Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20765 del 22/03/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 20765 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MANCA GIOVANNI MATTEO, nato a San Pietro Vernotico il 10/11/19

avverso la sentenza del 27.3.2015 del Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale dott.
Gioacchino Izzo che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 22/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27.3.2015, il Giudice della udienza preliminare del
Tribunale di Lecce applicava a Manca Giovanni Matteo, su richiesta delle parti,
previa riqualificazione del fatto e applicata la diminuente del rito, la pena di anni
uno e mesi otto di reclusione ed euro 4.000,00 di multa in ordine al reato di cui
all’art. 73 comma 4 d.P.R. n. 309/1990 per detenzione illecita di sostanza
stupefacente del tipo canapa indiana.

Giovanni Matteo, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo un unico motivo di
seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come
disposto dall’art. 173 comma 1, dìsp. att. cod. proc. pen: violazione degli artt. 125
comma 3 e 546 cod. proc. pen. in relazione all’art. 606 comma 1 lett. e) cod.
proc. pen..
Il ricorrente lamenta la genericità della motivazione in ordine all’esistenza dei
presupposti positivi e negativi del rito, con particolare riferimento alla inesistenza
delle cause di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen. ed alla
qualificazione giuridica del fatto.
Conclude, pertanto, per l’annullamento della sentenza impugnata con ogni
conseguente statuizione.
Con le conclusioni scritte depositate il 29.9.2015, il Procuratore Generale
presso la Corte di Cassazione dott. Gioacchino zzo ha chiesto che il ricorso venga
dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

111 motivo di ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Va rimarcato che l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt.
111 Cost. e 125, comma terzo, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, opera anche
rispetto a quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti. Tuttavia, in tal
caso, esso non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della
sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito
del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti,
lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione.
In particolare, la motivazione della sentenza di applicazione della pena su
richiesta delle parti contiene una valutazione positiva ed una negativa: quella
positiva consiste nella verifica della sussistenza dell’accordo delle parti, nonché

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Manca

della correttezza della qualificazione giuridica del fatto e delle circostanze, mentre
quella negativa si risolve nell’escludere l’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.
Per quest’ultima sussiste l’obbligo di motivazione solo quando dagli atti emergano
concreti elementi sull’applicabilità di detta norma, essendo altrimenti sufficiente la
semplice enunciazione, anche implicita, di avere effettuato, con esito negativo, la
richiesta verifica.
Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica

emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta
la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n.10372, dep.18/10/1995,
Rv.202270, Sez.6, n. 2829 del 30/06/1997, dep.30107/1997, Rv.208553, Sez.3,
n. 2932 del 22/09/1997, dep. 06/11/1997, Rv.209387, Sez.4 n.5964 del
16/12/2002, dep.07/02/2003, Rv.223517, Sez.2, n.6455 del 17/11/2011,
dep.17/02/2012, Rv.252085).
Va, poi, ribadito il principio in base al quale la sentenza di patteggiamento
può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di
motivazione, solo se dal testo di essa appaia evidente la sussistenza delle cause
di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen.(Sez.4, ordinanza n.30867 del
17/06/2011, dep.03/08/2011, Rv.250902, Sez.5, sentenza n.31250 del
25/06/2013, dep.22/07/2013, Rv.256359).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art.
129 cod. proc. pen. appare adeguata, perché richiama il contenuto degli atti di
indagine evidenziando l’inesistenza di elementi valutabili a favore dell’imputato,
nè dal testo della sentenza emerge l’evidenza della sussistenza di cause di non
punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen.
1.2. In ordine ali’ ulteriore profilo di censura relativo alla qualificazione
giuridica del fatto, va osservato quanto segue.
Come è noto, la possibilità di impugnare la sentenza di patteggiamento per
denunciare la violazione di legge per erronea qualificazione giuridica del fatto ha
dato luogo ad interpretazioni contrastanti, risolte da un intervento delle Sezioni
unite (sent. n. 5 del 19 gennaio 2000, Neri), le quali hanno statuito che con
ricorso per cassazione può essere denunciata l’erronea qualificazione del fatto
come prospettata dalle parti e recepita dal giudice, e ciò perché è lo stesso art.

3

il

motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti

444, comma 2, cod. proc. pen. ad imporre siffatto controllo, funzionale ad evitare
che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati.
Tuttavia, proprio in considerazione della natura del patteggiamento e dello
scopo del controllo affidato al giudice, l’impugnabilità per l’erronea qualificazione
del fatto deve essere limitata ai casi in cui quella prospettata dalle parti sia
palesemente erronea ovvero ai casi in cui la contestazione originariamente
delineata dal solo pubblico ministero sia anch’essa manifestamente erronea.
Quindi, la ricorribilità della sentenza di patteggiamento è ammessa nelle sole

l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, sicché deve essere esclusa
tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità; l’errata
qualificazione giuridica del fatto può essere fatta valere solo dinanzi ad un evidente
error in iudicando che “dissimuli un’illegale trattativa sul nomen iuris”, ma non in
presenza di una qualificazione che presenti oggettivi margini di opinabilità (tra le
tante v., Sez. 4, 11 marzo 2010, n. 10692, P.G. in proc. Hernandez rv. 246394;
Sez. 3, 23 ottobre 2007, n. 44278, P.G. in proc. Benha; Sez. 6, 20 novembre
2008, n. 45688, P.G. in proc. Bastea; Sez. 6, 10 aprile 2003, n. 32004, P.G. in
proc. Valetta; sez. 6^, n. 15009 del 27.11.2012 dep. il 2.4.2013, Bisignani, rv.
254865, Sez.3, n.34902 de124/06/2015, dep.17/08/2015, Rv.264153).
Nella specie, alla luce del fatto integrante l’imputazione, la valutazione
operata dal Tribunale, che riteneva corretta la qualificazione giuridica del fatto,
risulta in linea con i principi giuridici suesposti, tant’è che il ricorrente neppure
deduce una diversa qualificazione del fatto ma si limita ad una contestazione del
tutto generica.
2. Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in
dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 22/3/2016

ipotesi di errore manifesto, ossia quando sussiste realmente l’eventualità che

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA