Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20977 del 09/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20977 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NASER YOUSEF nato il 25/05/1962 a AMMAN( GIORDANIA)

avverso la sentenza del 31/03/2017 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 09/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Messina con sentenza 31.03.2017 confermava la sentenza
emessa dal tribunale di Mistretta del 9.10.2012, appellata dal Naser, che era stato
condannato, con il concorso di attenuanti generiche e riconosciuta l’ipotesi
attenuata di cui all’art. 648, co. 2, c.p. quanto al capo a), alla pena di 3 mesi di

provenienza illecita in quanto sprovvisti del contrassegno SIAE nonché per aver
detenuto per la vendita o distribuzione i predetti supporti in quanto contraffatti e
contenenti opere tutelate dal diritto di autore (art. 171 ter, co. 1, lett. c), legge n.
633 del 1941.

2. Con il ricorso per cassazione, articolato su due motivi, il ricorrente a mezzo del
difensore iscritto all’Albo speciale ex art. 613, c.p.p., deduce:
1) violazione di legge in relazione all’art. 171 ter, legge n. 633 del 1941 (si duole
per non aver i giudici di appello ritenuto necessario un accertamento peritale sui
supporti sequestrati e per aver gli stessi ritenuto raggiunta la prova della
contraffazione sulla base di alcuni elementi indiziari, quali il rilevante numero di
supporti posti in vendita, le modalità dell’offerta al pubblico, l’utilizzo di copertine
fotocopiate o contraffatte, il confezionamento, nonché l’assenza di loghi o marchi
del produttore; la motivazione sarebbe assertiva in quanto i giudici avrebbero
omesso di indicare quali sarebbero i dati da cui trarre tale convincimento; in ogni
caso, contesta l’affermazione secondo cui non sarebbe necessario un
accertamento peritale al fine di verificare il contenuto dei supporti in sequestro);
2) violazione di legge in relazione all’art. 648 c.p. e correlato vizio di motivazione
illogica (si duole per aver la Corte d’appello qualificato l’affermazione
dell’imputato, secondo cui era lui ad acquistare l’originale e a provvedere alla
masterizzazione, come generica ed inidonei a provare la reali modalità di
riproduzione e confezionamento dei supporti da parte dell’imputato; si tratterebbe
di motivazione illogica, in quanto non si fornisce alcuna indicazione di elementi
probatori idonei a smentire la ricostruzione dell’imputato, essendo invece del tutto
logica l’affermazione dell’imputato, essendo notorio che chiunque abbia una media
dimestichezza con gli apparati elettronici sia in grado effettuare tale operazione
masterizzazione, non comportando consistenti spese atteso il modico prezzo dei
masterizzatori in commercio; anzi, si aggiunge, l’affermazione dei giudici
territoriali secondo cui l’imputato avrebbe fatto dell’attività contestata il suo
mestiere, rendere verosimile che questi si occupi anche della duplicazione dei
supporti).

reclusione ed € 140 di multa, per aver ricevuto ed acquistato 89 DVD e 30 CD di

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è nel complesso generico e manifestamente infondato.

4.

E’ anzitutto generico per aspecificità in quanto non si confronta con le

puntuale e con considerazioni del tutto immuni dai denunciati vizi motivazionali le
identiche doglianze difensive svolte nei motivi di appello (che, vengono, per così
dire “replicate” in questa sede di legittimità senza alcun apprezzabile elementi di
novità critica), esponendosi quindi al giudizio di inammissibilità; ed invero, è
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che è inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che
ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del
gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni
riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione
(v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv.
253849).

5. Il ricorso è inoltre da ritenersi manifestamente infondato, atteso che la Corte
d’appello, quanto al primo motivo, esclude la necessità di un accertamento peritale
ai fini della prova della contraffazione; trattasi di motivazione del tutto immune
dai denunciati vizi ed anche corretta in diritto, atteso che è pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte che se è ben vero che la mancanza del
contrassegno S.i.a.e. non può valere canne indizio dell’avvenuta consumazione
dell’illecito dell’abusiva duplicazione o riproduzione dei supporti audiovisivi,
purtuttavia tale prova può essere comunque raggiunta sulla base di altri elementi
come le modalità di tempo e di luogo della vendita, il confezionamento, il tipo di
supporto utilizzato, l’assenza di loghi e marchi del produttore o l’utilizzo di
copertine fotocopiate (Sez. 3, n. 45955 del 15/11/2012 – dep. 26/11/2012,
Celentano, Rv. 253880), elementi di cui dà conto la sentenza impugnata.

6. Quanto al secondo motivo, afferente al delitto di ricettazione, la Corte d’appello
motiva nei termini dianzi esposti in sede di illustrazione del motivo; la motivazione,
oltre a non apparire “manifestamente” illogica (unico vizio deducibile dinanzi a
questa Corte), secondo l’interpretazione consolidata, dovendo cioè consistere
detto vizio in una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel
caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono (Sez. 1, n. 9539 del
2

argomentazioni svolte nella sentenza impugnata che confutano in maniera

12/05/1999 – dep. 23/07/1999, Comnnisso ed altri, Rv. 215132), circostanza da
escludersi nel caso di specie, è anche corretta in diritto, atteso che ai fini della
configurabilità del delitto di ricettazione non occorre la prova positiva che il
soggetto attivo non sia stato concorrente nel delitto presupposto, essendo
sufficiente che non emerga la prova del contrario (Sez. 2, n. 10850 del 20/02/2014
– dep. 06/03/2014, Montesanti, Rv. 259428), prova che, si osserva, non può

ad aver personalmente proceduto alla contraffazione — dichiarazione, conne
evidenziato dalla stessa Corte d’appello, sorretta dall’esclusivo intento di ottenere
l’immunità per il ben più grave reato di ricettazione, soprattutto considerando che
l’allora appellante aveva chiesto comunque di essere assolto anche per il delitto
presupposto — salvo che le sue dichiarazioni non siano sorrette dai necessari
riscontri, anche indiziari, purché specifici, non essendo sufficienti mere
considerazioni di ordine logico o basate sul “notario”, come pretende di sostenere
il ricorrente.

7. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagannento
delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 9 marzo 2018

Il Consiglier estensore
Alessio S

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Il Presidente

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tuttavia risiedere nelle mere, labiali, affermazioni dell’imputato di essere stato lui

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