Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20970 del 09/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20970 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DAMIS ANGELO nato il 15/11/1976 a COSENZA

avverso la sentenza del 20/06/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
COSENZA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 09/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il GUP/Tribunale di Cosenza con sentenza 20.06.2017 applicava ex art. 444
c.p.p. al Damis la pena di 2 anni ed 8 mesi di reclusione ed € 10000 di multa,
ritenuta la continuazione tra i reati ascritti (tutti relativi alla violazione della
normativa in materia di stupefacenti), esclusa la recidiva contestata e qualificati i

21.3.2015 (più remoto: capo 134) e il mese di agosto dello stesso anno (capo
145, più recente).

2. Con il ricorso per cassazione, articolato con un unico motivo, il difensore iscritto
all’Albo speciale ex art. 613 c.p.p., deduce vizio di motivazione (non sarebbe stato
dato conto delle ragioni che hanno condotto il giudice a ritenere penalmente
responsabile l’imputato, pronunciando quindi una sentenza di condanna affetta dal
denunciato vizio).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

4. Ed invero, la sentenza con la quale il giudice applica la pena su richiesta delle
parti, non è una sentenza con la quale si accerta la responsabilità dell’imputato in
ordine al reato ascrittogli e, dunque, non rientra fra quelle di condanna ma,
semmai, fra quelle “in ipotesi di responsabilità” (Sez. 1, n. 3415 del 19/02/1990 dep. 09/03/1990, Migliardi, Rv. 183618); né in presenza di richiesta di
applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., l’imputato dunque non è
legittimato a chiedere una valutazione di merito sulle risultanze probatorie in
quanto nel formulare la richiesta ha inteso rinunciare ad avvalersi della facoltà di
contestare l’accusa e quindi la sussistenza degli elementi su cui tale accusa si
fondava. Ne consegue che, in tale specifico ambito, l’obbligo di motivazione deve
ritenersi assolto con il darsi atto da parte del giudice della volontà delle parti in
ordine alla entità della pena e di aver positivamente effettuato la valutazione della
correttezza della qualificazione giuridica del fatto,

dell’applicazione e

comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e della congruità della pena
ai fini e nei limiti di cui all’art. 27, comma terzo, Costituzione (Sez. 2, n. 109 del
09/01/1998 – dep. 09/02/1998, Gerardini ed altro, Rv. 210450).

fatti ai sensi dell’art. 73, co. 5, TU Stup., in relazione ad episodi commessi tra il

5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 9 marzo 2018

Il Consiglieìe estensore
Alessio

rcella

Il Presidente
Cavallo

P.Q.M.

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