Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20936 del 09/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20936 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MORELLI GUERINO nato il 06/01/1997 a PESCARA

avverso la sentenza del 25/07/2017 del GIP TRIBUNALE di PESCARA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 09/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il GIP/Tribunale Pescara con sentenza 25.07.2017 applicava ex art. 444 c.p.p.
al Morelli la pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione ed C 1500 di multa, riconosciuta
l’ipotesi lieve di cui all’art. 73, co. 5 TU Stup., ed applicata la recidiva contestata,
per aver illecitamente detenuto sostanza stupefacente del tipo eroina e cocaina,

2. Con il ricorso per cassazione, il difensore iscritto all’Albo speciale ex art. 613
c.p.p., articola un unico motivo, con cui deduce violazione di legge in relazione
all’art. 444, co. 2, c.p.p. (in sintesi, si duole il ricorrente del fatto che il giudice
non avrebbe motivato in ordine alla insussistenza delle condizioni legittimanti il
proscioglimento ex art. 129 c.p.p.; si duole, inoltre sulla congruità della pena, in
relazione alla qualità e quantità di stupefacente, emergendo dalla prova scientifica
la lievissima entità del fatto, anche in considerazione della giovane età
dell’imputato e all’assenza di elementi che potessero far pensare ad un’attività non
occasionale di cessione a terzi).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

4.

Ed invero, deve qui ribadirsi che il “patteggiamento” è un meccanismo

processuale in virtù del quale imputato e P.M. si accordano sulla qualificazione
giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla
comparazione fra le stesse e sull’entità della pena, prescindendo completamente
da ogni riconoscimento di responsabilità da parte del primo. Da parte sua, il
giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici
e la congruità della pena richiesta, e di applicarla dopo aver accertato che non
emerge, “ictu ocuii”, una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod.
proc. pen.. Di conseguenza, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena ex art. 444 cod. proc. pen., l’imputato può impugnare la sentenza solo per
inosservanza dell’art. 129 cod. proc. pen.
Peraltro, la giurisprudenza più recente di questa Corte è nel senso che nella
motivazione della sentenza di patteggiamento il richiamo all’art. 129 cod. proc.
pen. è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia verificato ed escluso la presenza
di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al

in relazione a fatti del 16.12.2016.

riguardo (Sez. 6, n. 15927 del 01/04/2015 – dep. 16/04/2015, Benedetti, Rv.
263082; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011 – dep. 17/02/2012, Alba, Rv. 252085).

5. Quanto alla questione della congruità della pena, è sufficiente richiamare la
giurisprudenza di questa Corte secondo cui nel ricorso per cassazione, avverso
sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti, non è

in ipotesi di pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla
pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale
che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la
correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato
origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed
eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi
concernenti la congruità della pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al
quale le parti processuali sono addivenute (Sez. 3, n. 18735 del 27/03/2001 dep. 09/05/2001, Ciliberti, Rv. 219852).

6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 9 marzo 2018

ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si versi

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