Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20859 del 11/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20859 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANETTI VITTORIO N. IL 10/06/1966
avverso l’ordinanza n. 915/2014 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
25/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
tetre/sentite le conclusioni del PG Dott. O4mide9ch
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Data Udienza: 11/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 25.9.2014 il Tribunale di Bologna, pronunciando nei
confronti di CANE i i i VITTORIO, rigettava l’appello avverso l’ordinanza emessa
dalla Corte di Appello di Bologna, in data 20.8.2014, con la quale, ai sensi degli
artt. 276 e 299 co. 4 cod. proc. pen., veniva aggravata la misura dell’obbligo di
dimora nel Comune di Langhirano in corso con la misura custodiale carceraria,
con condanna al pagamento delle spese processuali.
Canetti Vittorio era stato condannato in primo grado, all’esito di giudizio

hashish) e 337 cod. pen., alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione, oltre alla
multa con sentenza confermata in appello 1’8.2.2014.
Quanto al trattamento cautelare, la custodia in carcere veniva sostituita in
data 5.7.2013 con gli arresti domiciliari, dapprima presso una comunità terapeutica e successivamente presso l’abitazione familiare, fino al 20.5.2014 data in cui
il Tribunale della libertà in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen. sostituiva
la misura con quella dell’obbligo di dimora nel territorio del Comune di Langhìrano, con divieto di allontanamento notturno dall’abitazione.
In data 16.8.2014, Canetti Vittorio era, però, sorpreso nel territorio del
Comune di Parma e denunciato per violazione dell’art. 73 DPR 309/90 e dell’art.
337 cod. pen. La Corte di Appello di Bologna, su richiesta del locale PG, con ordinanza emessa il 20.8.2014 disponeva perciò la sostituzione dell’obbligo di dimora
con la custodia cautelare in carcere.

2. Ricorre CANETTI VITTORIO, personalmente, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
Il ricorrente premette che l’aggravamento sarebbe stato disposto in data
20.8.2014, dalla Corte di Appello Bologna, a seguito di denuncia in stato di libertà, per detenzione a fini di spaccio, perché trovato in possesso di gr. 15 di eroina.
Lo stesso ricorrente sarebbe un assuntore abituale di stupefacenti, pertanto si sarebbe trattato di una ricaduta nell’uso della sostanza.
Del resto i Carabinieri intervenuti avrebbero sequestrato solo lo stupefacente rinvenuto senza dare corso a perquisizioni o sequestri di altro, come telefoni o danaro.
Lamenta, poi, il ricorrente di non essere stato sottoposto ad alcun interrogatorio, dal giorno del fermo a quello di proposizione del ricorso.
L’ordinanza della Corte di Appello sarebbe frettolosa ed emessa senza alcuna verifica.
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abbreviato, per i reati di cui agli artt. 73 DPR 309/90 (detenzione di gr. 560 di

Sarebbe stato contestato l’allontanamento dal comune di dimora, ma non
si evidenzierebbe come fosse legittima la sottoposizione anche a misura di prevenzione della sorveglianza semplice.
Il ricorrente sarebbe stato sottoposto contemporaneamente ad una misura cautelare coercitiva e ad una misura di prevenzione quale la sorveglianza speciale. Rileva che mentre per la prima sussisterebbe l’obbligo di non allontanarsi,
per la seconda potrebbe allontanarsi entro la Provincia.
Rileva, inoltre, di avere avvisato, telefonicamente, l’Ufficio anticrimine

incostituzionalità della Consulta, la condanna complessiva subita dal ricorrente
corrispondente al minimo della sanzione edittale, corrisponderebbe oggi al massimo della stessa.
In ultimo se si valuta la custodia fino ad oggi sofferta, si deduce che la
pena residua sarebbe veramente esigua.
Sottolinea come il perdurare della custodia cautelare di massimo rigore,
renderebbe vano il periodo trascorso dall’imputato nella comunità terapeutica.

Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza, con revoca della misura
cautelare in corso, con sospensione provvisoria per illegittimità o con remissione
in libertà, o con l’obbligo di presentazione all’autorità Giudiziaria locale o in subordine con gli arresti donniciliari presso l’abitazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi sopra illustrati appaiono tutti manifestamente infondati e pertanto il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.

2. Al di là dei numerosi ed inconferenti temi trattati in ricorso (l’entità della pena inflitta in primo grado, la scelta per il singolo episodio successivo di non
richiedere altra ed autonoma misura da scontare, il residuo pena, la contemporanea presenza a carico del Canetti di una misura di prevenzione etc. ) questa
Corte di legittimità è chiamata a verificare la sussistenza di vizi di legittimità che peraltro nemmeno si identificano- nell’impugnata ordinanza, con cui il tribunale bolognese ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza con cui la Corte di Appello di Bologna, giudice procedente in secondo grado, aveva aggravato la misura dell’obbligo di dimora nel Comune di Langhirano con quella del carcere.
Orbene, il provvedimento impugnato non appare viziato né in punto di
violazione di legge e nemmeno presentare vizi motivazionali.
L’odierno ricorrente aveva sottoposto al tribunale le medesime doglianze
odierne e il giudice del gravame della cautela gli ha risposto coerentemente, evi-

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della Questura che si sarebbe recato a Parma e che, a seguito della pronuncia di

denziando che: a) la difesa riconosce sia l’esistenza della trasgressione, da parte
del Canetti, delle prescrizioni sottese all’obbligo di dimora, sia il suo accertato
possesso in tale occasione di 15 grammi di eroina; trascurando, ma nulla controbattendo, in merito all’ulteriore reato di resistenza a pubblico ufficiale per il quale
l’imputato risulta essere stato nella medesima occasione denunciato a piede libero; b) circa la dedotta ricaduta nella tossicodipendenza e il fatto che si trattasse
di una scorta a livello personale, il fatto che i 15 grammi di eroina costituissero
una “scorta” destinata solo ad uso personale è tesi che allo stato non trova nes-

co; c) il fatto che la nuova segnalazione, concernendo reati perfettamente identici a quelli per i quali era sottoposto a misura cautelare (detenzione di sostanze
stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale) sia stata congruamente ritenuta
dalla Corte di Appello sintomatica non solo di carenza di autodisciplina con riferimento alla misura coercitiva ali’ epoca in corso ma anche di una pericolosità
sociale aggravatasi ai sensi dell’ art. 299 co. 4 cod. proc. pen. ed allo stato idoneamente contenibile solo tramite il presidio carcerario, l’unico idoneo a prevenire la recidiva a prescindere da capacità di autocontrollo che il Canetti, tra l’altro
gravato da moltissimi precedenti penali anche specifici, nell’ occasione ha ampiamente dimostrato di non possedere.

3. Con motivazione logica il tribunale emiliano ha anche confutato il rilievo già proposto attinente al favorevole mutamento normativo nelle more intercorso ed al preconizzato, minimo periodo espiativo che residuerà al Canettí all’esito della riquantificazione della pena dopo la sentenza della Corte Costituzionale
32/2014, evidenziando come, tenuto conto del fatto che si procede per la detenzione illecita di gr. 560 di hashish e per resistenza e che l’imputato è gravato da
seri e plurimi precedenti penali, la pena in futuro quantificata non si assesterà
verosimilmente sui minimi edittali, residuando una consistente frazione espiativa
anche all’esito della detrazione di un presofferto custodiale ammontante a circa 1
anno e 4 mesi.
In ultimo, correttamente il Tribunale di Bologna evidenzia come non sussistano ostacoli – ne’ peraltro sono stati rilevati dalla difesa – all’applicazione della misura carceraria nel caso in esame, trattandosi di fattispecie normative sanzionate con la pena della reclusione fino a 6 anni (art. 73 DPR 309/90) e fino a 5
anni (art. 337 cod. pen.) e vertendosi qui nell’ipotesi di cui alli art. 280 co. 3 cod.
proc. pen. che costituisce specifica eccezione al generale divieto di applicabilità
della misura custodiale carceraria ove possa prevedersi che, all’ esito del giudizio, la pena detentiva non sarà superiore a tre anni; divieto contenuto nel testo

sun serio riscontro in atti, specie in assenza di qualsivoglia accertamento tecni-

attualmente vigente dell’ art. 275 cod. proc. pen come modificato dalla legge n.
117/2014 di conversione del DL 92/2014

4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa
al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente a norma dell’art. 94 comma 1
ter Disp. Att. cpp.
Così deciso in Roma 1 1 11 marzo 2015
Il

nsigliere estensore

Il Presidente

sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo

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