Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20908 del 28/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20908 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul conflitto di competenza sollevato dal Tribunale di Napoli nei confronti del
G.I.P. del Tribunale di Forlì;

Con l’ordinanza n. 16645/2013 emessa l’11/10/2014 dal Tribunale di Napoli;

Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Sentite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Paolo
Canevelli, che ha chiesto attribuirsi la competenza al Tribunale di Napoli;

Sentito l’avv. Paolo Trombetti per l’imputato Guido Minerva;

Data Udienza: 28/04/2015

,

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa l’11/10/2014 il Tribunale di Napoli sollevava
conflitto di competenza negativo avverso la sentenza emessa dal G.I.P. del
Tribunale di Forlì il 21/02/2014, con la quale si dichiarava la propria
incompetenza territoriale sulla richiesta di rinvio a giudizio depositata il
16/04/2010 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Forlì nei
confronti di Guido Minerva e altri imputati. Tale sentenza era stata emessa su

imputati all’udienza del 19/10/2010.
Nel sollevare conflitto dì competenza negativo il Tribunale di Napoli
richiamava gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero e in particolare
l’informativa di reato della Compagnia della Guardia di Finanza di Cesena del
12/02/2008, evidenziando l’esistenza di un’incertezza oggettiva sull’esatta
individuazione del luogo in cui aveva avuto origine il vincolo associativo del
sodalizio criminoso facente capo al Minerva, che veniva contestato al capo A)
della rubrica.
Non si riteneva, inoltre, di potere applicare al caso in esame il criterio
residuale previsto dall’art. 16 cod. proc. pen., in relazione ai reati di maggiore
gravità contestati ai capi B) e C), in considerazione dell’incertezza sui luoghi di
commissione di tali delitti.
Ne discendeva conclusivamente l’impossibilità di determinare con certezza il
luogo di commissione dei reati in contestazione, che imponeva l’adozione del
criterio residuale di cui all’art. 9 cod. proc. pen., con conseguente individuazione
della competenza territoriale del Tribunale di Forlì.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via preliminare, deve rilevarsi che, nel caso di specie, sussiste un
conflitto di competenza negativo, in quanto due giudici ordinari
contemporaneamente denegavano la cognizione del medesimo fatto loro
deferito, dando luogo a quella situazione di stasi processuale, disciplinata
dall’art. 28 cod. proc. pen., la cui risoluzione è demandata a questa Corte.
Nel caso in esame, tanto il Tribunale di Forlì quanto il Tribunale di Napoli
denegavano la propria competenza a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio
formulata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Forlì il
16/04/2014 nei confronti di Guido Minerva e altri imputati.
Deve, in proposito, rilevarsi che costituisce espressione di un orientamento
giurisprudenziale consolidato quello secondo cui è in relazione al delitto
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conforme eccezione di incompetenza sollevata dai difensori di fiducia degli

associativo, che è un reato permanente e presuppone l’esistenza di una struttura
organizzativa idonea a realizzare gli obiettivi consortili perseguiti, che deve
ritenersi operante il criterio di cu all’art. 8 cod. proc. pen. Ne consegue che la
consumazione del reato inizia nel luogo in cui la struttura associativa diventa
operante (cfr. Sez. 6, n. 26010 del 23/04/2004, dep. 09/06/2004, Loccisano, Rv.
229972; Sez. 2, n. 26285 del 03/06/2009, dep. 24/06/2009, Del Regno, Rv.
244666).
In questo ambito, come correttamente evidenziato nella sentenza emessa

reato di cui al capo A) della rubrica, così come ricostruito nell’informativa di
reato di reato della Compagnia della Guardia di Finanza di Cesena del
12/02/2008, che è possibile desumere nel caso di specie la riconducibilità del
sodalizio criminoso facente a capo al Minerva e ai suoi collaboratori al territorio
di Napoli.
Si consideri, in proposito, che il Minerva risiedeva a Napoli ed era
proprietario e amministratore di fatto di alcune società commerciali avente sede
legale a Napoli e in altre sedi nazionali, tra cui Teramo, Ascoli Piceno, Salerno e
Novara. A Napoli, inoltre, era stata costituita la società CIBUS s.a.s., che
rappresentava cronologicamente la prima società del Minerva, iscritta nel
registro delle imprese 1’08/06/2001.
Inoltre, la sede amministrativa delle varie società riconducibili al Minerva era
rappresentata da un appartamento adibito a ufficio, sito a Napoli in via Cinthia,
isolato 27, Parco San Paolo, presso il quale era costituito un locale di
rappresentanza delle società estere facenti capo allo stesso imputato. Tale ufficio
veniva utilizzato dal Minerva come sede operativa dell’organizzazione criminale
contestata al capo A), com’è dimostrato dalla circostanza che era accessibile e
frequentato dai soli soggetti coinvolti nello svolgimento delle attività criminose o
comunque funzionali alla realizzazione degli obiettivi consortili.
Ne discende che tale luogo costituiva la sede in cui si realizzava sin
dall’inizio – e comunque in misura assolutamente prevalente – l’operatività della
struttura organizzativa in contestazione, costituendo il suddetto ufficio la base
operativa dove si svolgevano le attività di programmazione, ideazione e
direzione delle attività delittuose facenti al capo del Minerva, conformemente alla
giurisprudenza consolidata di questa Corte, in tema di /ocus commissi delicti dei
reati associativi, individuabile nel luogo in cui è iniziata e si è sviluppata
concretamente la permanenza dell’associazione criminale (cfr. Sez. 1, n. 6648
del 18/12/1995, dep. 02/02/1996, Confl. comp. G.I.P. Triibunale Lagonegro in
proc. Dilandro, Rv. 203609; Sez. 3, n. 35521 del 06/07/2007, dep. 25/09/2007,
P.M. in proc. Pizzolante e altri, Rv. 237397).
3

dal Tribunale di Forlì il 21/02/2014, è in relazione al luogo di consumazione del

Tenuto conto di tali incontroversi elementi, che radicano la competenza del
reato associativo di cui al capo A) della rubrica al Tribunale di Napoli, ogni altro
criterio processuale richiamato dal giudice remittente – riconducibile agli artt. 3,
9 e 16 cod. proc. pen. – risulta inapplicabile e in contrasto con le evidenze
processuali che si sono richiamate.

2. Per queste ragioni, sussiste il conflitto negativo di competenza dedotto, in
relazione al quale deve dichiararsi la competenza del Tribunale di Napoli, al quale

P.Q.M.

Dichiara la competenza del Tribunale di Napoli, cui dispone trasmettersi gli atti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 aprile 2015.

devono trasmettersi gli atti.

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