Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20812 del 08/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20812 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
D’ALESSIO VITTORIO nato il 27/04/1983 a CERCOLA
VILLANO ROBERTA GESUALDA nato il 06/06/1986 a VALLO DELLA LUCANIA

avverso la sentenza del 15/03/2017 della CORTE APPELLO di CAGLIARI

Data Udienza: 08/03/2018

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Francesca Loy, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore avv. Franco Lettieri, che ha concluso per l’accoglimento dei
ricorsi;

1.

Vittorio D’Alessio e Roberta Gesualda Villano ricorrono avverso la

sentenza del 15 marzo 2017 con la quale la Corte di appello di Cagliari,
confermando la sentenza del Tribunale di Lanusei del 15 marzo 2016, riteneva i
predetti responsabili del reato di furto aggravato commesso il 19 agosto 2009
asportando otto chilogrammi di sabbia con granuli bianchi e dorati e 3,646
chilogrammi di ciottoli dalla spiaggia di Cala dei Gabbiani in Baunei.

2. I ricorrenti propongono due motivi.
2.1. Con il primo motivo deducono violazione di legge sul rigetto delle
eccezioni di nullità del giudizio di primo grado per omissioni verificatesi
nell’acquisizione del corpo di reato, con riguardo in particolare all’omesso avviso
agli indagati della possibilità di farsi assistere da un difensore durante il
sequestro, alla mancata consegna agli indagati di copia del relativo verbale,
all’omessa notifica del provvedimento di convalida del sequestro ed alla negata
esibizione del corpo di reato nel corso del dibattimento di primo grado,
lamentando che la Corte territoriale si limitava ad escludere l’inutilizzabilità della
prova, tralasciando le questioni di nullità poste dalla difesa in relazione a
violazioni di diritti fondamentali della stessa nella garanzia della regolarità
dell’assunzione di atti probatori non ripetibili. I ricorrenti osservano peraltro che
l’utilizzabilità della prova era ritenuta richiamando una decisione delle Sezioni
Unite di questa Suprema Corte in cui si affermava come detta utilizzabilità sia
comunque subordinata alla condizione che non si tratti di prova oggettivamente
vietata, condizione ricorrente nel caso di specie, in cui alla difesa veniva impedito
qualsiasi intervento sulla formazione della prova.
2.2. Con il secondo motivo deducono violazione di legge sulla sussistenza
del reato, in quanto affermata per un fatto privo di concreta offensività,
consistito nell’asportazione di una minima quantità di sabbia, in ordine alla quale
gli imputati erano stati peraltro assolti in primo grado dall’imputazione del reato
di cui all’art. 734 cod. pen.. I ricorrenti lamentano che detta offensività sia stata
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RITENUTO IN FATTO

ritenuta in base ad un’apodittica asserzione sulla ridotta estensione della
spiaggia dalla quale era prelevata la sabbia, e con disparità di trattamento
rispetto ad un caso similare di cui allega notizia giornalistica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo dedotto sul rigetto delle eccezioni di nullità del giudizio di primo

La sentenza impugnata richiamava correttamente sul punto i principi stabiliti
dalla giurisprudenza di legittimità, per i quali l’inosservanza della formalità
previste dalla legge, ai fini della legittima acquisizione del corpo del reato, non
incide sulla validità del sequestro di quest’ultimo, che dipende non dalle modalità
con le quali lo stesso è reperito, ma unicamente dall’acquisibilità del bene e dalla
mancanza di divieti probatori espliciti o comunque individuabili nel sistema
processuale (Sez. U, n. 5021 del 27/03/1996, Sala, Rv. 204644; Sez. 2, n.
15784 del 23/12/2016, dep. 2017, Foddis, Rv. 269856; Sez. 6, n. 37800 del
23/06/2010, M’Nasri, Rv. 248685; Sez. 1, n. 2690 del 21/02/1997, Mirino, Rv.
207271).
Ne segue in primo luogo l’infondatezza della censura di omessa valutazione
delle questioni di nullità poste dalla difesa con riguardo ad irregolarità che, per
quanto detto, non investono comunque il dato probatorio derivante dal sequestro
del corpo di reato.
E’ altresì infondato il rilievo per il quale le denunciate irregolarità,
impedendo l’intervento del difensore nella formazione della prova, avrebbero
dato luogo all’acquisizione di un elemento probatorio oggettivamente vietato.
Nell’estendere tale condizione alla formazione della prova in violazione di diritti
soggettivi specificamente tutelati dalla Costituzione (Sez. U, n. 21 del
13/07/1998, Gallieri, Rv. 211196), la giurisprudenza di legittimità fa invero
riferimento alla lesione di diritti materialmente e direttamente attinti dall’attività
di acquisizione della prova, quali quelli relativi alla libertà o
all’autodeterminazione della persona ovvero alla tutela del domicilio o della
corrispondenza, e non alle facoltà processuali.
D’altra parte, non deducendo specificamente alcuna difformità del verbale di
sequestro del corpo di reato dalla verità dei fatti, i ricorrenti non adempiono
all’onere di precisare l’incidenza degli atti, dei quali si lamenta l’inutilizzabilità,
sul complesso probatorio, condizione necessaria, secondo i principi affermati
dalla giurisprudenza di legittimità, per consentire il controllo in questa sede sulla
decisività del vizio censurato rispetto all’apparato motivazionale del
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grado, per omissioni verificatesi nell’acquisizione del corpo di reato, è infondato.

provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416;
Sez. 6, n. 49970 dei 19/10/2012, Muià, Rv. 254108). Considerazione, questa,
svoita già dalla Corte territoriale con riguardo alla mancata esibizione del corpo
di reato nel corso del dibattimento, per la quale neppure nei ricorsi è indicato il
concreto pregiudizio subito dalla difesa degli imputati rispetto alla possibilità per
la stessa di visionare autonomamente il reperto.

2. Il motivo dedotto sulla sussistenza del reato è inammissibile.

ma si limitano a riproporre la tesi dell’inoffensività della condotta, opponendo
valutazioni di merito a quanto osservato nella sentenza impugnata in ordine alla
significatività dell’asportazione di quasi dodici chilogrammi di sabbia pregiata da
una spiaggia protetta di limitata estensione, e per il resto richiamando
argomentazioni in fatto e comunque manifestamente infondate quanto
all’assoiuzione degli imputati dall’addebito del reato di cui all’art. 734 cod. pen.,
escluso per l’insussistenza dell’ulteriore e necessario requisito individuato dalla
giurisprudenza di legittimità nell’alterazione della visione di bellezza estetica e
panoramica offerta dalla dimensione naturale del luogo (Sez. 3, n. 10030 del
15/01/2015, Anselmo, Rv. 263011), ed evidentemente irrilevanti quanto alla
lamentata disparità di trattamento rispetto ad una diversa vicenda.
I ricorsi devono in conclusione essere rigettati, seguendone la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta

ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese

processuali.
Cos deciso il 08/03/2018

I ricorrenti non indicano vizi motivazionali rilevabili nel giudizio di legittimità,

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