Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20799 del 22/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20799 Anno 2018
Presidente: MICCOLI GRAZIA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNETTA Domenico, nato il 30/04/1963 a Pizzo

avverso la sentenza del 27/09/2016 della Corte di Appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, Avv. Alberto Lovisetti, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 27/09/2016 la Corte di Appello di Milano, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Como del 08/05/2013, ha
confermato l’affermazione di responsabilità penale di Cognetta Domenico in
relazione al reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen., per avere contraffatto

Data Udienza: 22/02/2018

le targhe dell’autovettura Opel Meriva, applicando del nastro adesivo di colore
nero in modo da trasformare il CR098CM in 0R0880M, riconoscendo la
continuazione con i reati giudicati con sentenza del Gip del Tribunale di Como
del 14/02/2012, che lo aveva condannato (tra l’altro) per il reato di rapina
commesso ai danni di una prostituta a bordo della vettura con le targhe
falsificate.

Domenico, Avv. Alberto Lovisetti, deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui
enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti
strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione di legge in relazione al reato di falso in certificazione
amministrativa: deduce che l’apposizione di nastro adesivo sulla targa del
veicolo non integra il reato, che è diretto a sanzionare la creazione di una
targa automobilistica; nel caso di specie, rimosso il nastro adesivo, la targa
era autentica; non ricorrerebbe neppure il reato

(recte,

l’illecito

amministrativo) di cui all’art. 100, comma 12, codice della strada, che implica
l’impossibilità di identificare il veicolo attraverso la targa, in quanto falsa.
2.2. Vizio di motivazione: la sentenza sarebbe contraddittoria allorquando
sostiene che la condotta abbia determinato una “modificazione durevole”, per
poi ammettere che sarebbe stato possibile rimuovere agevolmente il nastro
adesivo, in tal senso escludendo la stabilità e la immutabilità della
modificazione.
Sotto altro profilo, lamenta che la contraffazione era un tentativo
grossolano di coprire la targa con nastro adesivo, che, essendo
catarifrangente, era di facile visione anche di notte; ricorrerebbe una
inidoneità ad ingannare l’osservatore medio.
2.3. Vizio di motivazione in relazione alla recidiva, affermata senza una
considerazione della tipologia di condotta.
2.4. Vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, ed al
diniego delle attenuanti generiche, negate sulla base dei soli precedenti
penali, nonostante la condotta non abbia creato grave danno o pericolo;
inoltre, l’aumento per la continuazione poteva essere contenuto nei minimi,
così come deciso dal giudice di primo grado, che aveva applicato una pena
prossima al minimo edittale.

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2. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di Cognetta

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va rigettato.

2. Il primo motivo, con il quale si deduce che la targa non era stata
manomessa, in quanto, rimosso il nastro adesivo, essa era autentica, e che,
dunque, ricorrerebbe un mero illecito amministrativo, è infondato.

C.d.s. relativa alle targhe di immatricolazione prevede una serie di illeciti
amministrativi, la maggior parte dei quali è stata depenalizzata (circolazione
con veicolo privo di targa, apposizione di iscrizioni, distintivi o sigle in grado di
creare equivoco nell’identificazione del veicolo, circolazione con veicolo munito
di targa non propria o contraffatta); l’unica fattispecie penale residua è quella
prevista dal comma 14 dell’art. 100 C.d.s.
In particolare, l’art. 100 del Codice della strada, prevede un illecito
amministrativo al comma 12 (depenalizzato dal d.lgs. 507 del 1999), per
“chiunque circola con un veicolo munito di targa non propria o contraffatta”,
ed un illecito penale al comma 14, per “chiunque falsifica, manomette o altera
targhe automobilistiche ovvero usa targhe manomesse, falsificate o alterate”,
che “è punito ai sensi del codice penale”.
Nel rinviare alle fattispecie penali previste dal codice penale, dunque,
l’art. 100, comma 14, C.d.s. attrae le condotte criminose descritte nella
norma nell’ambito di operatività dei reati di cui agli artt. 477 c.p. (falsità
materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni
amministrative), 477-482 c.p. (falsità materiale commessa dal privato) e 489
c.p. (uso di atto falso).
La condotta tipica descritta dall’art. 100, comma 14, C.d.s. prevede due
fattispecie: 1) la falsificazione, manomissione o alterazione di targhe; 2) l’uso
di targhe manomesse, falsificate o alterate.
La prima specie di condotte, rientranti nel concetto generale di
contraffazione,

viene integrata dalla modifica degli estremi della targa

originaria (es. scambiando l’ordine delle cifre), dalla creazione di una targa
per imitazione, dalla sostituzione di una targa vera con altra contenente
estremi diversi (Sez. 5, 30 marzo 1979, n. 3203).

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Al riguardo, giova premettere che la disciplina contenuta nell’art. 100

La seconda condotta, invece, riguarda le ipotesi in cui l’autore non abbia
partecipato al reato presupposto consistente nella contraffazione della targa,
ma ne abbia fatto uso.
La tipicità del reato di uso di targa contraffatta, peraltro, può sovrapporsi,
in concreto, alla distinta condotta di circolazione con veicolo munito di targa
non propria o contraffatta, previsto dal comma 12 dell’art. 100 C.d.s. come
illecito amministrativo (depenalizzato con D.Igs. 507/99).

operata alla stregua, innanzitutto, del bene giuridico tutelato: invero, mentre
l’illecito amministrativo della circolazione con targa non propria o contraffatta
è posto a tutela della funzione di identificazione del veicolo in circolazione, il
reato di contraffazione o di uso di targa falsa è posto a tutela della fede
pubblica, e della connessa funzione certificativa della targa, quale documento
rilevante non ai fini della mera circolazione, bensì ai fini della regolarità e
legittimità dell’immatricolazione.
Pertanto, la condotta di chi adopera una targa contraffatta per far
circolare il veicolo può rientrare sia nella fattispecie di cui al comma 12, sia
nella fattispecie penale di cui al comma 14, in tal modo integrando un’ipotesi
di concorso di illeciti (Sez. 5, n. 46326 del 06/11/2007, Cappello, Rv.
238891).
Peraltro, la contraffazione deve consistere in una alterazione reale della
targa, non essendo sufficiente la mera copertura di una targa originale, per
rendere difficoltosa l’identificazione del veicolo in circolazione; in tal caso,
infatti, viene intergrato soltanto l’illecito amministrativo della circolazione con
targhe collocate con modalità tali da rendere insuscettibile di identificazione il
veicolo (art. 100 commi 9 lett. b) e 11 C.d.s.).
Al riguardo, è stato infatti affermato che circolare con targa originale ma
coperta parzialmente così da non poter essere identificati non costituisce nè il
reato previsto dall’art. 100 comma 12 nè quello previsto dall’art. 100 comma
14 d.lgs. 285/1992, in quanto la condotta posta in essere non realizza una
falsificazione, una manomissione o un alterazione della targa originaria, nè
una sostituzione con targa non propria (Sez. 5, n. 12936 del 18/02/2003,
Razzano, Rv. 224072, secondo cui è ravvisabile la violazione amministrativa
prevista dal comma 11 dell’art. 100 citato decreto, rappresentando un modo
per non rendere facilmente ispezionabile la targa; in tal senso, altresì,
Sez. 5, n. 1468 del 11/11/2010, dep. 2011, non massimata, secondo cui “la

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Al riguardo, la delimitazione dei confini di tipicità dei due illeciti va

condotta di colui che circola con targa originale, ma coperta parzialmente, così
da non poter essere identificato, non integra ne’ il reato previsto dall’art. 100
comma 12, ne’ quello previsto dall’art. 100 comma 14 D. Lgs. 285/1990, né infine — la fattispecie contestata. L’azione censurata, invero, non è in grado di
realizzare la fattispecie incriminatrice poiché gli atti di falsificazione, di
manomissione o di alterazione della targa originaria postulano, come ogni
condotta di falso documentale una modificazione durevole del documento, e

Al contrario, come già affermato da questa Corte, in una fattispecie
sovrapponibile a quella in esame, integra il reato di falsità materiale
commessa dal privato in certificati o autorizzazioni amministrative (artt. 477 e
482 cod. pen), la condotta di colui che modifica la targa della propria
autovettura, atteso che le ipotesi previste dall’art. 100 del C.d.S. ai commi 12
e 14 si distinguono tra loro in quanto la prima disposizione sanzione in via
amministrativa l’atto di circolazione con veicolo munito di targa non propria o
contraffatta, laddove non sia contestata all’agente la contraffazione, mentre la
seconda sanziona la contraffazione da parte dell’agente della targa quale
certificazione amministrativa dei dati di immatricolazione del veicolo (Sez. 5,
n. 25766 del 07/04/2015, Zibra, Rv. 264006, in una fattispecie in cui la Corte
ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ravvisato il reato indicato
nella condotta consistita nella modifica del numero della targa di una
autovettura mediante l’apposizione di strisce di nastro adesivo al fine di
evitare che il numero originale potesse essere rilevato dagli apparecchi
automatici per il controllo di velocità, realizzando così una durevole, anche se
non definitiva, falsa realtà documentale).
Nel caso in esame, la qualificazione giuridica appare immune da censure,
in quanto l’imputato non si è limitato a circolare con targa originale ma
coperta parzialmente, ma ha fatto uso di una targa da lui stesso alterata, in
quanto, mediante applicazione del nastro adesivo, aveva modificato i dati
identificativi del veicolo.
Invero, mentre l’illecito amministrativo concerne la circolazione con targa
non propria o contraffatta (nel caso in cui il conducente non sia autore della
contraffazione), l’illecito penale concerne la contraffazione o alterazione della
targa o l’uso della targa alterata; ipotesi, quest’ultima, ricorrente nella
fattispecie.

5

non soltanto un ostacolo provvisorio alla lettura dello stesso”).

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La modalità della contraffazione, posta in essere mediante applicazione di
nastro adesivo sui dati identificativi, in modo da alterarli (e non coprirli),
integra una modificazione durevole della targa, che impedisce l’identificazione
del veicolo, se non vi sia una rimozione delle strisce apposte; e l’alterazione
ricorre anche se non è materialmente definitiva (Sez. 5, n. 25766 del
07/04/2015, Zibra, Rv. 264006).

manifestamente infondata.
Premesso che la grossolanità della contraffazione, che dà luogo al reato
impossibile, si apprezza solo quando il falso sia ictu ()culi riconoscibile da
qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza e non si debba far
riferimento nè alle particolari cognizioni ed alla competenza specifica di
soggetti qualificati, nè alla straordinaria diligenza di cui alcune persone
possono esser dotate (ex multis, Sez. 5, n. 6873 del 06/10/2015, dep. 2016,
Carillo, Rv. 266417), la sentenza impugnata ha escluso la grossolanità della
alterazione, evidenziando, con apprezzamento immune da censure, che gli
agenti che avevano accertato la manomissione della targa erano dotati di
specifiche competenze professionali, mentre, al contrario, l’alterazione era
idonea a trarre in inganno qualsiasi osservatore medio.

4. Il terzo ed il quarto motivo, concernenti l’applicazione della recidiva ed
il diniego delle attenuanti generiche, sono manifestamente infondati.
Invero, la sentenza impugnata, con apprezzamento di fatto immune da
censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto ricorrere gli
indici di maggior colpevolezza o più spiccata pericolosità, fondamento della
recidiva, nelle numerose condanne riportate per reati anche gravi (in materia
di armi, di stupefacenti, furti e rapine), tra i quali è stato altresì richiamato il
reato di rapina ai danni della prostituta per eseguire il quale l’imputato aveva
alterato la targa del proprio veicolo.
Sulla base dei medesimi precedenti penali, inoltre, la Corte ha negato il
riconoscimento delle attenuanti generiche, evidenziando che la dedotta
tenuità del danno o del pericolo del fatto era al contrario smentita proprio dal
contesto nel quale è stata perpetrata la condotta illecita, finalizzata alla
commissione di un reato grave come la rapina, al fine di non consentire
l’identificazione dell’autore sulla base della targa alterata.

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Anche la doglianza relativa alla pretesa grossolanità dell’alterazione è

Al riguardo, giova rammentare che, in tema di diniego della concessione
delle attenuanti generiche, la “ratio” della disposizione di cui all’art. 62

bis

cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa
ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione
degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione
delle attenuanti; ne deriva che queste ultime possono essere negate anche
soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal modo viene

sua personalità (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826).
Infine, la doglianza sul

quantum dell’aumento di pena a titolo di

continuazione, riconosciuta dalla Corte territoriale in relazione alla rapina per
la quale era stata già pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, è
inammissibile.
A prescindere dal rilievo che la pena inflitta è stata determinata in
prossimità del minimo edittale (mesi tre di reclusione ed C 150,00 di multa,
ridotta di un terzo per la diminuente del rito abbreviato), è pacifico che la
graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni
previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la
pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne
discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri
ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non
sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da
sufficiente motivazione (ex multis, Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep.
2014, Ferrario, Rv. 259142). Inoltre, quanto all’onere motivazionale, nel caso
in cui venga irrogata una pena prossima al minimo edittale, l’obbligo di
motivazione del giudice si attenua, talchè è sufficiente il richiamo al criterio di
adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133
cod. pen. (Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464).
Nel caso in esame, l’aumento è stato determinato in misura senz’altro
modesta, anche alla luce dell’art. 81, comma 4, cod. pen., che, in caso di
recidiva reiterata (nella specie applicata), prevede un aumento non inferiore
ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave (al riguardo, Sez. U, n.
31669 del 23/06/2016, Filosofi, Rv. 267044); essendo il reato più grave la
rapina, è dunque verosimile che l’aumento per la continuazione sia stato
inferiore al limite previsto dall’art. 81, comma 4, cod. pen., sebbene in

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formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla

assenza di impugnazione da parte del P.M., ed in assenza di indicazioni nella
motivazione della sentenza impugnata e nel ricorso (unici atti nella
disponibilità cognitiva di questa Corte), non sia possibile vagliare l’eventuale
illegalità della pena, per difetto, e non già, come dedotto dal ricorrente, per
eccesso.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.

Così deciso in Roma il 22/02/2018

processuali.

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