Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20787 del 15/04/2016
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20787 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: FUMU GIACOMO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da Ali Ben Salem, n. Tunisia il
12.8.1980 (vari alias)
avverso la sentenza in data 14.2.2014 della Corte di
appello di Perugia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il
ricorso,
Udita la relazione svolta dal Consigliere dr. G. Fumu
Udita
la
requisitoria
del
Pubblico
Ministero
rappresentato dal s.p.g. dr. Enrico Delehaye, che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio
MOTIVI
DELLA
DECISIONE
l. Ali Ben Salem, cittadino marocchino con vari
alias,
riconosciuto recidivo qualificato, è stato dichiarato
colpevole del delitto di ricettazione di un’autovettura
Data Udienza: 15/04/2016
dal Tribunale di Perugia. Il fatto è stato accertato il
giorno 24 novembre dell’anno 1999; il reato
presupposto, un furto, risulta essere stato commesso il
giorno 4 novembre 1999.
2. La Corte di appello ha confermato la sentenza di
primo grado ritenendo dimostrata la responsabilità
polizia giudiziaria mentre dormiva all’interno di una
vettura, peraltro in pessime condizioni di stato,
sottratta al detentore circa 20 giorni prima.
Nel gravame si era rappresentato che l’imputato,
persona senza fissa dimora, avesse utilizzato
l’autovettura esclusivamente per ripararsi dal freddo e
per dormire, avendola solo per caso individuata ed
occupata allo scopo di soddisfare un bisogno essenziale
della vita. Il secondo giudice tuttavia ha disatteso le
doglianze difensive tendenti a far valere la mancanza
dell’elemento psicologico del reato.
3. Con il ricorso per cassazione l’imputato denuncia a
mezzo del difensore la mancata applicazione degli
articoli 129 e 530 del codice di procedura penale e
l’erronea applicazione degli artt. 648 capoverso e 43
del codice penale. Deduce, ancora, la violazione degli
articoli 5 paragrafo 1, 6 paragrafo 2 e 7 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e
dell’articolo 27 della Costituzione; la
contraddittorietà e mancanza della motivazione in
relazione alla sussistenza dell’elemento oggettivo e
soggettivo del reato; l’errata applicazione
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dell’imputato, il quale era stato sorpreso dalla
dell’articolo 648 del codice penale e l’inosservanza
degli articoli 129 e 531 del codice di rito in
relazione alla mancata applicazione degli artt. 157 e
161 del codice penale. Eccepisce inoltre la
illegittimità costituzionale di entrambe queste ultime
disposizioni per violazione dell’articolo 3 della
disparità di trattamento. Deduce ancora la illogicità
manifesta in relazione al mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche, l’inosservanza dell’articolo 62
bis del codice penale nel testo vigente al 24 novembre
del 1999, il vizio della motivazione sul punto e la
violazione del principio di divieto della doppia
valutazione in materia di circostanze.
4. Il motivo di ricorso che censura la ritenuta
sussistenza dell’elemento psicologico del reato è
fondato ed assorbente.
Emerge dal testo dei provvedimenti di merito che
l’imputato, cittadino extracomunitario senza fissa
dimora e con precedenti “per reati legati al mondo
dello spaccio di droga”, il 24 novembre del 1999 sia
stato “sorpreso” in ore notturne da personale della
locale Questura mentre dormiva all’interno di
un’autovettura risultata rubata, parcheggiata in una
pubblica via, in compagnia di altro giovane
tossicodipendente pure lui addormentato.
Risulta,
altresì,
che
la
medesima
auto
fosse
danneggiata (“in condizioni pessime”), con all’interno
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Costituzione sotto il profilo della irragionevole
numerose siringhe del tipo di quelle usate dai
tossicodipendenti.
I giudici di primo e secondo grado hanno argomentato
l’affermazione di responsabilità sulla base della
mancanza di giustificazione, da parte dell’imputato,
del possesso del bene, osservando come non risultasse
solo per dormirci, potendo questa “essere risalente nel
tempo” ed essendo del tutto irrilevante che egli non si
trovasse alla guida del mezzo.
Rileva il collegio come l’affermazione delle Corte di
appello, secondo cui non risulta che l’appellante
avesse avuto la detenzione del mezzo solo per dormirci,
si palesi apodittica ed in netto contrasto logico
proprio con quelle emergenze processuali – risultanti
dal testo delle sentenze – dalle quali i giudici di
merito derivano la conclusione di responsabilità.
Sono dati fattuali pacifici, infatti, che l’imputato
fosse un extracomunitario senza fissa dimora, che fosse
inserito nel mondo degli stupefacenti, che con lui si
trovasse un altro tossicodipendente,
che i due
dormissero in una notte invernale in una vettura
parcheggiata in una pubblica via, che detta autovettura
fosse “in condizioni pessime” e presentasse “una serie
di danni” fra cui “dei tagli”, che, soprattutto, avesse
al suo interno numerose siringhe usualmente utilizzate
dai tossicodipendenti.
A fronte di tali risultanze dalle quali – come rileva
il ricorso – emerge, per le condizioni stesse delle
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che l’appellante avesse avuto la detenzione del mezzo
persone e del mezzo come sopra descritte, la concreta
possibilità che dopo il furto l’auto fosse stata
destinata a ricovero per gli sbandati ed a luogo per il
consumo di sostanze stupefacenti; sarebbe stato onere
della Corte di appello, a fronte della giustificazione
difensiva – coerente con le premesse fattuali descritte
adeguatamente, dopo aver verificato che si fosse
realizzata la condotta che integra il delitto
contestato, sulla sussistenza in capo all’imputato del
dolo di ricezione del bene a fine di profitto ed alla
consapevolezza, da parte sua, della provenienza da
delitto di una vecchia auto ridotta nelle condizioni di
cui si è detto.
Appare altresì frutto di mera congettura, stante la
situazione di fatto descritta, derivare la sussistenza
dell’elemento psicologico dalla mancanza nell’auto dei
documenti di circolazione (chiamati per mero
lapsus
“documenti di guida” dall’estensore) e dal tempo
trascorso dal furto, tutti elementi pacificamente
interpretabili anche in senso favorevole alla versione
difensiva.
Non valutando adeguatamente quest’ultima in rapporto
alla plurima e non univoca significanza delle
risultanze di causa, la Corte di appello ha omesso di
adeguatamente valutare se queste potessero consentire
di superare la ragionevolezza del dubbio sul dolo di
ricettazione, solamente il pieno accertamento del quale
avrebbe consentito di distinguere fra ricezione al fine
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– del precario utilizzo del bene, argomentare
di profitto e mero possesso di cose di provenienza
delittuosa.
La motivazione è dunque mancante sul punto e non
integrabile in sede di rinvio per le considerazioni su
esposte e per l’impossibilità, stante il tempo
trascorso dal fatto, di procedere a nuovi accertamenti.
sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di
ricettazione impone dunque l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata perché il fatto non
costituisce reato.
PQM
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il
fatto non costituisce reato.
Roma, 15.4.2016
Il Consigliere est.
Giacomo Fumu)
Il Presidente
(Matilde Cammino)
5. La carenza di giustificazione in relazione alla