Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20830 del 17/04/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20830 Anno 2018
Presidente: MICCOLI GRAZIA
Relatore: SCORDAMAGLIA IRENE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SARTI MARCO nato il 04/06/1960 a SALERNO

avverso l’ordinanza del 11/01/2018 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
sentita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA;
lette/sentite le conclusioni del PG OLGA MIGNOLO
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
Udito il difensore

Data Udienza: 17/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Sarti Marco, sottoposto ad indagini in relazione a fatti di riciclaggio di
somme di denaro provento di bancarotta fraudolenta in danno dei creditori di
società cooperative dichiarate fallite, meglio descritti nella contestazione
preliminare e provvisoria enunciata nel titolo cautelare, per il tramite dei difensori
interpone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di

2018, che aveva confermato l’ordinanza adottata dal Giudice delle indagini
preliminari presso il Tribunale di Lecco, in data 28 novembre 2017, di rigetto
dell’istanza di declaratoria di inefficacia della misura cautelare dell’obbligo di
dimora nel Comune di Castello di Brianza, con permanenza domiciliare nella fascia
oraria compresa dalle ore 21.00 alle ore 7.00, per decorrenza dei termini di durata
e di sostituzione della misura in atto con quella dell’obbligo di presentazione alla
polizia giudiziaria.
2. L’impugnativa è affidata a due motivi che denunciano:
2.1. il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 299, 305 e 306 cod.
proc. pen., poiché il Giudice delle indagini preliminari avrebbe potuto applicare al
ricorrente la misura cautelare coercitiva dell’obbligo di dimora, richiesta dal
Pubblico Ministero in sostituzione di quella degli arresti domiciliari, soltanto se
l’organo inquirente avesse chiesto la proroga della custodia cautelare – prossima
a scadere all’epoca di presentazione dell’istanza di sostituzione – ai sensi dell’art.
305, comma 2, cod. proc. pen., che consente il protrarsi della limitazione
preventiva della libertà personale soltanto ove sussistano gravi esigenze cautelari,
verificate in contradditorio delle parti, in relazione alla complessità o alla novità
degli accertamenti; con la conseguenza che, in difetto di tale sequenza
procedurale, la misura cautelare imposta doveva essere dichiarata inefficace per
decorrenza dei termini di durata spirati il 17 novembre 2017, calcolati a far data
dal 17 maggio 2017, quale momento della sottoposizione del Sarti alla misura
cautelare in carcere disposta dallo stesso Ufficio del Giudice delle indagini
preliminari (sostituita in data 26 maggio 2017 con quella degli arresti donniciliari);
2.2. il vizio di motivazione, per essere del tutto apodittica e, comunque,
manifestamente illogica l’argomentazione spesa dal giudice distrettuale in ordine
ai requisiti dell’attualità e della concretezza delle residue esigenze cautelari
giustificative della misura cautelare dell’obbligo di dimora e per difetto di
motivazione in ordine alla richiesta subordinata di sostituzione della misura
imposta con quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Milano – in funzione di giudice delle impugnazioni cautelari – in data 11 gennaio

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.
1. Il ricorrente omette di confrontarsi con il tenore letterale della norma di cui
all’art. 305 cod. proc. pen. che disciplina l’istituto della proroga con riferimento
alla sola custodia cautelare, in tale categoria di limitazione preventiva della libertà
personale essendo ricomprese esclusivamente la misura cautelare in carcere di cui
all’art. 285 cod. proc. pen. (o negli altri luoghi espressamente contemplati dagli

di cui all’art. 284 cod. proc. pen., quest’ultima in virtù della clausola di
equiparazione alla prima di cui all’art. 284, comma 5, cod. proc. pen..
Donde, essendosi fatto luogo, nel caso censito, ai sensi dell’art. 299 comma
3, cod. proc. pen., alla sostituzione della misura restrittiva degli arresti domiciliari
con quella gradata dell’obbligo di dimora – con la modalità di esecuzione della
permanenza domiciliare nelle ore notturne -, nessuna preliminare verifica delle
esigenze cautelari residue in contradditorio delle parti era dovuta.
La sostituzione del regime custodiale con quello più blandamente coercitivo
previsto dall’art. 283 cod. proc. pen., ha determinato, inoltre, ai sensi dell’art. 297,
comma 2, cod. proc. pen., la decorrenza ex novo dei termini di durata della diversa
misura imposta – a far data dall’8 novembre 2017, momento di applicazione della
misura dell’obbligo di dimora -, posto che la retrodatazione prevista dall’art. 297,
comma 3, cod. proc. pen., non opera quando per lo stesso fatto, siano state
eseguite nei confronti di uno stesso soggetto due ordinanze cautelari, una delle
quali applichi una misura custodiale, mentre l’altra disponga una misura non
detentiva (Sez. 6, n. 13886 del 20/12/2013 – dep. 24/03/2014, Tassone, Rv.
259498).
2. Quanto al profilo delle esigenze cautelari e dell’adeguatezza della misura
cautelare imposta al ricorrente, l’evocata carenza motivazionale non sussiste.
Il Tribunale, infatti, con adeguato sviluppo argomentativo ha riscontrato un
residuo pericolo di recidivanza, attuale e concreto, in relazione alle gravi e reiterate
modalità delle condotte tenute, espressione di una personalità, quella
dell’indagato, incline a commettere – come attestato dai suoi numerosi precedenti
specifici – delitti del tipo di quelli di cui all’addebito cautelare, suscettibili di
riprodursi, con la stessa fenomenologia, ove nei confronti del prevenuto fosse
dismesso ogni presidio.
Il Collegio del riesame ha, dunque, desunto il detto pericolo, non già da un
postulato astratto, ma dalla gravità oggettiva dei fatti e dalle caratteristiche della
personalità dell’indagato e, in tal modo, ha reso corretta applicazione dei criteri
2

artt. 285-bis e 286 cod. proc. pen.) e la misura cautelare degli arresti domiciliari

valutativi indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale: “Il nuovo
testo dell’art. 274, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., risultante dalle modifiche
apportate dalla legge n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di
fuga e di recidiva esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si
procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta
perpetrata e delle circostanze che la connotano, in quanto la modalità della
condotta e le circostanze di fatto in presenza delle quali essa si è svolta restano
concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di

49038 del 14/06/2017, Silvestrin, Rv. 271522). Si è, infatti, precisato che, ai fini
della delibazione da compiersi quanto al pericolo di recidiva, pur alla luce delle
disposizioni della novella menzionata, non è possibile prescindere dalla valutazione
della gravità del fatto medesimo nelle sue concrete manifestazioni, in quanto le
modalità e le circostanze del fatto restano elementi imprescindibili di valutazione
che, investendo l’analisi di comportamenti concreti, servono a comprendere se la
condotta illecita sia occasionale o si collochi in un più ampio sistema di vita, ovvero
se la stessa sia sintomatica di una radicata incapacità del soggetto di autolimitarsi
nella commissione di ulteriori condotte criminose (Sez. 1, n. 37839 del
02/03/2016, Biondo, Rv. 267798). La pluriennale giurisprudenza di questa Corte
è, del resto, univoca nell’affermare che, anche sul piano del giudizio cautelare, la
valutazione negativa della personalità dell’indagato può desumersi dai criteri
oggettivi e dettagliati stabiliti dall’art. 133 cod.pen. (Sez. 2, n. 51843 del
16/10/2013, Caterino e altri, Rv. 258070; Sez. 4, n. 34271 del 03/07/2007,
Cavallari, Rv. 237240; Sez. 4, n. 11179 del 19/01/2005, Miranda ed altri, Rv.
231583; Sez. 3, n. 19045 del 18/03/2004, Ristic, Rv. 228882), costituendo gli
stessi dati sintomatici di pericolosità sociale e concreta capacità a delinquere (Sez.
1, n. 30561 del 15/07/2010, Micelli, Rv. 248322; Sez. 5, n. 45950 del 16/11/2005,
Salucci, Rv. 233222; Sez. 6, n. 12404 del 17/02/2005, Genna, Rv. 231323).
Il giudice censurato non si è discostato dai criteri direttivi enunciati da questa
Corte neppure con riferimento alla valutazione del pericolo di inquinamento
probatorio, ritenuto concreto ed attuale. Nell’affermare che l’esigenza di cui all’art.
274, lett. a), cod. proc. pen. ricorresse con riferimento alla posizione dell’indagato,
in ragione delle complesse indagini ancora in atto, nonostante la produzione
documentale effettuata dal prevenuto, il Tribunale ha reso applicazione del
principio di diritto a mente del quale, in tema di misure cautelari personali, deve
ritenersi correttamente motivato il provvedimento del Tribunale del riesame che
ravvisi la sussistenza del pericolo concreto di inquinamento probatorio, di cui
all’art. 274, lett. a) cod. proc. pen., nella esistenza di ulteriori indagini, connotate
3

probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati. (Sez. 5, n.

da effettiva necessità, allorché l’irrimediabile incompletezza delle attività di
indagine ricostruttiva sia causata dall’indisponibilità di documenti riguardanti
società situate all’estero e riconducibili all’attività della persona dell’indagato…; di
talchè è logico ritenere che l’affievolimento dello

“status custodiae”

renda

plausibilmente certi comportamenti volti a interferire, con qualsiasi mezzo ed
attraverso soggetti collegati, con l’attività di indagine, con la conseguenza,
altamente probabile, di porre a serio rischio l’intera ricostruzione dei movimenti
finanziari nonchè la scoperta ed il recupero delle somme distratte>> (Sez. 5, n.

Quanto poi alla denunciata tautologicità della motivazione in punto di
adeguatezza della misura cautelare imposta al ricorrente, dall’argomentazione nel
complesso sviluppata in ordine alle esigenze cautelari, risulta che il Tribunale del
riesame, attingendo alla riscontrata incapacità dell’indagato di “trarre alcuna
controspinta positiva” dalle precedenti esperienze giudiziarie per delitti analoghi,
ha adeguatamente spiegato le ragioni del proprio raggiunto convincimento circa
l’impossibilità di contenere il rischio di reiterazione criminosa e di inquinamento
probatorio mediante una misura ancora gradata e, in particolare, mediante quella
dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Deve rilevarsi, quindi, che
siffatta motivazione corrisponde adeguatamente all’onere argomentativo richiesto.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 17/04/2018.

Il Consigliere estensore
Il Presidente
Irene Scordamaglia

15(Vm.h

Qt‘azia Micce511
,SA.A.0411,4444,41,j

26401 del 18/05/2004, Cragnotti ed altro, Rv. 229881).

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