Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20774 del 21/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20774 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALAIMO GIUSEPPE N. IL 26/05/1971
avverso la sentenza n. 2/2013 TRIBUNALE di AGRIGENTO, del
28/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/04/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, confermativa di quella di primo grado, Alaimo
Giuseppe fu ritenuto responsabile dei delitti di ingiuria, minaccia e lesioni
volontarie;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto sottoscritto dal difensore, avv. Carmen Augello, con il quale deduce
violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di

valutazione dell’attendibilità della persona offesa, in relazione alle dichiarazioni
degli altri testi; che con un ulteriore doglianza si deduce violazione , di legge e
vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche e della
circostanza attenuante comune del fatto doloso della persona offesa ex articolo
62 numero 5 cod. pen.;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile poiché il primo motivo, al di là della
rubrica, si risolve in censure di fatto, che contrappongono un alternativo
apprezzamento alla valutazione operata dei giudici di merito, finendo con il
richiedere alla Corte di legittimità di prendere posizione tra le diverse letture dei
fatti. Indice sintomatico di tale intento è generico richiamo di passaggi della
deposizione dei testi Fanara, Carlino e Acquisto, senza che ne sia però
denunciato correttamente il travisamento; sotto questo profilo va ribadito che la
Corte di cassazione non ha il compito di trarre valutazioni autonome dalle prove
o dalle fonti di prova, e pertanto non si può addentrare nell’esame del contenuto
documentale delle stesse, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato e,
tanto meno, se contenute in un atto di parte, poiché in sede di legittimità è
l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova .e sulle fonti
indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato che è sottoposta al controllo
del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole
della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza espositiva (Sez.
6, n. 28703 del 20/04/2012, Bonavota, Rv. 253227);
– che nel caso di specie non è illogica la valutazione di attendibilità del
giudice d’appello in ordine alle dichiarazioni della persona offesa, alle quali,
occorre ricordare, non si applicano le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod.
proc. pen., potendo essere legittimamente poste da sole a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica rigorosa,
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responsabilità, per errata valutazione delle testimonianze rese ed errata

corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012,
Bell’Arte, Rv. 253214); in particolare il giudice di merito ha evidenziato che le
dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa, oltre ad apparire
intrinsecamente coerenti, sono state suffragate dalle dichiarazioni rese dagli altri
testi;
– che anche la doglianza riguardante le attenuanti generiche è infondata, poiché
il Tribunale non ha rinvenuto elementi positivi da valorizzare allo scopo, in linea

44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610) il diniego può essere legittimamente
giustificato con l’assenza di elementi o-circostanze di segno positivo, a maggior
ragione dopo la modifica dell’art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n.
92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della
quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di
incensuratezza dell’imputato;
– che parimenti manifestamente infondata è la doglianza riguardante il mancato
riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 62, numero 5, cod. pen., poiché
i giudici di merito l’hanno esclusa in punto di fatto, accertando che essa è
sprovvista di qualsivoglia avallo processuale;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 21 aprile 2015
Il consigliere estensore

Il pres ente

con la più recente giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale (Sez. 3, n.

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