Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20856 del 01/10/2014


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Penale Ord. Sez. 3 Num. 20856 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ACETO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da
Millucci Paolo, nato a Perugia il 30/03/1961

avverso la sentenza del 17/04/2013 della Corte di Cassazione, IV Sezione
penale;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 sig. Paolo Millucci propone ricorso straordinario, ex art. 625-bis, cod.
proc. pen., per la correzione materiale della sentenza di cui in epigrafe con cui
questa Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza del
09/03/2012 della Corte di appello di Perugia che, in parziale riforma della
condanna inflitta di primo grado per il reato di cui all’art. 589, commi 1, 2 e 3,
cod. pen., aveva ridotto la pena ad un anno e otto mesi di reclusione, aveva
concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena e confermato nel
resto la sentenza.

Data Udienza: 01/10/2014

2.1 fatti risalgono al 03/09/2005, data del decesso dei primi due lavoratori, e
al 31/03/2006, data del decesso del terzo.

3.Prennette, in diritto, che il reato di omicidio colposo plurimo non è
configurabile come reato unico ma come concorso formale di più reati, unificati
soltanto “quoad poenann”, sicché il termine di prescrizione va computato con
riferimento a ciascun evento di morte o di lesioni, dal momento in cui ciascuno di
essi si è verificato.

al decesso dei primi due lavoratori era estinto per prescrizione e che, avendo
questa Corte ritenuto ammissibile il ricorso, la maturazione del relativo termine
era evidentemente sfuggita per un errore di fatto o comunque una svista.
3.2.Deduce, a tal fine, che all’epoca dei fatti la pena massima edittale
prevista per il reato di cui all’art. 589, comma 2, era pari a cinque anni di
reclusione e che in applicazione degli artt. 157, comma 1, e 161, comma 2, cod.
pen., come sostituiti dall’art. 6, legge 5 dicembre 2005, n. 251, il termine
massimo di prescrizione (pari a 6 anni più un quarto, per un totale di 7 anni e 6
mesi) era maturato dopo la sentenza della corte di appello e prima dell’udienza
di discussione del ricorso per cassazione.

4.0sserva il Collegio che, a norma dell’art. 157, comma 6, cod. pen., così
come sin dall’inizio modificato dall’art. 6, legge n. 251 del 2005, cit., i termini di
prescrizione sono stati raddoppiati per il reato di omicidio colposo commesso con
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, aggravato ai
sensi dell’art. 589, comma 2, cod. pen..
4.1.Ne consegue che la prescrizione matura, per questi reati, dieci anni dopo
l’evento, cui si aggiungono due anni e sei mesi in caso di interruzione del suo
corso.
4.2.Alla data della pronuncia, pertanto, la prescrizione non era ancora
maturata, non essendo decorsi dieci anni dal 03/09/2005.
4.3.A non diverse conclusioni, peraltro, si giungerebbe facendo il confronto
con le norme vigenti al momento dei primi due decessi e precedenti le modifiche
introdotte con la citata legge n. 251 del 2005.
4.4.1 giudici di merito, infatti, hanno concesso all’imputato le circostanze
attenuanti generiche giudicandole equivalenti alla contestata aggravante.
4.5.Applicando i criteri di computo del termine della prescrizione previsti dal
combinato disposto di cui agli artt. 69, comma 3, e 157, comma 3, cod. pen.
(nella previgente versione), occorre prendere come riferimento la pena di cinque
anni di reclusione prevista dall’art. 589, comma 1, cod. pen..

2

3.1.Eccepisce, di conseguenza, che alla data del 03/03/2013 il reato relativo

4.6.11 previgente art. 157, comma 1, n. 3), cod. pen., prevedeva, per i reati
puniti con pena della reclusione non inferiore a cinque anni, il termine della
prescrizione di dieci anni, termine che poteva essere aumentato fino alla metà in
caso di eventi interruttivi del suo corso.
4.7.Dunque, anche in applicazione della previgente disciplina, la prescrizione
non era maturata alla data della sentenza di cui in epigrafe.

5.11 ricorso è pertanto manifestamente infondato.

essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n.
186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma
in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei
motivi dedotti, nella misura di C 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 01/10/2014

5.1. Ne consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che

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