Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20809 del 20/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20809 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1.

FLORIS NICOLO’ PAOLO, nato il 05/09/1959;

2.

TORELLI MONICA nata il 12/12/1962;

3.

FLORIS PAOLO nato il 02/03/1925;

contro il decreto del 26/10/2015 del giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Firenze pronunciato nei confronti di VERSARI PATRIZIA nata il
13/11/1947;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 26/10/2015, il giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Firenze dichiarava inammissibile l’opposizione alla richiesta di
archiviazione da parte del Pubblico Ministero e disponeva l’archiviazione del
procedimento a carico di VERSARI Patrizia indagata per il reato di cui all’art. 643
cod. pen. a danno di Vilma Ciottoli.
Il giudice riteneva inammissibile l’atto di opposizione sotto un duplice
profilo:

Data Udienza: 20/04/2016

a) perché gli opponenti (figli di Paolo Floris, convivente della Ciottoli) non
avevano alcuna legittimazione ad opporsi non essendo parti offese, tale potendo
essere ritenuta la sola Vilma Ciottoli;
b) perché, comunque, nel merito, le investigazioni suppletive richieste non
avrebbero potuto approdare a risultati ulteriori e diversi rispetto alle indagini già
svolte che conclamavano che la Ciottoli non si trovava in stato tale da ritenere
che poteva essere circonvenuta.

Nicolò Paolo, Torelli Monica e Floris Paolo i quali, a mezzo del proprio difensore,
hanno dedotto l’erronea applicazione dell’art. 643 cod. pen. in quanto, a loro,
avviso, anch’essi sarebbero parti offese in quanto «il nuovo testamento, atto
mortis causa, è di per sé inidoneo a produrre un effetto in vita, ma lo produce
per dorza di cose solo dopo la morte nei confronti degli eredi, che in questo caso
erano i ricorrenti con volontà testamentarie ripetute».

3. Versari Patrizia, a mezzo del proprio difensore, ha depositato, in data
31/03/2016, memoria con la quale ha chiesto che il ricorso fosse dichiarato
inammissibile.

4. Il ricorso è inammissibile per un duplice motivo.
Innanzitutto, perché, la parte offesa del reato di circonvenzione di incapace
è, come ha correttamente ritenuto il giudice per le indagini preliminari, la sola
persona circonvenuta e non chi assuma di essere stato danneggiato dagli atti di
disposizione dalla medesima compiuti: in terminis, Cass. 7192/2008 Rv. 239504
«In tema di delitto di circonvenzione di persone incapaci, il terzo eventualmente
danneggiato in conseguenza degli atti dispositivi compiuti dall’incapace
medesimo non assume la veste di persona offesa, che spetta soltanto
all’incapace circonvenuto, e pertanto non ha diritto di avere avviso della
proposizione della richiesta di archiviazione»; Cass. 38508/2010 Rv. 248919.
In secondo luogo, perché, a tutto concedere, i ricorrenti non hanno ritenuto
di spendere una sola parola contro quella parte della motivazione con la quale il
giudice ha spiegato le ragioni per cui ogni indagine suppletiva era irrilevante.
Tanto basta per ritenere inammissibile il ricorso in quanto, in presenza della
c.d. doppia motivazione (ossia una motivazione composta da due o più
argomenti di fatto e/o giuridici ognuno dei quali, essendo autonomo dagli altri,
giustifica e sorregge da solo la decisione), il ricorrente, in aderenza al principio
della specificità (art. 581 c.p.p.), deve censurare la motivazione in tutti quei
profili di fatto e di diritto che presentano una loro autonomia e non limitarsi a
censurare solo alcuni dei motivi addotti dal giudice. Infatti, quand’anche si

2

2. Contro il suddetto decreto hanno proposto ricorso per cassazione Floris

ritenesse la fondatezza della doglianza proposta solo relativamente ai profili della
motivazione censurata, resta il fatto che l’accoglimento della censura non
sarebbe idonea a travolgere i diversi profili addotti nella motivazione dal giudice
a sostegno della propria decisione, i quali, corretti o sbagliati che siano, non
essendo stati sottoposti ad alcuna censura, devono ritenersi passati in giudicato.
Infine, va osservato che, in relazione ad una presunta denuncia ex art. 627
cod. pen., come ha osservato il Procuratore Generale nella sua requisitoria, il

5. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma
dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria
consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa
delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, sì determina equitativamente in C 1.500,00.
Non si ritiene di liquidare alcuna somma per le spese sostenute dalla
Versari, in quanto, con la memoria depositata il 31/03/2016, la medesima si è
limitata a chiedere, in via del tutto generica, la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali, senza nulla specificare in ordine alla proprie
spese.

P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della
somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 20/04/2016

giudice per le indagini preliminari non ne ha fatto cenno alcuno.

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