Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20846 del 26/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20846 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: COSTANTINI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GUTTADAURO CARLO nato il 29/03/1956 a BAGHERIA

avverso l’ordinanza del 27/02/2018 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere Antonio Costantini;
sentite le conclusioni del PM in persona del Sostituto Procuratore generale
Simone Perelli che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Udito l’avvocato Cardinale Celestino del foro di Marsala, difensore di Guttadauro
Carlo, che ha concluso insistendo nell’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Guttadauro ricorre avverso l’ordinanza emessa ex art. 310 cod. proc. pen.
dal Tribunale di Palermo che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in quanto
è stata ritenuta originariamente inammissibile l’istanza di sostituzione della
custodia in carcere (in relazione ai reati di cui agli artt. 416 bis, 629 cod. pen. e
7 d.I 152/91) con quella degli arresti domiciliari per incompatibilità con il regime
carcerario, in quanto reiterativa di istanza per la quale, al momento della

Data Udienza: 26/04/2018

proposizione, era pendente appello dinanzi al Tribunale del riesame in ordine al
rigetto di quella di identico oggetto precedentemente presentata.

2. Il ricorrente deduce i motivi di cui appreso.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 36, comma 1, lett. h) cod. proc.
pen. e 111 Cost. «per ritenuta non riconoscibilità della qualità di giudice terzo ed
imparziale al Tribunale del riesame che ha emesso il provvedimento impugnato.
Si osserva che con ordinanza «endoprocedimentale» del Tribunale in data 22

astensione di un componente del collegio che aveva partecipato ad altra
decisione definita con ordinanza di rigetto, ciò sulla base della non ritenuta
identità tra i due procedimenti che, quindi, non hanno consentito di ritenere
incompatibile la presenza in collegio dello stesso giudice.
Tenuto conto che la decisione impugnata ha ritenuto che l’inammissibilità
consegue a causa dell’identico contenuto del ricorso rispetto a quello precedente,
si richiede l’annullamento del provvedimento viziato dalla presenza del giudice
che ha partecipato a due decisioni con identico oggetto.
2.2. Violazione dell’art. 125, comma 3 e 310 cod. proc. pen.
Il Tribunale ha errato nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso per
litispendenza rispetto a precedente appello cautelare in quanto, in primo luogo la
precedente decisione era fondata su uno stato degli atti diverso anche alla luce
della nuova perizia disposta sulle condizioni di salute del Guttadauro da parte
della Corte d’Assise d’appello di Palermo, ma altresì perché, alla data della
decisione impugnata corrispondente a quella del 27 febbraio 2018, risultava
terminata la fase cautelare con decisione di questa Corte in data 22 febbraio
2018.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile poiché manifestamente
infondato oltre che generico.

2. Il primo motivo, che prospetta l’incompatibilità di un membro del collegio,
si caratterizza per la sua perplessità anche perché fondato su assunti non
evincibili in alcun modo dal provvedimento che si impugna, essendo i rilievi
eccentrici rispetto alla decisione del Tribunale del riesame di Palermo che ha
fondato l’inammissibilità sulla litispendenza, a cagione dell’identità di contenuto,
al momento della proposizione della nuova istanza formulata alla Corte d’Assise
d’appello di Palermo.

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febbraio 2018 è stato dichiarato il non luogo a provvedere in ordine all’istanza di

Deve, inoltre, rilevarsi come, per giurisprudenza costante di questa Corte,
l’eventuale esistenza di una causa d’incompatibilità, non incidendo sulla capacità
del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato, ma costituisce
esclusivamente motivo di astensione e ricusazione da far valutare
tempestivamente con la procedura prevista dall’art. 37 cod. proc. pen. (Sez. 6,
n. 18707 del 09/02/2016, Balducci e altri, Rv. 266990).
Occorre, comunque, rilevare che quanto affermato dal ricorrente circa
l’asserita assenza di identità tra i due provvedimenti del riesame che

riscontro in quanto quello che nel ricorso viene impropriamente definito quale
«ordinanza endoprocedimentale» altro non è che un provvedimento emesso dal
Presidente facente funzioni di “non luogo a provvedere” in ordine ad una
richiesta di astensione formulata con posta elettronica priva di firma seppure
inviata a mezzo PEC da parte della difesa, in quanto tale irricevibile, non essendo
estesa al giudizio penale la facoltà di deposito telematico di atti, quali tra l’altro
le istanze di ricusazione le cui rigorose formalità previste dall’art. 38, comma 3 e
4, cod. proc. pen. non possono essere pretermesse, prevista per il giudizio civile
di legittimità ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, convertito con modifiche in legge
n. 221 del 2012 (quanto all’invio di memorie: Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016,
Cacciatore, Rv. 268192, quanto all’invio a mezzo posta: Sez. 2, n. 3043 del
12/01/2017, Gatto, Rv. 269116).

3. Egualmente manifestamente infondato è il secondo motivo con il quale si
asserisce l’assenza della litispendenza secondo una ricostruzione della fase
cautelare affatto corrispondente a quella ricostruita dal Tribunale.
Deve preliminarmente evidenziarsi, ribadendosi i principi di questa Corte a
cui ci si conforma, che le ordinanze in materia cautelare, quando siano esaurite
le impugnazioni previste dalla legge, hanno efficacia preclusiva
“endoprocessuale” riguardo alle questioni esplicitamente o implicitamente
dedotte, con la conseguenza che una stessa questione, di fatto o di diritto, una
volta decisa, non può essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi
da quelli già presi in esame (Sez. U, Sentenza n. 14535 del 19/12/2006, dep.
2007, Librato, Rv. 235908).
Da tanto consegue l’inammissibilità della richiesta di revoca della misura
cautelare il cui provvedimento applicativo sia stato già confermato dall’ordinanza
di riesame impugnata con ricorso per cassazione non ancora preso in esame in
assenza di nuovi elementi, per la preclusione derivante dalla situazione di
litispendenza che prescinde dalla formazione del cosiddetto giudicato cautelare
(Sez. 1, n. 20297 del 13/05/2010, De Simone, Rv. 247659).

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emergerebbe dalla lettura della ordinanza di non luogo a provvedere, è privo di

Il Tribunale di Palermo ha fatto buon governo di detti principi di diritto,
rilevando come già al momento della proposizione dell’istanza di revoca
presentata alla Corte d’Assise d’appello di Palermo, la stessa doveva essere
dichiarata inammissibile in quanto, all’epoca, ancora pendente il ricorso in sede
di riesame presentato il giorno precedente rispetto alla nuova istanza.
Il data 20 febbraio 2018 il ricorrente, infatti, aveva presentato appello ex
art. 310 cod. proc. pen. impugnando la decisione di rigetto dell’istanza di
sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari per

febbraio 2018 veniva presentata altra istanza alla Corte d’Assise d’appello tesa
sempre a richiedere analoga sostituzione fondata sulla incompatibilità con il
regime carcerario per motivi di salute.
Il Tribunale ha rilevato come inconferente fosse il riferimento ad altra perizia
disposta nel frattempo essendo la stessa, oltre che sovrapponibile nelle
conclusioni a quella già valutata nella precedente impugnazione cautelare con
esito negativo per il ricorrente, disposta proprio dalla Corte d’Assise d’appello
nonostante la sua inammissibilità che, non solo non viene meno per non essere
stata rilevata in quella sede ma, a mente di quanto disposto dall’art. 591,
comma 4, cod. proc. pen. è rilevabile in ogni stato del procedimento e,
conseguentemente, anche nell’ambito della procedura cautelare ex art. 310 cod.
proc. pen.
Egualmente irrilevante per quanto sopra detto circa il momento in cui deve
essere rilevata l’inammissibilità è la circostanza secondo cui al momento della
decisione del Tribunale che aveva dichiarato in data 27 febbraio la
inammissibilità del ricorso, fosse stato già deciso (da questa Sezione in data 22
febbraio 2018) e quindi definito il procedimento cautelare, dovendosi avere
riguardo al momento della proposizione dell’istanza.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima adeguata, di
euro duemila in favore della cassa delle ammende, secondo quanto previsto
dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.

5. L’attuale stato cautelare cui è sottoposto il ricorrente impone, ai sensi
dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., la trasmissione del presente
provvedimento a cura della cancelleria al direttore dell’istituto penitenziario per
gli adempimenti di cui al comma 1-bis dell’art. cit..

4

incompatibilità con il regime carcerario per motivi di salute, mentre in data 21

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Antonio Costantini

Vi cenzo Ro ndo

u–

1,11/1,,D

Così deciso il 13/03/2018.

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