Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20946 del 09/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20946 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
JESHILI MATEOS nato il 24/11/1990 a DURAZZO( ALBANIA)

avverso la sentenza del 13/07/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
RIMINI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 09/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il GIP/Tribunale di Rimini con sentenza 13.07.2017 applicava ex art. 444 c.p.p.
nei confronti del Jeshili la pena di 4 anni di reclusione ed C 6000 di multa, per
essersi accordato, unitamente ad altri coimputati non ricorrenti in questa sede,
per acquistare e importare in Italia 120 kg di sostanza stupefacente del tipo

73, co. 4, TU Stup.), in relazione a fatti del 1.10.2013.

2. Con il ricorso per cassazione, articolato con un unico motivo, il difensore iscritto
all’Albo speciale ex art. 613 c.p.p., deduce violazione di legge in relazione all’art.
129 c.p.p. quanto all’erronea qualificazione giuridica del fatto nonché per
l’eccessività della pena (in sintesi, si duole il ricorrente del fatto che il giudice non
avrebbe motivato in ordine alla insussistenza delle condizioni legittimanti il
proscioglimento ex art. 129 c.p.p.; si aggiunge che non si sarebbe motivato sulla
qualificazione giuridica del fatto e sulla congruità della pena).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

4.

Ed invero, deve qui ribadirsi che il “patteggiamento” è un meccanismo

processuale in virtù del quale imputato e P.M. si accordano sulla qualificazione
giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla
comparazione fra le stesse e sull’entità della pena, prescindendo completamente
da ogni riconoscimento di responsabilità da parte del primo. Da parte sua, il
giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici
e la congruità della pena richiesta, e di applicarla dopo aver accertato che non
emerge, “ictu ocu/i”, una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod.
proc. pen.. Di conseguenza, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena ex art. 444 cod. proc. pen., l’imputato può impugnare la sentenza solo per
inosservanza dell’art. 129 cod. proc. pen.
Peraltro, la giurisprudenza più recente di questa Corte è nel senso che nella
motivazione della sentenza di patteggiamento il richiamo all’art. 129 cod. proc.
pen. è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia verificato ed escluso la presenza
di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al
riguardo (Sez. 6, n. 15927 del 01/04/2015 – dep. 16/04/2015, Benedetti, Rv.
263082; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011 – dep. 17/02/2012, Alba, Rv. 252085).

marijuana parte della quale, nel quantitativo di 30 kg., destinata a loro stessi (art.

h

5. Quanto alla qualificazione giuridica del fatto, è ben vero che con il ricorso per
cassazione avverso la sentenza di patteggiamento può essere denunciata l’erronea
qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell’accordo delle parti e
recepita dal giudice, in quanto la qualificazione giuridica del fatto è materia
sottratta alla disponibilità di parte e l’errore su di essa costituisce errore di diritto
rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen. (per tutte: Sez. U, n. 5 del

vero che la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea
qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai casi in cui tale
qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica
rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo in particolare escludersi
l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico
del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con
immediatezza dalla contestazione (Sez. 7, n. 39600 del 10/09/2015 – dep.
01/10/2015, Casarin, Rv. 264766), eccentricità che non emerge palesemente
dalla contestazione; quanto alla questione della congruità della pena, è sufficiente
richiamare la giurisprudenza di questa Corte secondo cui nel ricorso per
cassazione, avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le
parti, non è ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno
che si versi in ipotesi di pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e
l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di
natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne
ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che
vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie
difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a
sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con l’impostazione
dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute (Sez. 3, n. 18735 del
27/03/2001 – dep. 09/05/2001, Ciliberti, Rv. 219852).

6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

P.Q.M.

19/01/2000 – dep. 28/04/2000, P.G.in proc.Neri, Rv. 215825), ma è altrettanto

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 9 marzo 2018

Il Presidente

Il Consiglie estensore

Al ‘,Cavallo

ella

Ct)

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Alessio

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