Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2087 del 16/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2087 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:

Mantovani Sergio, nato ad Adriail 29.8.76
Soncin Gianluca, nato a Biella il 13.3.73
imputati artt. 416 c.p. ed 8 d.lgs 74/00
avverso la sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Termini Imerese del 22.4.11

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Letta la richiesta del P.G. che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
osserva

Con il provvedimento impugnato, ai ricorrenti è stata applicata la pena di anni 2 mesi
10 di reclusione (mantovani) e di anni 2 e mesi 8 di reclusione (Sonon) in ordine ai reati di cui
agli artt. 416 c.p. ed 8 d.lgs 74/00.
Le presenti impugnazioni censurano (Mantovani) il fatto che la decisione in esame riguardi
il medesimo tipo di reati giudicati con altra sentenza di patteggiamento dal G.u.p. di Rovigo e
(sonon) che il giudice non abbia pronunciato sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.
I ricorsi sono manifestamente infondati e, quindi, inammissibili.
Quello di Mantovani si segnala per la sua genericità. Non si comprende, peraltro, a cosa
tenda la evidenziazione della similitudine tra i reati ben potendo darsi il caso che una persona
sia giudicata più volte per reati dello stesso tipo da autorità diverse. Ove, poi, la segnalazione

Data Udienza: 16/11/2012

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e, ciascuno al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di
1500 C.
P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e,
ciascuno, al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1500 C.

Così deciso in Roma nell’udienza del 16 novembre 2012

Il Presi ente

intendesse evidenziare – in ipotesi – una sorta di “bis in idem” sarebbe stato necessario
specificarlo meglio ed allegare la opportuna documentazione.
Quanto al ricorso di Soncin, a prescindere dalla sua genericità e sostanziale assertività
(ragioni di per sé sole sufficienti a giustificare la presente pronunzia) va, poi, rammentato che l’accordo
sulla pena “esonera il giudice dall’obbligo di motivazione sui punti non controversi della
decisione” ( da ult., Sez. II, 12.10.05, P.M. in proc. Scafidi, Rv. 232844). Conseguentemente, anche una
valutazione sintetica del fatto, operata in sentenza, deve considerarsi più che sufficiente a
giustificare la ratifica dell’accordo raggiunto dalle parti. Ed infatti, per giurisprudenza costante
di questa S.C. (risalente nel tempo, Sez. III 18.6.99, Bonacchi, Rv. 215071 – e ribadita anche di recente – sei. I 10.1.07,
Brendolln, R. 236622), la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti
(escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.) può
essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se,
dal testo della sentenza impugnata, appaia evidente la sussistenza di una causa di non
punibilità ex art. 129. Diversamente, (sez. V 15.4.99, Barba, Rv. 213633) non è necessario che il giudice
dia conto, nella motivazione, della esclusione di tale causa, “essendo sufficiente anche una
implicita motivazione” a riguardo. Ciò è – esattamente – quanto avvenuto nella specie ove il
G.u.p. ha espressamente preso in considerazione la eventualità di un prosciogliemto ex art.
129 c.p.p. ma l’ha esclusa perché«non si ravvisano, dall’esame delle risultanze istruttorie
elementi negatori della responsabilità di mantovani e di Soncin in ordine alle condotte illecite
per cui è processo».

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