Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20847 del 26/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20847 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D’AMBROGIO ALESSANDRO nato il 13/07/1974 a PALERMO

avverso l’ordinanza del 15/02/2018 del TRIBUNALE DI PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere EMILIA ANNA GIORDANO;
sentite le conclusioni del PG SIMONE PERELLI che conclude per l’inammissibilità
del ricorso.
udito il difensore, avvocato ARICO I GIOVANNI del foro di ROMA, che conclude
insistendo nella richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata.

Data Udienza: 26/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale di Palermo, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha dichiarato
inammissibile l’appello proposto in data 21 gennaio 2018 dal difensore di fiducia
di Alessandro D’Ambrogio avvero l’ordinanza con la quale la Corte di appello di
Palermo ne aveva respinto l’istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini
di custodia cautelare. I giudici palermitani, dato atto che con precedente
ordinanza del 5 febbraio 2018 era stato dichiarato inammissibile, per mancanza

dall’imputato avverso la medesima ordinanza, hanno ritenuto che a seguito della
intervenuta decisione sull’ appello personale si fosse consumato il diritto di
impugnazione della parte e che ragioni di economica processuale, speditezza
della decisione e non contraddittorietà dei giudicati escludono che possa
ravvisarsi in capo alle parti il diritto alla duplicazioni delle decisioni, in presenza
di principio opposto, pacificamente operante in materia. Del resto il precedente
appello personale era stato dichiarato inammissibile per mancanza dei motivi
specifici e contestuali con la conseguenza che ammettere l’impugnabilità
dell’atto, da parte del difensore, avrebbe comportato sconfessare non solo il
principio della unicità dell’impugnazione ma anche quello della specificità e
contestualità dei motivi di impugnazione.

2. Il ricorrente, con motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp.
att. cod. proc. pen., denuncia la illegittimità della decisione, per violazione degli
artt. 127, 310, 568, 586 e 590 cod. proc. pen.. Assume che l’ordinanza di
inammissibilità dell’appello personale dell’imputato era intervenuta dopo la
presentazione di rituale e tempestivo appello proposto dal difensore; che
l’udienza di trattazione dell’appello personale dell’imputato era stata fissata
prima della scadenza del termine per impugnare previsto in favore del difensore,
quindi, in violazione della disposizione di cui all’art. 586, comma 3, cod. proc.
pen., secondo la quale quando la decorrenza del termine per impugnare è
diversa per l’imputato e per il suo difensore opera per entrambi il termine che
scade per ultimo e che il giudice della cautela avrebbe dovuto procedere alla
unitaria trattazione delle impugnazioni. Tale illegittimità ridonda sulla decisione,
travolgendola, poiché la consumazione del potere di impugnazione, per effetto
della decisione, non può estendersi ad un atto tempestivamente proposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1

dei motivi, l’appello proposto in data 12 gennaio 2018 personalmente

2. Le argomentazioni sviluppate dai giudici della cautela ai fini della
dichiarazione di inammissibilità dell’appello sono ineccepibili ed in linea con la
giurisprudenza di legittimità e con le rationes

che sottostanno al principio

della unicità dell’impugnazione ed alla previsione di cui all’art. 310, comma 1,
cod. proc. pen. che, in materia di appello cautelare, prevede l’obbligo di
contestuale enunciazione dei motivi di appello. Le stesse argomentazioni
poste a fondamento del ricorso, per vincere la cogenza dei richiamati principi,

all’emissione dell’ordinanza impugnata ma alla fissazione e trattazione
dell’appello proposto personalmente dall’imputato, cui ha fatto seguito la
decisione la dichiarazione di inammissibilità dell’appello perché privo di
motivi, per tale via introducendo un onere di verifica degli adempimenti
connessi alla notifica dell’ordinanza genetica oggetto del gravame cautelare
(la notifica al difensore o, comunque, all’altro soggetto processuale), onere
che prescinde dagli adempimenti ai quali il Collegio investito dall’appello
proposto dall’imputato era tenuto — e ben diversi da quelli del giudice del
merito in relazione alle sentenze che decidono in tema di responsabilità,
positivamente disciplinati – e che si pone in radicale contrasto con la celerità
che informa i procedimenti in materia de libertate.

3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte il principio dell’unicità del
diritto all’impugnazione fa sì che, una volta che l’impugnazione sia stata proposta
da uno qualsiasi dei soggetti legittimati, indagato o suo difensore, e sia
intervenuta una qualche decisione, il diritto si consuma, con la conseguenza che
ne è precluso l’ulteriore esercizio da parte dell’altro legittimato, dato che esso è
pur sempre funzionalmente diretto ad un risultato in favore dell’indagato e non
al conseguimento di un interesse pertinente al solo difensore (Sez. 2, n. 19835
del 19/04/2006, Barbaro, Rv. 234655).

4. Plasticamente dalla massima richiamata emergono i tratti caratterizzanti
del principio di unicità del diritto di impugnazione che appare strettamente
correlato al tema della legittimazione all’impugnazione ed al rapporto con il
divieto di bis in idem, aspetti, questi, che sono stati, in particolare, oggetto di
esame in una sentenza resa dalle Sezioni Unite di questa Corte che vale la pena
di richiamare sinteticamente in quanto la ricostruzione epistemologica, al di là
della specificità della questione che aveva costituito oggetto della decisione ( cfr.
Sez. U, n. 6026 del 31/01/2008, Huzuneanu, Rv. 238472), conserva tutta la sua
attualità. Si è, infatti, osservato che al di là del ruolo di maggiore pregnanza
2

evocano la illegittimità dell’iter procedimentale che ha condotto non già

assegnato al difensore quale soggetto del processo tanto da risultare legittimato,
jure proprio, all’impugnazione, l’impugnazione, come recita la rubrica dell’art.
571 cod. proc. pen., continua ad essere l’impugnazione dell’imputato tanto che è
solo quest’ultimo, nei modi previsti per la rinuncia, a poter togliere effetto alla
impugnazione proposta dal difensore (e non viceversa): ne consegue che è
l’imputato, e solo questi, a subire gli effetti della impugnazione, continuando ad
essere la parte del giudizio di impugnazione essendo unico destinatario e fruitore
del giudizio di impugnazione. Per altro aspetto, si è rilevato che è il sistema, nel

giudicato, del processo e della azione, (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, Donati
ed altro, Rv. 231800). E, nello scandagliare la portata da annettere al principio
del divieto di un secondo giudizio, sempre le Sezioni Unite, hanno avuto modo di
affermare che «le situazioni di litispendenza, non riconducibili nell’ambito dei
conflitti di competenza di cui all’art. 28 cod. proc. pen., devono essere risolte
dichiarando nel secondo processo, pur in mancanza di una sentenza
irrevocabile, l’impromuovibilità dell’azione penale in applicazione della
preclusione fondata sul principio generale del ne bis in idem, semprechè i due
processi abbiano ad oggetto il medesimo fatto attribuito alla stessa persona,
siano stati instaurati ad iniziativa dello stesso ufficio del pubblico ministero e
siano devoluti, anche se in fasi o in gradi diversi, alla cognizione di giudici della
stessa sede giudiziaria». Da tale norma di sistema non può che derivarne un
corrispondente effetto impeditivo anche sul versante della azione di
impugnazione, posto che la domanda di gravame, una volta espressa da uno dei
soggetti a ciò legittimati, naturalmente esaurisce (consumandolo, appunto) il
corrispondente potere in capo al soggetto che ne è il portatore sostanziale e che,
per costruire un diverso tipo di effetti sul piano processuale, occorrerebbe
postulare che il difensore eserciti un differente potere di impugnazione rispetto a
quello attribuito all’imputato, o riconoscere ai due soggetti mezzi impugnatori
diversi, evidentemente alternativi fra loro. Ritiene, infine, il Collegio che le
conclusioni alle quali la decisione ora illustrata è pervenuta non sono inficiate,
per quanto di interesse in questa sede, dalla disciplina del sistema di
impugnazione riconosciuto all’imputato contumace e ignaro del processo,
trattandosi, per come affermato dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza
n. 317 del 2009, di una misura ripristinatoria il cui statuto esula, dunque, dalla
definizione e portata dell’impugnazione, anche di merito.

5.1 motivi di ricorso non si confrontano affatto con tale quadro di
riferimento, viceversa posto a fondamento della decisione, evocando, come
accennato, inesistenti vizi processuali nella fissazione dell’appello proposto
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suo complesso, a prevenire e reprimere qualsiasi forma di duplicazione del

dall’imputato, che avrebbe dovuto, in ipotesi, essere fissato solo una volta
scaduti i termini per la eventuale presentazione dell’appello del difensore, o,
comunque, avrebbe dovuto subire un ritardo nella trattazione per procedere alla
riunione con l’appello nel frattempo proposto dal difensore che, comunque,
avrebbe dovuto essere deciso nel merito perché proposto prima che si verificasse
la causa di consumazione, obliterando che, in presenza di impugnazione
omogenea proposta nell’interesse di un’unica parte processuale, la decisione non
può essere reiterata operando il principio di preclusione ed il divieto di bis in

6. Consegue alla declaratoria di inammissibilità la condanna al pagamento
delle spese processuali e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., della sanzione
pecuniaria nella misura indicata in dispositivo, non ravvisandosi assenza di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del
13.6.2000). La Cancelleria darà gli avvisi di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen..

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 26 aprile 2018

Il Consigliere elatore

Il Presidente

Emilia Anna i

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idem.

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