Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20935 del 09/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20935 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
AYARI BELHASSEN nato il 27/03/1973
AYARI TAREK nato il 16/07/1975

avverso la sentenza del 15/06/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 09/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Firenze con sentenza 15.06.2017 confermava la sentenza
del tribunale di Firenze del 6.10.2016, appellata da AYARI Belhassen e AYARI
Tarek, che erano stati condannati alla pena di 2 anni ed 8 mesi di reclusione ed €
6000 di multa ciascuno per aver illecitamente detenuto in concorso al fine di

di cui all’art. 73, co. 5, TU Stup., in relazione a fatti del 14.06.2016.

2. Con il ricorso per cassazione, i ricorrenti, a mezzo del difensore di fiducia iscritto
all’Albo speciale ex art. 613 c.p.p., deducono congiuntamente: 1) quanto ad AYARI
Tarek, violazione di legge in relazione all’art. 73, co. 5, TU Stup. e all’art. 133, c.p.
e correlato vizio di omessa motivazione (si duole il ricorrente per aver i giudici di
merito fissato la p.b. in prossimità del limite massimo previsto dalla legge, sul
presupposto dell’entità del dato ponderale; una volta riconosciuta l’ipotesi lieve, i
giudici avrebbero determinato la pena nel massimo, senza considerare e motivare
in relazione all’inferiore principio attivo); 2) quanto ad AYARI Belhassen, violazione
di legge in relazione agli artt. 73, co. 5, TU Stup., 110 e 133 c.p., e correlato vizio
di motivazione omessa ed insufficiente (si duole per l’omessa assoluzione al
supposto concorso con il fratello, nonché per aver i giudici di merito fissato la pena
base in prossimità del limite massimo previsto dalla norma, omettendo le
valutazioni richieste dall’art. 133 c.p.; i giudici avrebbero addebitato all’imputato
senza fornire una congrua motivazione, tutta la sostanza stupefacente rinvenuta
nell’appartamento, anziché quella da lui personalmente detenuta; inconferente è
l’osservazione per la quale, coabitando i due fratelli, anche l’imputato concorresse
nella detenzione, risolvendosi in una petizione di principio l’affermazione per cui il
fatto potesse essere noto a entrambi, non essendosi motivato sulla circostanza
della piena assunzione di responsabilità da parte del fratello Tarek; non si
ravviserebbe quindi alcuna motivazione in ordine alle valutazioni imposte dall’art.
133 c.p., nonché per aver fissato la p.b. in prossimità del limite massimo previsto
dalla norma).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi sono inammissibili.

4. Ed invero, quanto al ricorso nell’interesse di AYARI Tarek, la Corte d’appello
motiva le ragioni per le quali la pena, inflitta dal primo giudice, era da ritenersi

cessione a terzi sostanza stupefacente del tipo eroina, riconoscendo l’ipotesi lieve

congrua pur in relazione alla riconosciuta ipotesi lieve (si osserva che il fatto, per
la quantità della sostanza sequestrata, che prova l’inserimento dell’imputato negli
ambienti di spaccio medio – alto livello, non è riconducibile allo smercio di una
singola dose di sostanza stupefacente); la motivazione sul punto, non merita
censura, avendo giustificato i giudici di appello le ragioni dello scostamento dai
minimi edittali, segnatamente valorizzando in senso negativo la gravità del fatto

del fatto di lieve entità di cui al comma quinto dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990
non implica assolutamente che la pena sia stabilita nella misura minima o prossima
al minimo previsto da tale disposizione, rientrando nel potere discrezionale del
giudice graduarla in considerazione della rilevanza degli stessi indici della lievità
del fatto (i mezzi, la modalità e le circostanze dell’azione ovvero la qualità e
quantità delle sostanze stupefacenti), oltre che degli elementi di cui all’art. 133
cod. pen. in genere (Sez. 6, n. 3009 del 17/12/1992 – dep. 26/03/1993, Torre,
Rv. 193602); per il resto, la doglianza secondo cui, una volta riconosciuta l’ipotesi
lieve, i giudici avrebbero determinato la pena nel massimo, senza considerare e
motivare in relazione all’inferiore principio attivo, è priva di pregio, rilevando
l’incidenza del principio attivo tutt’al più sulla qualificazione del fatto quale ipotesi
lieve (v., ad es.: Sez. 4, n. 544 del 14/05/1992 – dep. 17/08/1992, P.G. in proc.
Novello, Rv. 191642), situazione qui non rilevante essendo stata detta ipotesi lieve
riconosciuta, ed avendo assunto quindi correttamente i giudici di appello quale
parametro di riferimento il notevole dato ponderale dello stupefacente ai fini della
determinazione della pena).

5. Quanto ad AYARI Belhassen, i giudici di appello motivano puntualmente e con
argomentazioni immuni dalle denunciate censure le ragioni per le quali l’imputato
doveva ritenersi concorrente nella detenzione dello stupefacente (i giudici
sottolineano come questi convivesse con il fratello nella medesima abitazione; che
la circostanza era noto a entrambi perché entrambi ne facevano uso e per
procurarsi i mezzi per l’acquisto dovevano necessariamente vendere la droga
detenuta; la detenzione della sostanza nella stessa abitazione è indice di
collaborazione esistente tra i due fratelli, di un reciproco sostegno morale idoneo
a rafforzare l’intento criminoso; a sostegno di quanto sopra, evidenziano i giudici
di appello che proprio AYARI Belhassen era stato sorpreso mentre usciva di casa
con due dosi preconfezionate di stupefacente, pronte alla vendita, tentando di
liberarsene repentinamente; si esclude la rilevanza del fatto che il domicilio fosse
intestato solo al Tarek e che AYARI Belhassen vi abitasse da poco tempo, ciò in
quanto anzitutto non vi è prova della circostanza che è rimasta allo stadio di labiale
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ex art. 133, co. 1, cod. pen.; a ciò deve, peraltro, aggiungersi che il riconoscimento

asserzione, e, in ogni caso, quand’anche ciò fosse dimostrato, aggiungono i giudici
di appello, che il fatto non rivestirebbe decisiva rilevanza, in quanto le emergenze
processuali consentivano di ritenere provato che i due fratelli collaborassero nella
detenzione illecita dello stupefacente, anche se da tempo ridotto, ciò che è
sufficiente pe raffermarne la responsabilità penale; quanto, poi, all’ulteriore
censura, secondo cui non si ravviserebbe quindi alcuna motivazione in ordine alle

massimo previsto dalla norma, valgono le considerazioni già espresse a proposito
della posizione del coimputato ricorrente AYARI Tarek, dovendosi solo aggiungere
come, sul punto, i giudici di appello ribadiscono la congruità e equità della pena
inflitta, sia in relazione alla rilevanza del fatto, ma anche in considerazione della
condotta del reo, che non ha fornito alcun contributo all’esatta ricostruzione dei
fatti, trattandosi di soggetto che fa uso di eroina e che, privo di attività lavorativa,
doveva necessariamente vendere tale sostanza per procurarsi, tra l’altro, i mezzi
necessari a soddisfare tale dipendenza).

6. Orbene, al cospetto di tale apparato argomentativo, le censure si appalesano
anzitutto generiche per aspecificità in quanto non si confrontano con le
argomentazioni svolte nella sentenza impugnata che confutano in maniera
puntuale e con considerazioni del tutto immuni dai denunciati vizi motivazionali le
identiche doglianze difensive svolte nel motivo di appello (che, vengono, per così
dire “replicate” in questa sede di legittimità senza alcun apprezzabile elementi di
novità critica), esponendosi quindi al giudizio di inammissibilità; ed invero, è
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che è inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che
ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del
gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni
riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione
(v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv.
253849).

7. Lo stesso motivo di ricorso è inoltre da ritenersi manifestamente infondato,
atteso che la Corte d’appello fornisce adeguata e puntuale motivazione, corretta
anche in diritto, circa le ragioni da un lato, della corresponsabilità dell’imputato
nel concorso nella detenzione e, dall’altro, della adeguatezza del trattamento
sanzionatorio; ed invero, con riferimento al primo punto, va ribadito che in tema
di detenzione di stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso
nel delitto va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente
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valutazioni imposte dall’art. 133 c.p. per aver fissato la p.b. in prossimità del limite

mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso detto
comportamento può manifestarsi anche in forme che agevolino la detenzione,
consentendo l’occultamento della droga e assicurando all’altro concorrente una
relativa sicurezza. In siffatta condotta sono invero ravvisabili entrambi gli elementi
del concorso nel reato, sia quello soggettivo, consistente nella consapevolezza di
apportare un contributo causale alla detenzione della droga, sia quello oggettivo
della connessione tra condotta ed evento. Va precisato in proposito che detenere

di prenderla, in qualsiasi momento, senza la necessaria collaborazione di altri (v.,
tra le tante: Sez. 6, n. 1108 del 04/12/1996 – dep. 06/02/1997, P.M. in proc.
Farniano, Rv. 206786); e, nel caso di specie, la corresponsabilità non viene
individuata solo in base alla circostanza della coabitazione, di per sé insufficiente
a provare il concorso, ma anche perché che proprio AYARI Belhassen era stato
sorpreso mentre usciva di casa con due dosi preconfezionate di stupefacente,
pronte alla vendita, tentando di liberarsene repentinamente, dosi di stupefacente
confezionate con il materiale rinvenuto nell’appartamento e che, pertanto,
provano come quello stupefacente non fosse detenuto nell’esclusivo interesse del
fratello Tarek, ma anche nell’interesse di AYARI Belhassen che era pronto a cederlo
a terzi, come inequivocamente desumibile dall’atteggiamento tenuto alla vista
degli operanti; quanto al trattamento sanzionatorio, valga quanto già esposto in
precedenza a proposito della posizione del fratello Tarek, peraltro aggiungendosi
come per la posizione di Belhassen la Corte territoriale abbia tenuto conto, quale
ulteriore parametro di valutazione, la capacità a delinquere, dunque valorizzando
anche i criterio di cui all’art. 133, co. 2, c.p.).

8. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi
atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro
in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 9 marzo 2018

4

significa avere la disponibilità di una determinata cosa, cioè la concreta possibilità

Alessio

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Il Presidente
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