Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20989 del 24/03/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 20989 Anno 2016
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DRAGO Maurizio n. il 15/03/1968
avverso l’ordinanza n. 69/2014 della COR IE d’APPELLO di MILANO in
data 27/10/2015
visti gli atti;
fatta la relazione dal Cons. dott. Gabriella CAPPELLO;
lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale, in persona del dott.
Giuseppe CORASANITI, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 24/03/2016

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 27/10/205, la Corte d’Appello di Milano
ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione
presentata nell’interesse di DRAGO Maurizio, con riferimento al
procedimento penale che lo aveva visto imputato in concorso del

quantitativo di cocaina in Pioltello il 12/02/2010, reato per il quale
era stato ristretto in forza di un titolo cautelare confermato dal
Tribunale adito per il riesame e, quindi, prosciolto con sentenza ex
art. 425 comma 3 codice di rito dal GUP presso il Tribunale di Milano
perché il fatto non sussiste.
La Corte d’appello ha ritenuto che l’istante avesse, nell’occorso,
tenuto un comportamento ostativo all’insorgenza del diritto azionato,
ravvisandolo nei contatti telefonici avuti con soggetti condannati per
il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. (NUCERA Antonio e STRANGIO
Salvatore), nel corso dei quali aveva utilizzato un linguaggio criptico
(“cosi”) e nell’incontro tra i predetti avvenuto il 12/02/2010, nel
corso del quale il DRAGO aveva prelevato dalla sua autovettura un
barattolo del tipo usato per la conserva di pomodoro, consegnandolo
al NUCERA.
2. Con il proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore,
l’istante ha formulato due censure, deducendo:
– violazione di legge, con riferimento all’art. 314 cod. proc. pen.;
– e vizio motivazionale del prowedimento, non avendo il giudice della
riparazione spiegato quali condotte del DRAGO siano state rivelatrici di
eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o
regolamenti, tanto da giustificarne la restrizione ed avendo esaminato gli
stessi fatti sui quali il giudice del merito ha fondato la sentenza dì
proscioglimento.
3. Con memoria scritta il Procuratore Generale ha concluso per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso, avendo il giudice della
riparazione fondato la decisione di rigetto sulle frequentazioni ambigue
consapevolmente intrattenute dall’istante con ambienti delinquenziali o
soggetti appartenenti alla criminalità organizzata nella quale il giudice
della cautela lo aveva inserito.
Considerato in diritto
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reato di cessione (a NUCERA Antonio e STRANGIO Salvatore) di un

1. Il ricorso va rigettato.
Si osserva, in linea generale, sulla scorta del costante orientamento
di questa Corte [cfr. sez. U., sentenza n. 34559 del 26/06/2002 C.c. (dep.
15/10/2002), Rv, 222263; ma, anche successivamente, Sez. 4,
sentenza n.9212 del 13/11/2013 Cc. (dep. 25/02/2014) Rv. 259082],
che, “In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito,
per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con
dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti

sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza,
imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del
convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è
incensurabile in sede di legittimità. (Nell’occasione, la Corte ha affermato
che il giudice deve fondare la deliberazione conclusiva su fatti concreti e
precisi e non su mere supposizioni, esaminando la condotta tenuta dal
richiedente sia prima, sia dopo la perdita della libertà personale,
indipendentemente dall’eventuale conoscenza, che quest’ultimo abbia
avuto, dell’inizio dell’attività di indagine, al fine di stabilire, con valutazione
“ex ante”, non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia
stata il presupposto che abbia in generato, ancorché in presenza di errore
dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come
illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad
effetto).
Nel caso che occupa, l’iter argomentativo, pur conciso, seguito dalla
Corte d’appello, resiste alle censure del ricorrente ed è coerente con i
principi sopra richiamati.
2. Infondata è, intanto, la doglianza concernente la natura degli
elementi utilizzati dal giudice dell’ingiusta detenzione, gli stessi cioè
valutati dal giudice del merito. Sul punto, è sufficiente rilevare che questa
Sezione ha defintitivamente chiarito che, in tema di riparazione per
l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se l’imputato vi
abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve
apprezzare tutti gli elementi probatori disponibili, pur se ritenuti
insufficienti ai fini della dichiarazione di responsabilità (cfr. Sez. 4 n.
10516 del 12/11/2013 Cc. (dep. 05/03/2014), Rv. 259206), secondo un
iter logico-motivazionale del tutto autonomo, rispetto a quello seguito nel
processo di merito, al fine di verificare, non già se tale condotta integri gli
estremi di reato, ma solo se essa sia stata il presupposto che abbia
ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la
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gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla

falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale [cfr. Sez. 4 n.
9212 del 13/11/2013 Cc. (dep. 25/02/2014), Rv. 259082, in un caso in cui
sono state valorizzate frequentazioni ambigue, consapevolmente
intrattenute dall’istante con soggetti appartenenti ad una famiglia mafiosa,
nella quale il giudice della cautela lo aveva ritenuto inserito].
3. Quanto alla rilevanza dei comportamenti tenuti dal DRAGO ed
esposti nell’ordinanza impugnata, essi coincidono sostanzialmente con i
contatti telefonici che costui ebbe, prima e dopo l’unico incontro (quello

associazione per delinquere di tipo mafioso e costituiscono condotte
certamente valorizzabili in termini di comportamento ostativo,
eziologicamente collegato al grave quadro indiziario che, pur nell’errore
dell’A.G., ha tuttavia giustificato la restrizione della libertà del soggetto a
tutela della sicurezza della collettività. Anche sul punto, l’ordinanza
impugnata è coerente con i principi sopra richiamati e con le emergenze
fattuali, considerato che dall’allegata sentenza di proscioglimento emerge
che al DRAGO (e al coimputato GIUGNO, parimenti prosciolto) era stata
contestata, per l’appunto, un’ipotesi di cessione di un quantitativo di
cocaina ai predetti NUCERA e STRANGIO, ed essendosi l’accusa
condensata nell’episodio caduto sotto l’osservazione degli inquirenti e
preceduto e succeduto dai contatti telefonici tra i predetti DRAGO e
STRANGIO. Tale episodio, come del resto i contatti del DRAGO con i
soggetti sopra indicati, sono storicamente confermati, come risulta dalla
sentenza di proscioglimento.
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Deciso in Roma il 24 marzo 2016.
Il Consigliere est.

Il Presidente

Gabriella Cappello

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CORTE SUPPEMA DJ CASMYJONE
IV Sezielne Penale

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