Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20791 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20791 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 15/04/2016

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di Colonna Nicola, n. a Bari

il

26.05.1961, rappresentato e assistito dall’avv. Massimo Roberto
Chiusolo e dall’avv. Gianluca Loconsole, di fiducia, avverso la
sentenza della Corte d’appello di Bari, terza sezione penale, n.
533/2015, in data 09.04.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto della ritualità delle notifiche e degli avvisi;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Enrico
Delehaye che ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1

1. Con sentenza in data 14.04.2014, il giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Bari, all’esito di giudizio abbreviato,
dichiarava Colonna Nicola responsabile dei reati di cui agli artt. 110,
81 cpv., 628 commi 1, 2 e 3 n. 1 e 3 bis), 61 n. 2 cod. pen., 4 I. n.
895/1967 e, per l’effetto, lo condannava alla pena di anni quattro,
mesi quattro di reclusione ed euro 1.000,00 di multa con interdizione

2. A seguito della proposta impugnazione, la Corte d’appello di Bari,
in riforma della pronuncia di primo grado, riduceva la pena inflitta al
Colonna nella misura di anni quattro, mesi due di reclusione ed euro
1.000,00 di multa, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
3. Avverso la sentenza di secondo grado, nell’interesse di Colonna
Nicola, viene proposto ricorso per cassazione per denunciare
violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125,
129 e 546 cod. proc. pen., 81, 628 e 133 cod. pen..
In particolare, si denuncia la sbrigativa affermazione della penale
responsabilità del ricorrente pronunciata senza alcuna indicazione dei
criteri osservati in ordine alla valutazione delle testimonianze rese nel
corso del processo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, risulta
inammissibile.
2. Osserva preliminarmente il Collegio che la peculiarità del giudizio di
legittimità consiste nel fatto che, che oggetto di esso, è una
proposizione metalinguistica, ossia “il contrasto” tra una sentenza (o
un’ordinanza) ed una disposizione di legge e, nel valutare il dedotto
contrasto tra il provvedimento impugnato e l’art. 606 lett. e) cod.
proc. pen., la Suprema Corte deve solo verificare che la decisione del
giudice del merito sia stata congruamente e logicamente giustificata
sia nel sillogismo deduttivo che abbia condotto all’applicazione di una
determinata norma a un fatto accertato sia nelle argomentazioni
sostanziali che sorreggono la ricostruzione del fatto medesimo (cfr.,
Sez. 5, sent. n. 27335 del 13/06/2007, dep. 12/07/2007, D’Auria ed
altri, Rv. 237442; Sez. 5, sent. n. 22340 del 08/04/2008, dep.

dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.

04/06/2008, Bruno, Rv. 240491; Sez. 2, sent. n. 13927 del
04/03/2015, dep. 02/04/2015, Amaddio e altri).
2.1. Il ricorso è inammissibile in quanto deduce sostanzialmente
motivi non consentiti in questa sede: non si denunciano infatti reali
vizi di legittimità, ma si censurano in concreto le valutazioni e gli
apprezzamenti probatori, operati dai giudici di merito, ed espressi in
sentenza con una giustificazione che risulta completa, nonché fondata

nonché indenni da vizi logici.
2.2. Per risalente giurisprudenza, eccede infatti dalla competenza
della Suprema Corte ogni potere di revisione degli elementi materiali
e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo
del giudice di merito.
2.3. Il controllo sulla motivazione della Suprema Corte è, dunque,
circoscritto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.,
alla verifica di tre requisiti, la cui esistenza rende la decisione
intoccabile in sede di legittimità:
a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno
determinata;
b) l’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione, ossia la coerenza
delle argomentazioni rispetto al fine che le hanno determinate;
c)

il mancato affioramento di alcuni dei predetti vizi dall’atto

impugnato (cfr., Sez. 6, sent. n. 5334 del 22/04/1992, dep.
26/05/1993, Verdelli ed altro, Rv. 194203).
3. Fermo quanto precede, rileva il Collegio come la Corte territoriale,
con motivazione logica e congrua I abbia puntualmente dato conto
degli elementi che l’hanno portata ad affermare la penale
responsabilità dell’imputato in relazione ai reati in contestazione.
Di contro, il ricorrente propone censure del tutto vaghe che non
riescono nemmeno ad assumere i toni tipici – che sarebbero peraltro
inammissibili – delle valutazioni alternative rispetto a quelle segnalate
in sentenza non adeguatamente supportate dall’indicazione dei profili
di manifesta illogicità del motivare della Corte destinati ad inficiarne il
portato: da qui l’inammissibilità del ricorso.
4. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una

/

su argomentazioni giuridicamente corrette, adeguate e coerenti,

somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in euro 1.500,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di Euro

Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 15.4.2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dott. Andrea pellegrino

Dott.ssa Matilde Cammino

1.500,00 alla Cassa delle ammende.

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