Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20813 del 23/03/2018
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20813 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: BORRELLI PAOLA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile DE LUCA ALDO nato il 24/11/1970 a CELICO
nel procedimento a carico di:
MARCHESE MICHELE (ANCHE PCN) nato il 31/01/1973 a COSENZA
avverso la sentenza del 16/12/2016 del TRIBUNALE di COSENZA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA BORRELLI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPE
CORASANITI, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 dicembre 2016, il Tribunale di Cosenza, in riforma
della sentenza del locale Giudice di pace, assolveva Michele Marchese dal delitto
di lesioni personali consumato ai danni di Aldo De Luca. Secondo il Giudice di
appello, quello di primo grado era incorso in errore invertendo il nome delle
parti, perché, in dispositivo, aveva assolto Aldo De Luca dai delitti di lesioni e
minacce ai danni di Marchese ed aveva condannato Marchese per il delitto di
lesioni personali a danno di De Luca mentre, in motivazione, aveva valutato gli
elementi di prova concludendo per la responsabilità del De Luca e per
l’assoluzione del Marchese.
Data Udienza: 23/03/2018
Il Tribunale condivideva la motivazione del primo giudice e concludeva che,
alla luce delle deposizioni, si doveva ritenere che era stato De Luca, irritato
perché Marchese, suo datore di lavoro, gli aveva contestato alcune assenze, ad
aggredire più volte lo stesso Marchese, che aveva poi agito solo con l’intento di
difendersi.
Rilevando che l’appello era stato proposto dal Marchese anche quale parte
civile, il Tribunale, sempre in riforma della sentenza impugnata, condannava
Aldo De Luca a risarcire i danni causati a Michele Marchese, da liquidarsi in
al primo grado nella misura di euro 1.200, oltre accessori di legge.
2. Propone ricorso Aldo De Luca, a mezzo del suo difensore Avv. Pinuccia
Cottu, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge ed in
particolare dell’art. 82 cod. proc. pen. in quanto, nel primo grado di giudizio, il
patrono del Marchese non era presente (vi era un sostituto ex art. 97 comma 4
cod. proc. pen. quanto alla posizione del Marchese quale imputato) e, di
conseguenza, quale parte civile, non aveva rassegnato le sue conclusioni.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed in particolare
dell’art. 530 cod. proc. pen. perché la prova del fatto ascritto al ricorrente era
insufficiente e contraddittoria, con particolare riferimento al fatto che fosse stato
De Luca ad iniziare la lite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato, in particolare quando — nel primo
motivo — si appunta contro la riforma, da parte del Tribunale, della sentenza di
primo grado a proposito delle statuizioni civili.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, in tema di disciplina della
parte civile, ai sensi degli artt. 82, comma secondo, e 523, comma secondo, cod.
proc. pen., la mancata presentazione delle conclusioni scritte configura revoca
tacita della costituzione in giudizio in quanto, trattandosi di pretesa civilistica, è
necessario acquisire processualmente le precise richieste del danneggiato (Sez.
1, n. 19380 del 25/11/2016, dep. 2017, Casadei, Rv. 270260). Nel caso di
specie, all’udienza di discussione dinanzi al Giudice di pace, il difensore di parte
civile era assente e, di conseguenza, alcuna mozione attinente alle ragioni
risarcitorie è stata avanzata, il che configura proprio una revoca tacita. Ad
assistere Marchese quale imputato in quell’udienza, infatti, vi era un difensore di
ufficio immediatamente reperibile ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen. nominato
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separato giudizio, e a rifondergli le spese di assistenza e rappresentanza relative
dal Giudice il quale — com’è ovvio — non assisteva il predetto anche quale parte
civile.
La sentenza va, pertanto, annullata nella parte relativa alla condanna al
risarcimento del danno ed alle rifusione delle spese di parte civile in primo grado.
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto strutturato in fatto,
con una richiesta di riedizione della delibazione di merito — in particolare fondata
sulla contraddittorietà della prova — che è del tutto estranea al giudizio di
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni
civili, che revoca. Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.
Così deciso il 23/03/2018.
cassazione.