Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20808 del 20/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20808 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1.

FADDA ANTONIO, nato il 27/03/1991;

2.

FOIS DANIELE nato il 13/01/1989;

contro la sentenza del 29/09/2015 del Tribunale di Nuoro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Felicetti Marinelli, che ha concluso chiedendo
l’inammissibilità;

FATTO E DIRITTO

1. FADDA Antonio e FOIS Daniele, in proprio, hanno proposto
ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata in data

1

Data Udienza: 20/04/2016

29/09/2015 con la quale il Tribunale di Nuoro aveva loro applicato la
pena concordata con il P.M.

2. FADDA ha dedotto :
2.1. la violazione dell’art. 628/3 n. 1 cod. pen. per insussistenza

giocattolo senza tappo rosso;
2.2. la violazione in ordine al trattamento sanzionatorio
(eccessività della pena e mancato riconoscimento delle attenuanti
generiche).

3. FOIS, ha dedotto l’omessa motivazione in ordine al mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche

4. Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati.

4.1. Quanto al trattamento sanzionatorio (censura dedotta da
entrambi i ricorrenti), questa Corte, ha statuito che, nel ricorso per
cassazione, avverso sentenza che applichi la pena nella misura
patteggiata tra le parti, non è ammissibile proporre motivi concernenti
la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La
richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta
dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale che,
una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la
correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha
dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le
proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per
cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in
contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali
sono addivenute: Cass. 18735/2001 Rv. 219852; Cass. 16832/2008 Rv.
239543; Cass. 3580/2009 Rv. 242673.
In particolare, si è rilevato che:
a soddisfare l’obbligo della motivazione, è sufficiente la semplice
enunciazione, anche implicita, sulla congruità della pena

2

dell’aggravante dell’arma in quanto la pistola usata era una pistola

concordata, perché, in tal modo, il giudice ha dato atto di avere
effettuato, sia pure implicitamente, il dovuto giudizio valutativo:
SSUU 5777/1992; Cass. 42910/2009 Rv. 245209;
– in tema di patteggiamento, non può essere censurato in sede di
legittimità il difetto di motivazione della sentenza in ordine ad

dovendo il giudice investito della richiesta di applicazione della
pena pronunciarsi, in base all’art. 444, comma secondo, cod.
proc. pen., solo sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla
applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle
parti: Cass. 7401/2013 Rv. 254878;

4.2. Quanto alla qualificazione giuridica (censura dedotta dal solo
Fadda in ordine alla pretesa insussistenza dell’aggravante di cui all’art.
628/3 n.1. cod. pen.), questa Corte ha precisato che la possibilità di
ricorrere per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena
su richiesta per errata qualificazione giuridica del fatto deve ritenersi
limitata alle ipotesi in cui trattisi di un errore manifesto e tale, quindi, da
far ritenere che vi sia stato un indebito accordo non sulla pena ma sul
reato, dovendosi, per converso, escludere detta possibilità, anche sotto
il profilo del difetto di motivazione, qualora la diversa qualificazione
presenti oggettivi margini di opinabilità: Cass. 44278/2007.

5. Sulla base di tali principi deve ritenersi che il Tribunale ha
operato il doveroso controllo sull’insussistenza delle condizioni ex art
129 cpp., rilevando che dagli atti, non risultavano elementi evidenti che

una circostanza attenuante non richiesta e non applicata,

potessero portare ad una pronuncia di proscioglimento, ai fatti era stata
data la corretta qualificazione giuridica e la pena era congrua.
Tanto basta per ritenere adempiuto all’obbligo di motivazione
richiesto sul punto.

6. In conclusione, le impugnazioni devono ritenersi inammissibili
a norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa

3

[

declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina

P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibili i ricorsi e
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al
versamento della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Roma 20/04/2016
IL PRESIDENTE

IL CONSIGLIE EST.
G. Rago

equitativamente in C 2.000,00 ciascuno.

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