Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20986 del 26/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 20986 Anno 2016
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALDARELLA SEBASTIANO N. IL 18/02/1985
avverso la sentenza n. 226/2015 CORTE APPELLO di CATANIA, del
14/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gicteìo Roynct.rx
che ha concluso per
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Ui o, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 26/04/2016

RITENUTO IN

Farro

L La Corte di Appello di Catania, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente, CALDARELLA SEBASTIANO, con sentenza del 14.5.2015, in riforma della sentenza del Tribunale di Siracusa, emessa in data 28.2.2014, appellata dall’
imputato, rideterminava la pena inflitta in mesi 2 e giorni 10 di arresto ed C
1.100,00 di multa, confermava nel resto.
Il Tribunale di Siracusa aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di
guida in stato di ebbrezza alcolica, condannandolo alla pena di mesi 3 di arresto
beneficio di cui all’art. 163 cod. proc. pen. e con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per 6 mesi per il reato p. e p.
dall’art. 186, 2° comma lett. b) e 2sexies del C.d.S., perché si poneva alla guida
della propria autovettura Fiat Punto, targata CH818JT, in stato di ebbrezza in
conseguenza dell’uso di bevande alcoliche (tasso alcolemico pari a 1,35 gli al
primo accertamento eseguito alle ore 02:31 pari a 1,35 g/1 al secondo accertamento eseguito alle ore 02:41). Con l’aggravante di aver commesso il fatto dopo
le ore 22:00 e prima delle ore 7:00. Accertato in Avola in data 29.5.2010.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, perso-

nalmente, Caldarella Sebastiano, deducendo, i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme
giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale in riferimento al combinato disposto degli artt. 181, 468, 493 cod. proc. pen.
Il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata, in quanto
all’udienza del 28.2.2014, veniva escusso un teste non indicato, originariamente
nella lista testi del P.M. e, pertanto, non ammesso con l’ordinanza istruttoria del
4.11.2011.
Detto nominativo sarebbe stato sostituito sulla base di una nota della compagnia CC di Noto non presente nel fascicolo del P.M.
La nota sopra indicata, non poteva essere acquisita al fascicolo del dibattimento non essendo presente nel fascicolo del P.M., stante l’opposizione della difesa dell’imputato. Si sostiene che il teste Giarratana, brigadiere dei CC accertatore dei fatti oggetto del procedimento, poteva essere escusso solo ex art. 507
cod. proc. pen., ad istruttoria compiuta, allorquando il suo nominativo sarebbe
emerso dalle deposizioni dei testi indicati dal P.M., ciò a garanzia del diritto di difesa dell’imputato e del rispetto delle regole processuali.

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ed C 1.100,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, con il

Nel presente giudizio, invece, la sostituzione sarebbe avvenuta in violazione
dell’art. 493 cod. proc. pen., senza il consenso della difesa. La produzione della
nota dei CC di Noto avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile.
Pertanto nel corso del dibattimento non sarebbe stata acquisita alcuna prova
utilizzabile ai fini della dichiarazione della penale responsabilità dell’imputato.
La corte di appello sul punto motiverebbe interpretando in maniera errata il
significato giuridico ed il tenore letterale delle norme processuali violate.
b. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento
Il ricorrente censura la mancata concessione delle attenuanti generiche che
avrebbe consentito di ritenerle equivalenti alla contestata aggravante e, in considerazione, della parziale riforma della sentenza di primo grado, di renderle prevalenti, con l’applicazione di una pena meno afflittiva.
c. Illogicità, contraddittorietà e parziale mancanza della motivazione in riferimento alla chiesta assoluzione ex art. 530 comma 2 cod. proc. pen.
Sul punto la corte di appello si sarebbe limitata a ritenere che l’alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza, senza che dal dibattimento sia emersa la prova della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato e
dell’antigiuridicità della condotta.
La sussistenza di un tasso alcolemico pari a 1,35 gil non sarebbe sufficiente
a far ritenere violata e messa in pericolo la sicurezza delle persone nella circolazione stradale.
Ritiene, infatti, il ricorrente che gli effetti dell’alcol sono diversi a seconda
delle caratteristiche fisiche del soggetto che lo assume e delle modalità di assunzione.
Le dichiarazioni rese in dibattimento dall’unico teste non possono supplire la
mancanza di prova, in quanto si tratterebbe di valutazioni e non di accertamenti.
Pertanto il solo dato del tasso alcolemico riscontrato non sarebbe sufficiente
a far ritenere la mancanza di lucidità del Caldarella.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con i provvedimenti conseguenziali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi sopra illustrati sono manifestamente infondati e, pertanto, il pro-

posto ricorso va dichiarato inammissibile.
2. Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso (supra sub a).

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alla concessione delle attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen.

All’udienza del 28.2.2014, come si rileva dal relativo verbale -cui questa
Corte ha ritenuto di accedere in ragione del tipo di doglianza proposta- il PM faceva presente che il teste da escutere era il Brigadiere dei CC Sebastiano Giarratana, autore del controllo su strada all’esito del quale era stato accertato lo stato
di ebbrezza dell’odierno ricorrente, e non Carmelo Calabrese, erroneamente indicato nella lista testi.
La difesa si opponeva all’escussione del Giarratana, mentre il PM, a conforto

per una mera svista erano stati indicati nella comunicazione di notizia di reato i
Brigadieri Carmelo Calabrese e Salvatore Vasile.
Il giudice, pertanto, ritenuto che si fosse in presenza di un errore materiale
e verificato che i nominativi di coloro che erano indicati nel verbale di accertamenti urgenti sulla persona (ex art. 354 co. 3 cod. proc. pen.) erano effettivamente quelli indicati nella nota dei CC, rigettava l’opposizione del difensore e
procedeva all’escussione del teste Giarratana.
Orbene, ritiene il Collegio che la decisione assunta dal giudice sia corretta
in punto di diritto e conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui
la mancata indicazione, da parte del P.M., nella lista testimoniale di cui all’art.
468 cod. proc. pen., del nome della persona da escutere non comporta una violazione dei diritti della difesa né la presentazione di testimoni “a sorpresa” ove
detto nome sia comunque facilmente reperibile e conoscibile da parte dell’imputato in virtù della qualifica attribuita al teste (sez. 3, n. 38501 del 25.9.2007,
Falzoni, rv. 237948, fattispecie nella quale sono state ritenute utilizzabili, in un
procedimento per il reato di omesso versamento di contributi assistenziali e previdenziali, le dichiarazioni di testi genericamente indicati come accertatori
dell’Inps).
Il processo penale non può assecondare un rigido formalismo qualora alla
forma non faccia riscontro l’essenza della tutela del diritto di difesa.
Di fronte a casi come quello che ci occupa in cui vi è in atti un verbale di accertamento o comunque un atto dal quale si evincano, ab initio, con certezza i
nominativi dei pubblici ufficiali accertatori, non avrebbe senso alcuno che si procedesse nel senso richiesto dall’odierno ricorrente (escussione del teste indicato
per errore, che non potrebbe riferire altro se non di non essere lui il verbalizzante, successiva ordinanza ex art. 507 cod. proc. pen. per ammettere il teste il cui
nominativo era stato omesso in lista e solo successivamente escussione
dell’effettivo verbalizzante).
Non di rado, nella pratica quotidiana dei processi, nelle liste ex art. 468
cod. proc. pen. l’indicazione nominativa del teste manca, ma ciò non inficia la
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della propria richiesta, produceva una nota dei CC di Noto i quali riferivano che

validità della prova assunta laddove sono indicati elementi che richiamano l’atto
compiuto (quali la data e/o il numero del verbale) o altri da cui si possa risalire
facilmente, se interessati, al nominativo (si pensi, ad esempio, ai processi per
furto di energia elettrica dove, spesso, in lista testi viene indicato il mero numero
di matricola del dipendente ENEL che ha proceduto alla verifica, ritenuto sufficiente all’identificazione dello stesso).
Va dunque qui ribadito il principio che la deposizione di un testimone esaminato in sostituzione di altro indicato nella lista di cui all’art. 468 cod. proc. pen. è
circostanze indicate nella lista stessa (così sez. 2, n. 36971 del 20.10.2006, Lo
Carmine, rv. 235038; conf. sez. 6, n. 4936 del 9.1.2004, Riboni, rv. 228316).
Peraltro, questa Corte di legittimità ha chiarito che l’ammissione di prove testimoniali tardivamente indicate non è causa di nullità della relativa ordinanza,
posto che rientra tra i poteri del giudice assumere le prove anche d’ufficio, con la
conseguenza che la prova tardivamente indicata ed espletata deve ritenersi ammessa d’ufficio (sez. 5, n. 15325 del 10.2.2010, Cascio, rv. 246873). E, ancora
di recente, ha ribadito che l’ammissione di prove non tempestivamente indicate
dalle parti nelle apposite liste non comporta alcuna nullità, né le prove in questione, dopo essere state assunte, possono essere considerate inutilizzabili, posto che l’art. 507 cod. proc. pen. consente al giudice di assumere d’ufficio anche
prove irregolarmente indicate dalle parti, ed in ogni caso non sussiste un divieto
di assunzione che possa attivare la sanzione di inutilizzabilità prevista dall’art.
191 cod. proc. pen. (sez. 5, n. 8394 del 2.10.2013, Tardiota, rv. 259049).

3. Manifestamente infondata è la doglianza sub b. con riferimento alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte territoriale, sul punto, dà atto in sentenza di non ravvisare alcun
elemento di segno positivo, che possa fare stimare il Caldarella meritevole delle
stesse.
La doglianza proposta sul punto si palesa peraltro generica in quanto il ricorrente non indica l’elemento in ipotesi non valutato o mal valutato, mentre, ad
avviso del Collegio, la motivazione del provvedimento impugnato è perfettamente in linea con la giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità.
In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis
c.p. operata con il di. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I.
24.7.2008 n. 125 che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più
idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che è assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dar conto, di avere ritenuto l’assenza di elementi
o circostanze positive a tale fine.
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utilizzabile, se l’esame è ritualmente condotto e la testimonianza pertinente alle

In tema di attenuanti generiche, infatti, posto che la ragion d’essere della
relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento,
in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del
soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo
all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne
sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, è la suindicata
posita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati
ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola
condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno
del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità
della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (così, ex plurimis, sez. 1, n. 11361 del 19.10.1992, Gennuso, rv.
192381; sez. 1 n. 12496 del 21.9.1999, Guglielmi ed altri, rv. 214570; sez. 6, n.
13048 del 20.6.2000, Occhipinti ed altri, rv. 217882; sez. 1, n. 29679 del
13.6.2011, Chiofalo ed altri, rv. 219891).
4. Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso sub c.
Il ricorrente, con lo stesso, di fatto, adducendo una – peraltro non dimostrata e difficilmente dimostrabile- propria maggiore attitudine a “reggere” l’alcool,
contesta quella che è stata una precisa scelta del legislatore, di ancorare a delle
ben precise soglie di presenza dell’alcool nel sangue la sussistenza del reato in
contestazione.
L’esito positivo conseguito alla verifica strumentale nei modi e con gli strumenti stabiliti dalla legge – che il ricorrente non contesta- costituisce, in altri
termini, prova oggettiva del superamento della soglia di rilevanza penale dell’ebbrezza alcolica da parte dell’imputato.
I motivi dedotti, dunque, non paiono idonei a scalfire l’impianto motivazionale della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale affronta con argomentazioni esaustive e logicamente plausibili le questioni propostele.
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al

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meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di ap-

pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della cassa delle ammende

Così deciso in Roma il 26 aprile 2016

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