Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20812 del 29/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20812 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: FUMU GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Mineo Francesco, n. Bagheria
22.10.1954
avverso l’ordinanza in data 19.11.2015 del Tribunale di
Palermo
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il
ricorso,
Udita la relazione svolta dal Consigliere dr. G. Fumu
Udite

la

requisitoria

del

Pubblico

Ministero

rappresentato dal s.p.g. dr. F.M. Iacoviello
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

MOTIVI

DELLA

DECISIONE

Data Udienza: 29/04/2016

Mineo Francesco impugna a mezzo del difensore
dell’ordinanza con la quale il Tribunale di Palermo,
sezione del riesame, ha confermato il provvedimento del
giudice per le indagini preliminari applicativo dei
suoi confronti della custodia cautelare in carcere per
il delitto di cui agli articoli 81 cpv., 110, 629 c.p.,
aggravato ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 13
maggio 1991 numero 152. Si contestava con esso al Mineo

del titolare di un esercizio commerciale che era stato
indotto a consegnare in più occasioni una somma di
danaro a titolo di “pizzo”, commettendo il fatto con
modalità mafiose ed al fine di agevolare l’associazione
denominata “cosa nostra”.
Nei confronti dell’indagato i giudici della libertà
valorizzavano le dichiarazioni di un collaboratore di
giustizia, Flamia Sergio Rosario (concorrente nel reato
e soggetto che aveva occupato rilevanti posizioni nel
sodalizio), riscontrate da quelle della persona offesa.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per
cassazione il Mineo che denuncia:
violazione degli articoli 125 terzo comma in
relazione all’articolo 546 primo comma del codice di
procedura penale; mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione.
Rileva il ricorrente come l’ordinanza impugnata
contenga una motivazione solamente apparente in ordine
alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza; in particolare essa si caratterizzerebbe
per una buona parte da una disamina di carattere
generale sui criteri di valutazione delle dichiarazioni
dei collaboratori e sulla ritenuta attendibilità del
Flamia, svincolata peraltro dal caso concreto, e nella
rimanente parte per un acritico richiamo letterale al
contenuto dell’ordinanza di applicazione della misura
cautelare, che viene integralmente trascritta senza
alcuna autonoma valutazione, seppur sintetica. Osserva
inoltre il ricorrente che le propalazioni del

di essere concorso nell’estorsione commessa in danno

collaborante non abbiano trovato riscontro in quelle
della persona offesa, che in un primo momento non aveva
narrato delle vicende estorsive con riferimento al
Mineo e solo successivamente aveva rilasciato
dichiarazioni caratterizzate da una progressione
accusatoria che avrebbe dovuto indurre il tribunale
riesame ad un’attenta critica della sua attendibilità.
Le doglianze sono manifestamente infondate.

proceduto all’esame della credibilità soggettiva del
collaboratore ed all’attendibilità intrinseca delle sue
dichiarazioni, sottolineando il ruolo avuto dal
predetto all’interno del sodalizio “cosa nostra”, la
conoscenza diretta di fatti e vicende che ne e
derivata, la confessione di delitti ulteriori e diversi
da quelli già conosciuti dall’autorità, la circostanza
che le sue propalazioni siano state poste a base di
varie decisioni giudiziarie di condanna.
Ne hanno quindi saggiato l’attendibilità estrinseca con
specifico riferimento all’episodio di estorsione in
discussione, elencando i vari riscontri esistenti
(esiti di captazioni, atti intimidatori, risultati
dell’attività di pedinamento e controllo svolta dalla
polizia giudiziaria), culminati nella piena conferma
del narrato del collaboratore ad opera della persona
offesa.
Il ricorrente lamenta, in proposito, che quest’ultima
abbia solo in un secondo momento ammesso di avere
subito

l’estorsione

così

contrastando

le

prime

dichiarazioni negatorie, tanto da doversene mettere in
discussione l’attendibilità; ma trascura che i giudici
di merito abbiano posto in evidenza la ritenuta
spiccata pericolosità dell’indagato e quindi la
giustificata remora dell’offeso a denunciare i fatti,
significativamente superata all’indomani della cattura
dell’estorsore in altro procedimento.
Quanto alla denunciata assenza di un sufficiente ed
autonomo compendio motivazionale, osserva la Corte come

I giudici del riesame hanno infatti correttamente

il Tribunale abbia espressamente affermato di ritenere
sussistenti i presupposti di legittimità della misura e
indicato quali elementi fondanti il quadro indiziario
le propalazioni del collaborante, le indagini di p.g. e
le dichiarazioni del soggetto passivo dell’estorsione,
utilizzando solo per la loro specifica descrizione il
contenuto dell’ordinanza del g.i.p.: ma la necessità di
un’autonoma valutazione del giudice della libertà non

aggiungere necessariamente altre argomentazioni a
quelle svolte o nuovi elementi di fatto rispetto a
quelli valorizzati nel provvedimento impugnato, ma di
dare conto di conoscerli, di averli apprezzati e di
condividerli.
Ciò che è indubitabilmente avvenuto nel caso di specie.
Il

ricorso

deve

pertanto

essere

dichiarato

inammissibile con le conseguenze di legge.
PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed
al versamento della somma di C 1500,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Si provveda ai sensi dell’art. 94.1

ter

disp. att.

c.p.p.
Roma, 29.4.2016

Fumu)

Il Pres’dente

può essere intesa nel senso che gli è imposto di

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