Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20976 del 09/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20976 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA FERNANDO nato il 27/10/1961 a VASTO

avverso la sentenza del 23/09/2016 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 09/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di L’Aquila con sentenza 23.09.2016 confermava la sentenza
del tribunale di Vasto del 18.06.2015, appellata dal Bevilacqua, che lo aveva
condannato alla pena di 3 mesi di arresto ed C 30.000 di ammenda, con il concorso
delle circostanze attenuanti generiche e ritenuti i reati avvinti dalla continuazione,

antisismica ed alla disciplina in materia di costruzioni in cemento armato (art. 44,
lett. b), 95, e 71, co., TU Edilizia).

2. Con il ricorso per cassazione, articolato con un unico motivo, il ricorrente a
mezzo del difensore iscritto all’Albo speciale ex art. 613, c.p.p., deduce vizio di
mancanza o manifesta illogicità della motivazione (si duole per il mancato
riconoscimento della speciale causa di non punibilità, ricorrendo le condizioni di
legge, anche in considerazione dell’intervenuto riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche; la Corte l’avrebbe esclusa a ragione della pluralità delle
violazioni e delle dimensioni dei nuovi volumi realizzati).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è nel complesso manifestamente infondato.

4. Ed infatti, la Corte d’appello nega l’applicazione della norma di cui all’art. 131
bis c.p., escludendo la particolare tenuità del fatto, desunta da una serie di
elementi (dimensioni dei nuovi volumi realizzati, da destinare a civile abitazione,
pari a c.ca 388 mc.; totale assenza di titolo autorizzatorio; violazione delle norme
sulle distanze dai confini; offensività complessiva della condotta, derivante dalla
violazione di più disposizioni della legge penale, pur a fronte dell’unicità
naturalistica del fatto).

5.

Trattasi di valutazione del tutto corretta, uniformandosi del resto alla

giurisprudenza di questa Corte secondo cui ai fini della applicabilità dell’art. 131bis cod. pen. nelle ipotesi di violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la consistenza
dell’intervento abusivo – data da tipologia, dimensioni e caratteristiche costruttive
– costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo anche altri
elementi quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico
urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di
sanatoria, il mancato rispetto di vincoli e la conseguente violazione di più

perché ritenuto responsabile di numerose violazioni alla normativa edilizia,

disposizioni, l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi
preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo
stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi
dall’amministrazione competente, le modalità di esecuzione dell’intervento (In
applicazione del principio, la S.C. ha escluso la ricorrenza della speciale causa di
non punibilità nel caso di concorrente violazione di legge urbanistica, antisismica

– dep. 09/05/2016, Mancuso, Rv. 266586).

6. A ciò, peraltro, va aggiunto che in tema di particolare tenuità del fatto, il reato
permanente, in quanto caratterizzato dalla persistenza, ma non dalla reiterazione,
della condotta, non è riconducibile nell’alveo del comportamento abituale che
preclude l’applicazione di cui all’art. 131-bis cod. pen., anche se importa una
attenta valutazione con riferimento alla configurabilità della particolare tenuità
dell’offesa, la cui sussistenza è tanto più difficilmente rilevabile quanto più a lungo
si sia protratta la permanenza. (Fattispecie relativa a reati edilizi e paesaggistici:
Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015 – dep. 27/11/2015, P.M. in proc. Derossi, Rv.
265448); e, nel caso di specie, i reati sono stati contestati come commessi in data
13.10.2012, con permanenza fino all’11.09.2013 data dell’avvenuto sequestro, ciò
che conferma il giudizio negativo della Corte territoriale in ordine alla particolare
tenuità dell’offesa.

7. Alla dichiaraZione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 9 marzo 2018

e in materia di conglomerato in cemento armato: Sez. 3, n. 19111 del 10/03/2016

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