Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20903 del 05/05/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20903 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
STELLA PEPPINO N. IL 11/02/1961
CATALDO ALESSANDRO N. IL 23/07/1977
RICCO ALESSIO N. IL 08/10/1984
avverso l’ordinanza n. 21/2016 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 19/02/2016
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;

Data Udienza: 05/05/2017

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con ordinanza emessa in data 19 febbraio 2016 la Corte di Appello di Catanzaro ha
respinto la domanda proposta da Stella Peppino, Cataldo Alessandro e Ricco Alessio, tesa
ad ottenere l’annullamento di ordine di esecuzione.
In concreto, la Corte di Appello evidenzia che l’ordine di esecuzione non può dirsi

relazione alla contrstazione del reato di cui all’art. 74 dPR n.309 del 1990.

2.

Avverso detta ordinanza

hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo del

difensore, Stella Peppino, Cataldo Alessandro e Ricco Alessio , deducendo erronea
applicazione di legge e vizio di motivazione. I ricorrenti sostengono che la pena indicata
nell’ordine di esecuzione (anni 7 e mesi 4) non sarebbe quella indicata nel dispositivo
della sentenza, pur non contestandosi il fatto che il capo relativo alla condanna per il
delitto di cui all’art. 74 dPR 309/1990 sia effettivamente irrevocabile. Vi sarebbe stata,
dunque, applicazione in malam partem dell’istituto della continuazione.

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi addotti.
Ed invero, va premesso che il principio di diritto applicato dal giudice dell’esecuzione è da
ritenersi corretto. Va infatti ribadito che il principio secondo cui la sentenza di condanna per la parte divenuta irrevocabile – deve essere posta in esecuzione anche in caso di
rinvio parziale disposto dalla Corte di cassazione per ipotesi di reato in continuazione con
la prima, ricollegabile alla regola della formazione progressiva del giudicato, trova
applicazione solo se è stata determinata la pena minima che il condannato deve
comunque espiare (Sez. I n. 32477 del 19.6.2013, rv 257003).
Nel caso in esame non vi è contestazione circa la irrevocabilità della condanna (posta in
esecuzione) per il reato di cui all’art.74 dPR n.309/1990 e non vi è dubbio alcuno circa la
maggior gravità di tale contestazione rispetto alle altre. Ne deriva che la regola della
‘identificazione certa’ della pena da porre in esecuzione è rispettata, posto che la
condanna relativa al delitto in questione è stata, per tutti i ricorrenti, quantificata in anni
undici di reclusione, ridotti per il rito ad anni sette e mesi quattro.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro duemila per ciascuno, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..

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illegittimo, atteso che si fonda sul giudicato parziale relativo alla pena base stabilita in

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese

ammende.
Così deciso in data 5 maggio 2017

processuali e al versamento di euro 2.000,00 ciascuno a favore della cassa delle

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