Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20905 del 28/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20905 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Piccinno Alberto, nato il 12/09/1970;

Avverso l’ordinanza n. 704/2014 emessa il 22/07/2014 dal Tribunale di
sorveglianza di Lecce;

Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Mario
Pinelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 28/04/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 22/07/2014 il Tribunale di sorveglianza di Lecce,
giudicando in sede di reclamo ex art. 69 bis Ord. Pen. del Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Lecce, che accoglieva, rigettava l’istanza di
liberazione anticipata di Alberto Piccino, precedentemente accolta dal Magistrato
di sorveglianza di Lecce, con ordinanza del 05/03/2014, in relazione ai semestri
compresi tra il 21/04/2010 e il 21/04/2013.

scontare la pena in relazione alla quale veniva formulata l’istanza proposta il
23/02/2009, in un periodo in cui era in corso di esecuzione un’altra pena
riguardante reati ostativi alla concessione del beneficio richiesto, con la
conseguente operatività della preclusione di cui all’art. 4, comma 1, della legge
21 febbraio 2014, n. 10.
Non poteva, inoltre, rilevare in senso favorevole al Piccinno la circostanza
che l’istanza era stata presentata nella vigenza del d.l. 23 dicembre 2013, n.
146, applicabile in senso favorevole al Piccinno, atteso che il Magistrato di
sorveglianza di Lecce aveva adottato l’ordinanza successivamente reclamata nel
vigore della legge n. 10 del 2014, il cui art. 4 era stato riformulato in senso
deteriore per la posizione dell’esecutato.

2. Avverso questa ordinanza ricorreva per cassazione la difesa di Alberto
Piccinno, eccependo, quale unico motivo, la violazione dell’art. 606, comma 1,
lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 2 cod. pen. e 4 del d.l. n. 146 del
2013.
Si deduceva, innanzitutto, che il Tribunale di sorveglianza di Lecce,
accogliendo il reclamo proposto dal Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Lecce avverso l’ordinanza emessa dal Magistrato di sorveglianza di
Lecce il 05/03/2014, aveva applicato retroattivamente l’art. 4 della legge n. 10
del 2014, in violazione dell’art. 2, comma 4, cod. pen., trattandosi di norma
penale sostanziale produttiva di effetti sfavorevoli per il condannato.
Si deduceva, inoltre, che, laddove si ritenesse che l’art. 4 del d.l. n. 146 del
2013 avesse natura processuale andava comunque applicata la norma in vigore
al momento della proposizione della domanda, atteso che, diversamente, in
presenza di un ritardo nella decisione non imputabile all’esecutato, questi
verrebbe comunque pregiudicato nelle sue legittime aspettative per fatti che
fuoriescono dalla sua sfera di controllo.
Queste ragioni imponevano l’accoglimento del ricorso.

Tale rigetto si fondava sul presupposto che il Piccinno aveva iniziato a

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Deve, in proposito, rilevarsi che il Tribunale di sorveglianza di Lecce,
nell’accogliere il reclamo proposto, non è incorso nella violazione di legge
denunciata dal ricorrente, avendo correttamente fondato tale rigetto sul
combinato disposto degli artt. 4 del d.l. n. 146 del 2013 e 4 bis Ord. Pen., in
conseguenza del quale doveva escludersi la concessione del beneficio richiesto,

semestri in valutazione egli era in espiazione della pena riferita ai reati c.d.
ostativi (rapine aggravate), con la conseguente operatività della preclusione
contenuta nel comma 1 dell’art. 4 della legge n. 10/14».
In tale ambito, allo scopo di inquadrare sistematicamente le doglianze del
Piccinno, occorre osservare che l’originaria previsione dell’art. 4 del d.l. 146 del
2013 era stata modificata in sede di conversione legislativa, con la soppressione
del suo quarto comma e l’esclusione dal beneficio della liberazione anticipata
speciale dei soggetti condannati per i reati di cui all’art. 4 bis Ord. Pen.
Per effetto di tale modifica, intervenuta in sede di conversione legislativa del
d.l. n. 146 del 2013, nel caso di specie, ci si doveva conformare all’orientamento
giurisprudenziale consolidato secondo cui: «In caso di successione di disposizioni
diverse concernenti misure alternative alla detenzione, che non attengono né alla
cognizione del reato, né all’irrogazione della pena, ma alle modalità esecutive di
questa, non operano le regole dettate dall’art. 2 cod. pen., né il principio
costituzionale di irretroattività delle disposizioni “in peius”, ma quelle vigenti al
momento della loro applicazione» (cfr. Sez. 1, n. 33890 del 26/06/2009, dep.
03/09/2009, Miglioranza, Rv. 244831).
Ne discende che l’inserimento del riferimento ai reati di cui all’art. 4 bis Ord.
Pen. nella formulazione definitiva dell’art. 4 del d.l. n. 146 del 2013,
conseguente alla sua conversione con modifiche da parte della legge n. 10 del
2014, tenuto conto della soppressione del comma 4 della stessa disposizione che disciplinava le condizioni per l’accesso al beneficio in esame da parte dei
condannati – non può che implicare la mancata conversione dello stesso decreto,
nella parte in cui era originariamente previsto tale beneficio. La mancata
conversione, dunque, comporta l’inefficacia ex tunc degli effetti della norma
dell’art. 4 del d.l. n. 146 del 2013 nella sua originaria formulazione, alla luce del
disposto dell’art. 77 Cost.
Non contenendo, inoltre, la legge di conversione una disciplina transitoria,
correttamente il Tribunale di sorveglianza di Lecce modificava l’ordinanza
reclamata, facendo applicazione del principio tempus regit actum, essendo stata
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come argomentato nelle pagine 1 e 2 dell’ordinanza impugnata, atteso che «nei

l’istanza presentata sotto la vigenza del decreto legge, ma definita allorché le
disposizioni contenute in tali fonti normative erano divenute inefficaci. Una tale
soluzione interpretativa si imponeva anche alla luce della giurisprudenza di
questa Corte che ha definito i confini del principio del tempus regit actum, con
riferimento alla materia esecutiva, che impone l’applicazione della nuova
formulazione dell’art. 4 del d.l. n. 146 del 2013 (cfr. Sez. 1, n. 20974 del
16/12/2014, dep. 14/01/2015, Metodiev, non mass.).
Sul punto, il Tribunale di sorveglianza di Lecce rendeva una motivazione

alla concessione del beneficio la circostanza che la relativa richiesta era stata
presentata nella vigenza del D.L. 146/13 e dunque prima della sua conversione
nella citata legge n. 10/14, posto che la decisione del M.d.S. è intervenuta sotto
il vigore di quest’ultima e, vertendo, su una fattispecie ritenuta processuale e
non sostanziale, doveva conformarsi integralmente a essa».
Occorre, pertanto, ribadire la correttezza del provvedimento impugnato
sotto il profilo della qualificazione giuridica dell’art. 4 della legge n. 10 del 2014
che, non afferendo ai profili della cognizione dei reati giudicati nei sottostanti
giudizi di merito e dell’irrogazione della pena, ma alle modalità esecutive della
sanzione penale applicata al Piccinno, non può ritenersi norma di diritto penale
sostanziale, con la conseguenza di non consentire l’applicazione del principio di
irretroattività delle norme penali sfavorevoli previsto dall’art. 2, comma 4, cod.
pen. Tale disposizione normativa, dunque, è stata correttamente applicata dal
tribunale di sorveglianza, secondo la legge vigente al momento della sua
applicazione, in ossequio al principio

tempus regit actum,

sul cui rilievo

sistematico questa Corte si è già soffermata (cfr. Sez. 1, n. 20974 del
16/12/2014, dep. 14/01/2015, Metodiev, cit.).

3. Ne discende conclusivamente il rigetto del ricorso proposto nell’interesse
di Alberto Piccinno, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 aprile 2015.

immune da censure, rilevando a pagina 2: «Né può valere in senso favorevole

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