Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20776 del 21/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20776 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAGNELLI AMEDEO N. IL 28/05/1946
avverso la sentenza n. 1709/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
15/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/04/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in riforma di quella di primo grado, Magnelli
Amedeo fu ritenuto responsabile dei reati furto in appartamento aggravato e
resistenza a pubblico ufficiale e, riconosciuto il vizio parziale di mente e le
attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, fu condannato alla
pena di sei mesi di reclusione € 500 di multa;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con

di motivazione in relazione all’entità della riduzione di pena per effetto delle
attenuanti generiche prevalenti e del vizio parziale di mente, che è stato
contenuto complessivamente in un terzo invece che e spesso a due terzi;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza,
poiché , poiché va rimarcato che il giudizio sulla dosimetria della pena è rimesso
alla discrezionalità del giudice di merito, per cui non vi è margine per il sindacato
di legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai
canoni della logica. Nel caso di specie la Corte territoriale ha applicato un
trattamento sanzionatorio contenuto, calcolato partendo da una pena prossima
al minimo edittale per il reato più grave, applicando una riduzione complessiva
per entrambe le attenuanti riconosciute di un terzo della pena base, ed
applicando un aumento molto contenuto per la continuazione, così pervenendo
ad una pena finale non distante dal minimo teorico;
– che secondo il costante orientamento di questa Corte, quando questa
venga compresa nel minimo o in prossimità del minimo, la motivazione non deve
necessariamente svilupparsi in un esame dei singoli criteri elencati nell’art. 133
cod. pen., essendo sufficiente il riferimento alla necessità di adeguamento al
caso concreto (Sez. 2, n. 43596 del 07/10/2003, Iunco, Rv. 227685), oppure
l’uso di espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”,
ovvero si richiami la gravità del reato o la personalità del reo (Sez. 3, n. 33773
del 29/05/2007, Ruggieri, Rv. 237402)
– che nel caso di specie la Corte territoriale ha adeguatamente motivato la
propria decisione in termini dì “congruità”, e pertanto questa è insindacabile in
sede di legittimità;
– che in conclusione la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le
conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di
2

atto sottoscritto dal difensore, avv. Carmine Cuomo, con il quale si deduce vizio

elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione
della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro
mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2015
Il consigliere estensore

ammende.

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