Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20984 del 09/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20984 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CLEMENTE MATTEO nato il 07/03/1995 a CERIGNOLA

avverso la sentenza del 25/09/2017 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 09/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Bari con sentenza 25.09.2017 confermava la sentenza
emessa il 10.02.2017 dal tribunale di Foggia, che, riconosciute le circostanze
attenuanti generiche e applicata la diminuente di rito, lo aveva condannato alla
pena di 2 anni di reclusione ed € 1500 di multa, per il reato di cui all’art. 73, co.

sospensione condizionale della pena concessogli con sentenza del GIP/tribunale di
Foggia del 18.10.2013, irr. 9.11.2013.

2. Con il ricorso per cassazione, articolato con un unico motivo, il ricorrente a
mezzo del difensore iscritto all’Albo speciale ex art. 613, c.p.p., deduce vizio di
violazione di legge e vizio di manifesta illogicità della motivazione con riferimento
alla richiesta di rideterminazione della pena (si duole per aver i giudici di appello
negato la possibilità di rivisitare il trattamento sanzionatorio, come invece era
stato congiuntamente richiesto dalle parti; i giudici di appello avrebbero
valorizzato in chiave negativa il mantenimento del trattamento sanzionatorio
inflitto dal primo giudice; si sarebbe ignorato il corretto contegno processuale, la
giovanissima età, le modalità dei fatti e la personalità del reo, che avrebbero
giustificato una riduzione della pena; la circostanza di aver individuato la pena
base quasi nel massimo edittale avrebbe necessitato di una puntale motivazione).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è nel complesso manifestamente infondato e generico.

4.

E’ anzitutto generico per aspecificità in quanto non si confronta con le

argomentazioni svolte nella sentenza impugnata che confutano in maniera
puntuale e con considerazioni del tutto immuni dai denunciati vizi motivazionali le
identiche doglianze difensive svolte nel motivo di appello (che, vengono, per così
dire “replicate” in questa sede di legittimità senza alcun apprezzabile elementi di
novità critica), esponendosi quindi al giudizio di inammissibilità; ed invero, è
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che è inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che
ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del
gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni
riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione

5, TU Stup. commesso sino al 19.01.2017, revocando il beneficio della

(v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv.
253849).

5. Lo stesso è inoltre da ritenersi manifestamente infondato, atteso che la Corte
d’appello spiega in maniera puntuale e con motivazione immune dai denunciati
vizi argomentativi, le ragioni per le quali ha ritenuto di non poter accedere alla

giudice (ci si trova in presenza di soggetto sicuramente pericoloso; il fatto in
esame è grave e ciò spiega la congruità della sanzione irrogata; i profili fattuali
escludevano un più benevolo trattamento adeguato alla spregiudicatezza
dell’imputato, all’organizzazione anche tecnologica creata a fini di spaccio, alla sua
insensibilità rispetto alla condanna irrevocabile ed alle due misure cautelari,
pendenti la momento del fatto, in distinti procedimenti penali a suo carico); in
punto di adeguatezza, poi, i giudici di appello ritengono la pena commisurata al
fatto ed alla sua personalità, specificando che è ben vero che la pena massima è
fissata dalla legge in 4 anni, ma aggiungendo che la tipologia della sostanza, la
quantità di principio attivo, la violazione di due misure cautelari e l’adozione di
sistemi di videosorveglianza per eludere gli interventi repressivi apparivano dati
pregnanti idonei a giustificare l’entità della pena inflitta, anche alla luce del
precedente penale specifico ed infraquinquennale. Trattasi motivazione immune
dai denunciati vizi e che mostra, peraltro, di far buongoverno del principio, più
volte affermato da questa Corte, secondo cui in tema di determinazione della pena,
quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere
di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando
specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. pen.,
quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013 dep. 04/06/2013, Pacchiarotti e altri, Rv. 255825): e, nella specie, il giudice ha
evidentemente apprezzato sia la gravità complessiva del fatto che la capacità a
delinquere del reo al fine di escludere un più benevolo trattamento sanzionatorio,
facendo quindi corretto esercizio del potere discrezionale di cui al combinato
disposto degli artt. 132 e 133 c.p.

6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

2

richiesta di rivisitazione in melius del trattamento sanzionatorio inflitto dal primo

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della
Cassa delle ammende.

Il Consiglier estensore
Alessio

Ila

Il Presidente
C vallo
t.

AA

C

Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 9 marzo 2018

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