente gravame denuncia la eccessività della pena, che non si è tenuta nei minimi
edittali, ed il diniego delle attenuanti generiche.
Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
E’ stato reiteratamente affermato che, in tema di determinazione della pena, il dovere
di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale è tanto maggiore quanto
più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale (sez. VI, 12.6.08, Bonarrigo, Rv. 241189). Nella
specie, l’ammontare della pena comminato – certamente prossimo al minimo edittale esonerava i giudici dal dovere di una motivazione più dettagliata di quella qui fornita in cui si fa

Data Udienza: 16/11/2012

riferimento alla «effettiva offensività del fatto ed alla personalità dell’imputato». Ed infatti, una
specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione
alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa”
o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere

Discorso analogo va fatto in relazione alle attenuanti generiche. Tanto più, se si
considera che la loro funzione di adeguamento della pena al caso concreto è correlata alla
sussistenza obiettiva di situazioni o circostanze non rientranti tra quelle già codificate ma che
presentano connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva e particolare,
considerazione.
Si richiedono, in altri termini, elementi di segno positivo, dalla cui assenza
legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola (sez. I, 22.9.93, Stentano,
Rv. 195339).

Orbene, nella specie, i giudici di merito hanno, appunto, negato le attenuanti generiche
«in considerazione dei precedenti specifici e non ravvisandosi alcun elemento favorevole che
possa essere a tal fine valorizzato».

Tanto basta a giustificare la decisione adottata trattandosi di apprezzamento
discrezionale perché, quando ci si muova in tema di circostanze, è pacifico che il loro
riconoscimento o meno dipende da una valutazione di questo tipo la cui correttezza dipende
solo dal fatto che il giudice dia contezza della propria scelta argomentando in modo aderente ai
fatti e senza cesure logiche nel percorso argomentativo.
Se ciò avviene, non ha alcuna importanza che, astrattamente, la stessa situazione
possa essere esaminata sotto una diversa angolazione (sia pure altrettanto logica) Sì da condurre a
diverse conclusioni in tema di riconoscimento delle circostanze stesse.

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

Così deciso in Roma nell’udienza del 16 novembre 2012

Il Consi

stensore

(Sez. II, 26.6.09, Denaro, Rv. 245596; Sez. VI, 12.6.08, Bonarrigo, Rv. 241189; Sez. II, 19.3.08, Gasparri, Rv.
239754).

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