Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20981 del 13/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 20981 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Sileoni Pacifico n. il 1/6/1940
avverso la sentenza n. 421/2014 pronunciata dalla Corte d’appello di
Ancona il 11/12/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 13/4/2016 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.F. Loy, che ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
uditi, per l’imputato, gli avv.ti P. Parisella e L. Pascucci del foro di Macerata, che hanno concluso per l’accoglimento del relativo ricorso.

Data Udienza: 13/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 11/12/2014, la Corte d’appello di Ancona disposta la sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena
pecuniaria, ai sensi dell’art. 53 legge n. 689/81 – ha confermato la decisione in
data 17/6/2013 con la quale il Tribunale di Macerata ha condannato Pacifico
Sileoni alla pena di giustizia in relazione al reato di lesioni personali colpose
commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro, ai danni di Filiberto Menghini (dipendente della società dell’imputato), in

All’imputato, nella qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della
Cucina Lube s.r.I., era stata originariamente contestata la violazione dei
tradizionali parametri della colpa generica e delle norme in tema di prevenzione
degli infortuni sul lavoro, per aver omesso di redigere un piano di coordinamento
per la previsione dei rischi derivanti dall’interferenza tra le attività dell’impresa
dallo stesso diretta e quella di Giovanni Bertini (agente su incarico della Lube
Holding s.r.I.), omettendo altresì di vigilare in modo che il proprio dipendente
non partecipasse attivamente alle attività di lavorazione presenti in cantiere,
avendo ricevuto il solo compito di supervisore per conto della Cucina Lube s.r.l.
dei lavori svolti dalla ditta Bertini, sì che il Menghini, accompagnando con le
proprie mani lo spostamento di tre tubi in materiale plastico del peso
complessivo di 143 kg, sollevate e trasportate da una ruspa condotta da un
dipendente della ditta Bertini, a seguito di un’improvvisa oscillazione in senso
verticale dell’estremità del carico, veniva attinto dal bordo esterno di detto carico
cadendo al suolo e riportando gravissime lesioni.

2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputato sulla base di quattro motivi di impugnazione.
2.1. Con i primi due motivi, il ricorrente, dopo aver invocato il
riconoscimento dell’intervenuta prescrizione del reato allo stesso contestato,
censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte
territoriale motivato in modo illogico e contraddittorio la valutazione delle prove
e delle argomentazioni sostenute a discarico, con particolare riguardo alle
deposizioni rese dai testi indotti dalla difesa, così incorrendo in un travisamento
dei fatti e in una carente ricostruzione dell’evento infortunistico oggetto di
giudizio.
2.2. Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione di legge e del
vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nella ricostruzione
dei limiti della posizione di garanzia dell’imputato, tenuto conto della
verificazione dell’evento infortunistico nel quadro di lavori eseguiti dalla ditta

2

Treia, il 14/9/2007.

Bertini su un’area di proprietà della committente Lube Holding s.r.I., e dunque in
relazione a un contesto territoriale e a un’attività imprenditoriale in relazione alla
quale l’imputato non disponeva di alcuna legittimazione ai fini della
predisposizione di un piano di coordinamento, atteso che l’impresa dell’imputato
non era affatto compartecipe dei lavori commissionati dalla Lube Holding alla
ditta Bertini.
Nel caso di specie, peraltro, l’evento lesivo si era verificato in ragione di un
comportamento assolutamente eccezionale e imprevedibile del lavoratore

causale tra le omissioni contestate al Sileoni e l’evento lesivo allo stesso
addebitato.
2.3. Con il quarto e ultimo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente
omesso di riconoscere la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle
aggravanti contestate, anche con riferimento alla mancata irrogazione della pena
nel minimo edittale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Tutti i motivi di ricorso devono ritenersi privi di fondamento.

4. Dev’essere preliminarmente esclusa l’avvenuta estinzione del reato per
intervenuta prescrizione, così come invocato dall’odierno ricorrente.
Sul punto, è appena il caso di rilevare come, in ragione dell’incidenza della
recidiva specifica e infraquinquennale contestata e ritenuta a carico dell’imputato
(con la conseguente determinazione del termine prescrizionale massimo pari a
nove anni, a seguito delle interruzioni intercorse: cfr. art. 161 c.p.), il termine di
prescrizione deve ritenersi non ancora interamente decorso, trattandosi di reato
commesso in data 14/9/2007.

5. Nel merito dell’impugnazione, osserva il collegio come la corte territoriale
abbia adeguatamente ricostruito le modalità dell’incidente a seguito del quale il
lavoratore infortunato ha subito le lesioni gravissime descritte in imputazione,
elaborando l’insieme degli elementi probatori acquisiti in modo logicamente
coerente e congruamente argomentato.
Al riguardo, nessuna carenza motivazionale può essere ascritta al discorso
giustificativo dettato dalla corte territoriale in relazione alla mancata
considerazione delle deposizioni dei testi indotti dalla difesa, avendo il giudice
d’appello ritenuto recessive tali ultime dichiarazioni rispetto al compendio
probatorio diversamente ricostruito sulla base di fonti di prova alternative

3

infortunato, la cui abnormità appariva tale da risolvere ogni possibile legame

ritenute più attendibili sulla base di un’argomentazione ineccepibile sotto il
profilo logico-giuridico.
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato orientamento della
giurisprudenza di questa corte secondo cui deve ritenersi incensurabile la
valutazione del materiale probatorio operata dal giudice del merito (ivi compreso
il giudizio di attendibilità di talune testimonianze rispetto ad altre) laddove il
discorso giustificativo complessivo sia adeguatamente elaborato sulla base di
criteri informati a piena coerenza logica e linearità argomentativa (cfr. Sez. 2,

Nessuna fondatezza può inoltre riconoscersi all’argomentazione relativa alla
denunciata abnormità del comportamento del lavoratore infortunato, avendo la
corte territoriale correttamente sottolineato come la presenza del lavoratore
colpito non fosse affatto casuale nel luogo e nel momento in cui ebbe a
verificarsi l’infortunio de quo, essendosi trattato della collaborazione, da parte
del Menghini, a lavorazioni dallo stesso seguite da lungo tempo senza alcuna
interdizione o dissensi da parte del proprio datore di lavoro e comportanti
l’esecuzione di prestazioni del tutto coerenti alle relative mansioni.
Parimenti irrilevante deve ritenersi, secondo la corretta argomentazione
della corte territoriale, l’individuazione dell’effettiva proprietà del terreno su cui
insisteva il cantiere, avendo l’imputato comunque consentito, nella sua qualità di
datore di lavoro del dipendente infortunato, che quest’ultimo partecipasse
attivamente alle attività di lavorazione in essere nel cantiere in assenza di un
piano di coordinamento per la previsione di rischi interferenziali reso necessario
dalle distinte lavorazioni contemporaneamente portate avanti con la costruzione
dell’acquedotto e della fognatura indicate in sentenza.
Da ultimo, deve ritenersi pienamente adeguata la motivazione dettata dalla
corte territoriale in relazione al giudizio di comparazione tra le circostanze e alla
pena concretamente inflitta, avendo la corte d’appello evidenziato come le gravi
conseguenze riportate dal lavoratore non consentissero alcuno spazio per
concedere la prevalenza delle attenuanti rispetto alle aggravanti contestate o per
individuare una misura della pena in corrispondenza dello stretto minimo
edittale. Si tratta di argomentazioni logicamente coerenti e giuridicamente
corrette, che le odierne censure del ricorrente non valgono a scalfire.

6. L’insieme delle considerazioni che precedono impone la pronuncia del
rigetto del ricorso con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

4

Sentenza n. 20806 del 05/05/2011, Rv. 250362).

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 13/4/2016

Il Consigliere estensore

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