Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20822 del 05/03/2018
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20822 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: FIDANZIA ANDREA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BESIRI MEFAIL nato il 26/02/1966
avverso l’ordinanza del 04/05/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA FIDANZ
lette/sentite le conclusioni del PG
t 1,1,1t…11414_10
Data Udienza: 05/03/2018
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Roberto Aniello, ha concluso per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 4 maggio 2017 il Tribunale di Sorveglianza di Perugia ha rigettato il
reclamo proposto da Besiri Mefail avverso il provvedimento di diniego della liberazione
anticipata speciale pronunciata dal magistrato di Sorveglianza di Spoleto in data 7 marzo
2014.
Tale ordinanza è stata emessa dal predetto Tribunale dopo una precedenza ordinanza del
annullata dalla I sezione di questa Corte con sentenza n. 52182/16 del 29.11.2016.
2. Con atto sottoscritto dal difensore • ha proposto ricorso per cassazione il condannato
affidandolo ad un unico motivo.
E’ stata dedotta violazione di legge con riferimento alla L. 10/2014 in combinato disposto
con il DL 146/2013 nonché vizio di motivazione.
Lamenta il ricorrente l’erroneità dell’ordinanza impugnata sul rilievo che nel periodo per il
quale aveva formulato istanza di integrazione della liberazione anticipata (sui semestri dal
29.9.2009 al 29.3.2013) aveva già espiato tutta la pena inflitta ex art. 4 bis 0.P..
La motivazione dell’ordinanza impugnata si poneva in contraddizione con la decisione del
Magistrato di Sorveglianza di Spoleto del 6.3.2014 secondo cui il detenuto, computando la
detenzione esecutiva, la liberazione anticipata ed il pre sofferto aveva espiato la pena di undici
anni di reclusione di cui alla sentenza della Corte di Assise di Roma del 16.7.2008 per il delitto
di cui all’art. 600.
Inoltre, nel calcolo effettuato dall’ordinanza impugnata non era stato tenuto conto della
carcerazione presofferta pari a mesi 11 e giorni 22.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va osservato che l’ordinanza impugnata, con argomentazioni coerenti e privo di vizi
logici, ha evidenziato l’infondatezza della richiesta del ricorrente di applicazione della
liberazione anticipata speciale nei semestri dal 29.9.2009 al 29.03.2013, atteso che alla
data del 29.3.2013 il condannato non aveva ancora finito di espiare la pena per reati ex
art. 4 bis 0.P, ostativi alla concessione del beneficio, pena che gli era stata comminata
dalla Corte di Assise di Roma con sentenza del 16.7.2008 per i reati di riduzione in
schiavitù e sfruttamento della prostituzione.
In particolare, l’ordinanza impugnata precisava che per il più grave delitto di cui all’art.
600 c.p. (rientrante nell’elenco di cui all’art. 4 bis 0.P.) era stata applicata al ricorrente la
pena di anni 8 non ancora scontata interamente. Né potevano rilevare i periodi di custodia
cautelare subiti e di pene già espiate (delle quali si dava atto nel provvedimento di
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18 dicembre 2014, parimenti di rigetto dell’istanza dell’odierno ricorrente, che era stata
cumulo), trattandosi di presofferto integralmente precedente alla data di commissione del
reato ostativo, perpetrato dal dicembre 2006 fino al 26.03 2007, mentre il più recente
periodo di carcerazione presofferta era quello dal 4.4.2005 al 28.5.2006.
Orbene, il ricorrente non ha inteso confrontarsi in modo specifico con un così articolato
percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata, limitandosi ad affermare genericamente
che diversa era stata la valutazione del Magistrato di Sorveglianza di Spoleto e che non era
stato calcolato il periodo di carcerazione presofferta di mesi 11 e giorni 22, ma senza
fornire alcun elemento idoneo a valutare come tale periodo di carcerazione presofferta
Tribunale di Sorveglianza di Perugia in ordine alla non computabilità del presofferto.
Il difetto di specificità delle censure del ricorrente determinano l’inammissibilità del
ricorso.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5.3.2018
fosse stato determinato e senza confutare minimamente il ragionamento svolto dal