Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20802 del 21/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20802 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BRUNO GIOVANNI N. IL 07/08/1956
RIZZO GENNARO N. IL 11/09/1980
FABIANO CIRO N. IL 20/07/1958
PENGUE ALFONSO N. IL 30/06/1952
avverso la sentenza n. 5060/2013 GIP TRIBUNALE di SALERNO, del
08/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/04/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata a Bruno Giovanni, Rizzo Gennaro, Fabiano Ciro e Pengue Alfonso, per i
reati di associazione per delinquere e numerosi episodi di furto aggravato in
abitazione, la pena concordata con la pubblica accusa nella misura di 4 anni e 5

di multa per Pengue Alfonso, 3 anni e 5 mesi di reclusione e 400€ di multa per
Fabiano Ciro e Rizzo Gennaro;
– che avverso detta sentenza hanno proposto separatamente (il Fabiano due
volte) ricorso per cassazione tutti gli imputati, con atto affidato ad unico motivo,
con il quale si deduce mancanza di motivazione in ordine alla mancata applicazione
dell’art. 129 c.p.p. o, più in generale, di mancanza di prova della commissione dei
reati;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che i ricorsi sono manifestamente infondati, in quanto si dà espressamente
atto, nell’impugnata sentenza, della ritenuta sussistenza delle condizioni tutte,
positive e negative, previste dall’art. 444 cod. proc. pen. per l’applicazione della
pena su richiesta, ivi compresa quella costituita dall’assenza dei presupposti per la
pronuncia di sentenza assolutoria, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. (con
l’indicazione delle fonti di prova, tra le quali la denuncia e le indagini svolte); il che
basta ad escludere ogni violazione di legge ed a soddisfare le esigenze di
motivazione proprie delle pronunce del genere di quella impugnata, qualora
facciano difetto (come si verifica nel caso di specie) specifici elementi, ricavabili dal
testo del medesimo provvedimento o indicati nell’atto di gravame, dai quali possa
invece desumersi che taluna delle suddette condizioni fosse mancante (si vedano in
proposito, fra le altre: Sez. 4, n. 7768 del 11/05/1992, Longo, RV 191238; Sez. 3,
n. 1693 del 19/04/2000, Petruzzelli, RV 216583; Sez. 2, n. 27930 del 21/05/2003,
Lasco, Rv. 225208; Sez. 4, n. 34494 del 13/07/2006, Koumya, Rv. 234824; Sez. 1,
n. 4688 del 10/01/2007, Brendolin, Rv. 236622; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011 dep. 17/02/2012, Alba, Rv. 252085);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere
ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
2

mesi di reclusione e 400€ di multa per Bruno Giovanni, 3 anni di reclusione e 800€

importo stimasi equo fissare in euro millecinquecento;

P. Q. M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di millecinquecento euro alla

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2015
Il consigliere estensore

cassa delle ammende.

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