Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20801 del 26/02/2018

Penale Sent. Sez. 5 Num. 20801 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile A.A.
dalla parte civile B.B.
nel procedimento a carico di:
C.C.
nel procedimento a carico di quest’ultimo
D.D.

avverso la sentenza del 26/10/2016 del TRIBUNALE di ROVERETO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA FIDANZIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA
MARINELLI
che ha concluso per
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio ; rigetto del ricorso della
P.C.
Udito il difensore

Data Udienza: 26/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza emessa in data 26.10.2016, il Tribunale di Rovereto, in funzione di

giudice d’appello, in parziale riforma della sentenza del giudice di pace n.214/15, ha
condannato l’imputato C.C. al risarcimento a favore delle parti civili A.A. e B.B. della somma di euro 4.000,00 oltre alle spese di parte civile
liquidate in euro 1.200,00 ed accessori.

Con atto sottoscritto dal proprio difensore, l’imputato ha proposto ricorso per

Cassazione affidandolo ai seguenti motivi.

2.1.

Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge, contraddittorietà e/o illogicità

della motivazione in relazione alla necessità di rinnovare l’istruttoria in ipotesi di riforma della
sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice di prime cure.
Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata ha sconfessato il Giudice di Pace in ragione
delle argomentazioni di altra sentenza non irrevocabile e pertanto, alla luce del principio
sancito dalle sezioni unite di questa Corte n. 27620/16, la Corte d’Appello avrebbe dovuto
applicare correttamente l’art. 603 c.3 c.p.p., disponendo la rinnovazione dell’istruttoria al fine
di tutelare la garanzia processuale dell’ in dubio pro reo.

2.2.

Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge, contraddittorietà e/o illogicità

della motivazione in relazione al disposto di cui all’art. 238 c.p.p.
Il ricorrente lamenta di aver presentato istanza di espunzione dei documenti prodotti dalla
parte civile e, segnatamente, i verbali di altro procedimento penale e le sentenze non definitive
n. 108/15 della Corte d’Appello di Trento e la sentenza n. 387/13 del Tribunale di Rovereto, e
la Corte territoriale ha erroneamente respinto l’istanza dell’imputato ed ha acquisito i
documenti di cui sopra attribuendo contestualmente ad essi il valore di “semplici documenti”.

2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge, contraddittorietà e/o illogicità della
motivazione in relazione al disposto di cui all’art. 238 bis c.p.p.
Sostiene il ricorrente che la Corte d’Appello ha fondato il proprio convincimento giudiziale su
documenti non utilizzabili ai fini della decisione. Infatti, le sentenze cui il giudice ha fatto
riferimento non sono irrevocabili e pertanto non rientrano nella disciplina ex art. 238 bis c.p.p.

2.4. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge e carenza e/o contraddittorietà
della motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità dell’imputato.
Lamenta il ricorrente che, alla luce delle differenti versioni dei fatti- quella dell’A.A. e
quelle rese dai testi- il giudice di secondo grado ha sostanzialmente omesso la valutazione
della contraddittorietà tra le dichiarazioni rilasciate ed ha, pertanto, fondato la responsabilità
penale del C.C. sulla base di un quadro probatorio che non ha alcun riscontro certo nella
realtà fattuale e perciò non idoneo a corroborare l’ascrivibilità del reato all’imputato al di la del
ragionevole dubbio.

2.

2.5 Con il quinto motivo è stata dedotta violazione di legge e carenza di motivazione in
riferimento alle questioni civilistiche.
Il ricorrente eccepisce che, l’errato ed non giustificato convincimento giudiziale fondato su un
compendio probatorio equivoco, insufficiente ed inidoneo a quantificare il danno avrebbe
dovuto escludere la fondatezza delle statuizioni civili o quantomeno spingere il giudice a
ridimensionare la richiesta risarcitoria.
2.6. Con atto sottoscritto dal loro difensore hanno proposto ricorso per cassazione anche le
parti civili A.A. e B.B. affidandolo ad un unico articolato motivo.

motivazione.
Lamentano i ricorrenti che la sentenza impugnata ha omesso di liquidare le spese di parte
civile relative al giudizio di primo grado, in violazione del principio della soccombenza.
2.7. Con memoria ex art. 121 c.p. le parti civili hanno confutato le censure dell’imputato in
ordine sia alla dedotta necessità di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, sia alla carenza
di motivazione per le questioni civilistiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il primo motivo è fondato e pertanto va accolto.

Non vi è dubbio che il giudice d’appello, nell’utilizzare al fine dell’accertamento della
responsabilità dell’imputato per i reati ascrittigli, sia pure ai soli effetti civili, le sentenze non
definitive pronunciate dal Tribunale di Rovereto e dalla Corte d’Appello di Trento, abbia inteso
valutare l’attendibilità dei testi escussi in queste ultime pronunce – che sono gli stessi sentiti
dal giudice di Pace di Rovereto, giudice di primo grado del presente procedimento – in modo
antitetico rispetto a quanto ritenuto dal giudice di pace di Rovereto.
Ne consegue che il Tribunale di Rovereto, intendendo procedere alla ‘reformatio in peius’, sia
pure agli effetti civili, di una sentenza assolutoria di primo grado, avrebbe dovuto procedere
all’indispensabile rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, vertendosi in una ipotesi di
valutazione ‘differente’ della prova dichiarativa.
Secondo l’insegnamento del Supremo Collegio nella n. 27620/16 (punto 8.5.), deve, infatti,
parimenti provvedersi alla rinnovazione dell’escussione dei testi, la cui attendibilità sia stata
diversamente valutata rispetto al giudici di primo grado, anche ove il rovesciamento della
pronuncia di assoluzione di primo grado sia sollecitata nella prospettiva degli interessi civili, a
seguito di impugnazione della sola parte civile.
Si è, in proposito, ritenuto che anche in questo caso è in gioco la garanzia del giusto processo
a favore dell’imputato coinvolto in un procedimento penale, dove i meccanismi e le regole sulla
formazione della prova non subiscono distinzioni a seconda degli interessi in gioco, pur se di
natura esclusivamente civilistica.

E’ stata dedotta violazione di legge in relazione agli artt. 541 e 598 c.p.p. nonché vizio di

2. Il secondo ed il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente per connessione d’oggetto,
sono fondati e vanno accolti.

Va osservato che questa Corte ha più volte statuito che “il principio di prova, contenuto nel
giudicato penale acquisito ai sensi dell’art.238 bis cod.proc.pen., pur dovendo essere
considerato alla stregua del criterio valutativo fissato dall’art.192 comma 3 cod.proc.pen., ha
come oggetto non solo il “fatto” direttamente riferibile alla statuizione fissata nel dispositivo,
ma ogni acquisizione fattuale evidenziata anche nel corpo della motivazione”, (Sez. 5, n. 5618

727;Sez. 1, 17.06.97 n. 5894).

Questo principio può dunque applicarsi solo alle sentenze divenute irrevocabili e non certo alle
pronunce non definitive.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, consacrato nella sentenza delle S.U. n.
33748 del 12/07/2005, Rv. 231677, le sentenze pronunciate in procedimenti penali diversi e
non ancora divenute irrevocabili, legittimamente acquisite al fascicolo del dibattimento nel
contraddittorio fra le parti, possono essere, invece, utilizzate come prova limitatamente alla
esistenza della decisione e alle vicende processuali in esse rappresentate, ma non ai fini della
valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento in quei
procedimenti.

Nel caso in esame, non sussiste alcun dubbio in ordine alla natura ‘non irrevocabile’ delle
sentenze acquisite dal Giudice d’Appello e provenienti da altro procedimento penale.
Ne consegue che la sentenza impugnata è incorsa in un evidente errore di diritto nell’affermare
che la sentenza della Corte d’Appello di Trento del 20 marzo 2015 (documento acquisito)
aveva fornito ” una precisa ed attenta valutazione della rilevanza ed attendibilità delle
dichiarazioni dei due testi- parti offese, e quindi non pare comprensibile come mai il primo
giudice abbia ritenuto di concludere diversamente”.
Il Tribunale di Rovereto ha erroneamente utilizzato il documento (legittimamente) acquisito a
norma dell’art. 238 c.p.p. per valutare le prove e ricostruire i fatti del proprio procedimento,
come se si trattasse, quindi, di una sentenza irrevocabile acquisita a norma dell’art. 238 bis
c.p.p., valutandolo, peraltro, senza neppure osservare i parametri dell’art. 192 comma 30
c.p.p., ovvero “unitamente agli altri elementi di prova”, ma come fonte di prova esclusiva.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al giudice civile
competente per valore in grado d’appello.
I residui motivi dell’imputato ed i motivi di ricorso delle parti civili devono ritenersi assorbiti.

P.Q.M.

del 14/04/2000 – dep. 12/05/2000, Vera, Rv. 216306; vedi anche Cass. Sez. 1, 29.07.95 n.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado
d’appello .
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2018
Il presidente

Il consigliere estensore

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