Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20758 del 13/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20758 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: BIANCHI MICHELE

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
VALENTINI ESPEDITO MICHELE nato il 06/10/1984 a SCORRANO
TRAVERSA DARIO nato il 01/06/1983 a ZURIGO( SVIZZERA)

avverso la sentenza del 09/05/2016 della CORTE ASSISE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MICHELE BIANCHI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore dott. LUCA
TAMPIERI che ha concluso per per l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata nei confronti di Traversa Dario e per il rigetto del ricorso di Valentini
Espedito Michele.
E’ presente l’avvocato MORRONE CORRADO del foro di ROMA, sostituto
processuale, come da nomine depositate in udienza, dell’avvocato COVELLA
LUIGI LEONARDO del foro di LECCE in difesa della parte civile DE VITIS SILVIA e
dell’avvocato MARCUCCIO MARCELLO del foro di LECCE in difesa delle parti civili
i ROMANO ITALO, CAVALERA MARIA TERESA, ROMANO FABIO, che chiede il
rigetto dei ricorsi, e deposita, inoltre, le conclusioni scritte e le note spese.
E’ presente l’avvocato VERGINE FRANCESCO del foro di LECCE in difesa di
TRAVERSA DARIO, che conclude chiedendo l’accoglimento dei moivi di ricorso.
E’ presente l’avvocato COPPOLA MARIO del foro di LECCE in difesa di VALENTINI

Data Udienza: 13/02/2018

ESPEDITO MICHELE, che conclude per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
E’ presente l’avvocato GROSSO ENRICO del foro di TORINO in difesa di
VALENTINI ESPEDITO MICHELE, che conclude insistendo nell’accoglimento del

ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata in data 9.5.2016 la Corte di assise di appello di
Lecce ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata in data 11.6.2015 dalla
Corte di assise di Lecce che aveva ritenuto Valentini Espedito Michele e Traversa
Dario responsabili, rispettivamente, dei delitti di omicidio volontario di Romano
Roberto, di tentato omicidio di Traversa Dario e di detenzione e porto illegali di
arma comune da sparo, il primo, e di favoreggiamento personale, il secondo.

Espedito Michele alla pena di anni ventitre di reclusione e alle statuizioni civili,
mentre per Traversa Dario ha riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti
alla recidiva ed ha quindi ridotto la pena principale ad anni due di reclusione,
eliminando la pena accessoria.

2.

L’imputazione concerne, per il solo Valentini Espedito Michele, i fatti,

sopra indicati, commessi il 24.3.2012 e uniti nel vincolo della continuazione, e,
per Traversa Dario, il reato, commesso il 25.3.2012, di favoreggiamento
personale in favore di Valentini Espedito Michele, per aver taciuto agli
investigatori l’identità del soggetto che aveva sparato a lui e al Romano.

3. Secondo la ricostruzione del primo giudice, nel pomeriggio del 24 marzo
2012 era giunta, procedendo contromano e a forte velocità, presso l’abitazione di
Romano Roberto, sita in Ruffano via Boccaccio, un’auto Golf, con a bordo due
giovani, poi riconosciuti da un teste in Macagnino Andrea, autista, e in Valentini
Espedito Michele, passeggero; quest’ultimo, uscito dall’auto, aveva iniziato a
litigare con Romano Roberto, a sua volta uscito dall’abitazione; dopo aver udito
spari di arma da fuoco, alcuni testi, vicini di casa, notavano la Golf allontanarsi a
gran velocità, ritornare indietro dopo poco, e attendere un giovane, che rientrava
nella abitazione e poi se ne allontanava definitivamente.
Quanto al fatto accaduto all’interno dell’abitazione di Romano Roberto,
l’imputato Valentini, premesso di aver avuto una relazione sentimentale con la
moglie della vittima sin dall’anno 2003, circostanza da tempo nota a Romano
Roberto, ha sostenuto che quel pomeriggio era stato visto dal Romano mentre
circolava in moto vicino al locale di parrucchiere dove lavorava la moglie del
Romano, il quale si era quindi recato a casa sua dicendo alla madre dell’imputato
che voleva incontrarlo; egli quindi si era quindi fatto accompagnare da
Macagnino sino a casa di Romano Roberto, dove aveva avuto un alterco con il
Romano, anche all’interno dell’abitazione.

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In particolare, il giudice di appello ha confermato la condanna di Valentini

In particolare, nel corso del litigio Romano lo aveva minacciato di morte;
egli, allora, aveva raccolto da terra una pistola caduta al Romano ed aveva
sparato; era poi fuggito, tornando, però, subito indietro dicendo alle persone
presenti in casa di chiamare i soccorsi; si era infine allontanato con la pistola, poi
gettata via.
Cavalera Alessandro aveva spiegato che quel pomeriggio era andato a
trovare l’amico Romano, che era in compagnia di Traversa Dario, e si erano
accomodati in cucina; al suono del campanello, Romano si era diretto ad aprire e

dopo aveva udito colpi di arma da fuoco; Traversa Dario si era quindi diretto
verso il Romano, mentre egli andava a nascondersi uscendo sul retro della casa;
aveva poi udito altri spari.
Rientrato in casa, Cavalera aveva trovato i due amici feriti, ma ancora
coscienti; mentre stava chiamando il 118, era entrato in casa un giovane, a lui
sconosciuto, che aveva intimato” non avete visto niente”.
In relazione alla versione del fatto data dall’imputato, la Corte di assise ha
ritenuto non credibile l’affermazione secondo cui l’imputato sarebbe stato vittima
di una aggressione, evidenziando che l’imputato aveva gettato via la pistola, che
non era più stata ritrovata; che l’imputato aveva suonato al campanello
dell’abitazione del Romano, che quindi non lo attendeva; che l’imputato,
rientrato, dopo la sparatoria, nella casa del Romano aveva intimato al Cavalera
di tacere; che le vittime erano state colpite alle spalle, nell’atto, quindi di
allontanarsi .
La Corte di assise ha dunque ritenuto che Valentini avesse sparato una serie
di colpi di pistola all’indirizzo, prima, del Romano e, quindi, del Traversa mentre
si trovavano nel corridoio della abitazione; che l’arma utilizzata fosse stata
portata con sé dal Valentini, che poi l’aveva fatta sparire; che il Valentini non
avesse subito alcuna aggressione, avendo egli, da subito, affrontato il Romano
tenendo in mano la pistola.
Quanto al Traversa, il primo giudice, preso atto che lo stesso in data
25.3.2012 aveva descritto ai carabinieri il fatto, precisando di non aver visto
all’interno della abitazione, nel momento in cui si era approssimato al Romano,
ferito, nessuno, ha ritenuto la falsità di tale dichiarazione, sia per la ricostruzione
dei fatti sia per il contenuto di una successiva affermazione del Traversa, oggetto
di intercettazione, nella quale lo stesso aveva indicato il Valentini come autore
del fatto.
Inoltre, la idoneità della falsa dichiarazione a condizionare il prosieguo delle
indagini era desumibile dalla rilevanza del ruolo del Traversa come testimone.

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lo aveva sentito dire al visitatore ” non mi impressioni che hai il ferro”, poco

3. La sentenza di appello ha condiviso la ricostruzione del fatto operata dal
primo giudice, fatta eccezione per il luogo dove sarebbe avvenuta la sparatoria:
la Corte di assise di appello ha ritenuto che il Valentini si trovasse all’interno
della camera da letto posta alla sinistra dell’ingresso.
Tale circostanza di fatto, però, non ha determinato una diversa ricostruzione
delle azioni delle persone coinvolte nel fatto.
Quanto all’imputato Traversa, il secondo giudice ha confermato il giudizio di
penale responsabilità, riconoscendo le attenuanti generiche equivalenti alla

4. Contro tale provvedimento, i difensori dell’imputato Valentini Espedito
Michele hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi,
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art.
173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. :
– Violazione di norme processuali e difetto di motivazione in ordine al
rigetto della richiesta di ammissione al rito abbreviato condizionato, pronunciato
dalla Corte di assise con ordinanza in data 4.4.2013, e al punto della sentenza di
appello che ha ritenuto legittimo il rigetto pronunciato dal primo giudice e quindi
ha negato l’applicazione della diminuzione di pena connessa al rito abbreviato
( motivo primo);
– difetto di motivazione in relazione :
*

al mancato riconoscimento della legittima difesa reale ( motivo

secondo) o di quella putativa ( motivo terzo) in ordine al delitto di omicidio
volontario;
* alla mancata qualificazione giuridica dei fatti ascritti come omicidio
colposo e lesioni personali colpose, ai sensi degli artt. 55 cod. pen. ( motivo
terzo);
* alla mancata qualificazione giuridica dei fatti ascritti come omicidio
preterintenzionale e come lesioni personali volontarie gravi ( motivo quarto);
* al diniego dell’attenuante della provocazione ( motivo quinto);
* al giudizio di comparazione tra circostanze, e alla misura degli aumenti
di pena ( motivo sesto);
* alle statuizioni civili in favore di De Vitis Silvia ( motivo settimo).

5. Il difensore dell’imputato Traversa Dario ha proposto ricorso per
cassazione, con memoria di motivi nuovi, deducendo i seguenti motivi, enunciati
nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen. :
– Violazione della legge penale nell’accertamento del fatto;
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recidiva.

- Inutilizzabilità della intercettazione ambientale effettuata nella camera
di ospedale dove era ricoverato Traversa Dario, da considerare come luogo di
privata dimora;
– difetto di motivazione del giudizio circa la idoneità della condotta à
ritardare o sviare le indagini;
– difetto di motivazione del giudizio relativo all’elemento soggettivo del
reato.
Con memoria di motivi nuovi, il difensore integra il secondo motivo con

del tempo trascorso tra le dichiarazioni alla polizia giudiziaria e la conversazione
oggetto di intercettazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono infondati e vanno perciò respinti.
Le posizioni degli imputati e le censure proposte sono del tutte distinte, e
quindi i rispettivi motivi di impugnazione vanno esaminati separatamente.

Imputato Valentini Espedito Michele.

Il ricorso proposto dalla difesa di Valentini propone questioni di natura
processuale, sulla motivazione relativa alla ricostruzione del fatto e quindi alla
sua qualificazione giuridica, sul trattamento sanzionatorio e relativamente alle
statuizioni civili.

1. Il primo motivo enunciato dal ricorso dei difensori di Valentini Espedito
concerne l’ordinanza che aveva respinto la richiesta di ammissione al rito
abbreviato condizionato, decisione assunta dal giudice dell’udienza preliminare e
dalla Corte di assise, confermata nel giudizio di appello.

1.1. In fatto, è accertato che all’udienza preliminare l’imputato Valentini
aveva chiesto l’ammissione al rito abbreviato, condizionato alla acquisizione di
documenti, alla effettuazione di perizia balistica, alla assunzione di testimoni
( vedi istanza scritta, allegato n. 1 all’atto di appello dell’avv. Francesca Conte),
e che il giudice, con ordinanza in data 31.1.2012, aveva respinto la richiesta,
disponendo quindi il giudizio ordinario avanti la Corte di assise.
A dibattimento, la difesa di Valentini aveva riproposto la richiesta di
ammissione al rito abbreviato, condizionato alla effettuazione di perizia balistica;

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riferimenti a recente pronuncia delle Sezioni Unite e gli altri motivi con il rilievo

la Corte di assise, con ordinanza in data 4.4.2013, aveva respinto la richiesta e
proceduto con giudizio ordinario.
Con l’impugnazione della sentenza di primo grado, la difesa di Valentini
aveva impugnato anche l’ordinanza dibattimentale che aveva respinto la
richiesta di rito abbreviato condizionato; la sentenza impugnata ha respinto il
motivo.

1.2. Il motivo di ricorso ripropone la censura di illegittimità della decisione

della sparatoria, necessaria ai fini della decisione e compatibile con la finalità di
economia processuale, propria del rito richiesto.
Viene anche denunciata la inadeguatezza della motivazione data, sul
punto, dalla sentenza impugnata, che aveva definito come “neutro” un mezzo di
prova ( la perizia balistica) e pur tuttavia aveva compiuto ampio richiamo agli
accertamenti balistici nella ricostruzione del fatto, ed aveva ritenuto, senza darne
motivazione, che la perizia avrebbe determinato ritardo nella definizione del
processo.

1.3. Il motivo è infondato.

1.3.1. Si deve precisare che l’ordinamento processuale – delineato a
seguito della pronuncia n. 169/2003 della Corte Costituzionale e degli ulteriori
interventi delle Sezioni Unite della Corte di cassazione ( sentenza n.
44711/2004, Wajib) e della Corte Costituzionale ( sentenza n. 433/2006) – onera
la parte, la cui tempestiva richiesta di rito abbreviato condizionato ad
integrazione istruttoria sia stata respinta dal giudice dell’udienza preliminare, di
rinnovare l’istanza prima dell’apertura del dibattimento di primo grado e, in caso
di nuovo diniego ritenuto illegittimo, di impugnare l’ingiustificato ( per la
illegittimità del rigetto della istanza di rito abbreviato condizionato) diniego della
diminuzione di pena di cui all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen.
Tale disciplina, per quanto riguarda il sindacato sulla decisione di rigetto
della richiesta di rito abbreviato condizionato a integrazione probatoria, richiede
che la parte abbia riproposto, al giudice del dibattimento, la medesima istanza
oggetto del precedente rigetto ( Sez. 1, 27.4.2011, Carlino, Rv. 250232; Sez. 2,
28.9.2011, Saccoia, Rv. 251762; Sez. 1, 19.4.2006, Lombardi, Rv. 234964) e
definisce il merito del controllo in relazione ai criteri, indicati dall’art. 438,
comma 5, cod. proc. pen., della necessità della prova richiesta ai fini della
decisione e della compatibilità della prova con le finalità di economia processuale
proprie del rito richiesto.
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di rigetto dell’istanza, avente ad oggetto integrazione probatoria sulla dinamica

1.3.2. Plurime sono le ragioni della infondatezza della censura proposta.
Innanzitutto, Valentini ha riproposto alla Corte di assise una istanza
avente contenuto diverso da quella formulata al giudice dell’udienza preliminare,
in quanto limitata alla richiesta di perizia balistica e non estesa agli ulteriori
mezzi di prova oggetto dell’originaria richiesta.
Ne consegue che non risulta sussistente il primo requisito processuale
necessario per determinare il sindacato sulla originaria decisione di rigetto
dell’istanza, presupposto per ottenere il riconoscimento, nel giudizio

Inoltre, con riferimento al mezzo di prova oggetto della richiesta di
integrazione probatoria, si deve escludere la sua necessità ai fini della decisione.
Dalle sentenze di merito risulta, infatti, che nel corso delle indagini
preliminari erano già stati compiuti accertamenti balistici, sulla base dei quali il
giudice di appello era poi giunto a conclusioni condivise anche dalla difesa
dell’imputato Valentini, che, infatti, nei giudizi di merito, non aveva formulato
istanze di ammissione di perizia balistica.

2. I motivi secondo, terzo e quarto del ricorso presentato dai difensori di
Valentini riguardano la motivazione in ordine all’accertamento del fatto e, sotto
diversi profili, la legittimità della relativa qualificazione giuridica.
Le principali censure vengono argomentate nel secondo motivo, nella
prospettiva del riconoscimento della causa di giustificazione della legittima
difesa, mentre nei motivi terzo e quarto le censure vengono proposte in
relazione alle deduzioni, formulate nei giudizi di merito come subordinate alla
prima, del riconoscimento, in via gradata, della legittima difesa putativa,
dell’eccesso colposo, dell’assenza del dolo omicidiario e quindi della
qualificazione dei fatti ai sensi degli artt. 584 e 582 cod. pen. .

2.1. Il ricorso sostiene che la sentenza impugnata avrebbe correttamente
accertato il luogo della sparatoria, senza però trarne le dovute conseguenze circa
la dinamica dei fatti e, quindi, la corretta qualificazione giuridica degli stessi.
Infatti, l’accertamento che l’imputato Valentini aveva sparato dall’interno
della camera da letto in direzione del Romano, che si trovava nei pressi della
porta di ingresso del medesimo vano, avrebbe dovuto far ritenere, quantomeno,
plausibile l’ulteriore accertamento che il Valentini fosse stato vittima di
aggressione, dalla quale aveva dovuto difendersi, con conseguente manifesta
illogicità della diversa ricostruzione operata dal giudice di appello.
In particolare, il secondo motivo del ricorso evidenzia i profili di
contraddittorietà e illogicità ravvisabili nelle argomentazioni svolte dalla Corte di
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dibattimentale, della diminuzione di pena per il rito abbreviato.

assise di appello per escludere la sussistenza di una aggressione in danno del
Valentini.
Il collegio ritiene che le censure proposte in ordine alla adeguatezza della
motivazione data dalla sentenza di appello, in ordine alla ricostruzione della
dinamica del fatto, abbiano contenuto di merito e risultino, comunque, infondate.

2.2. Si deve, innanzitutto, rilevare la completezza della motivazione della
decisione di appello, che ha ricostruito la dinamica del fatto, tenendo conto delle

dichiarativi relativi alle condotte immediatamente precedenti e successive al
fatto.
Con riferimento agli accertamenti sulla scena del delitto, il motivo ( pagg.
9-11) sostiene che l’accertamento della seconda sentenza sarebbe
contraddittorio, in quanto, pur avendo riconosciuto che la sparatoria era
avvenuta con il Valentini all’interno della camera da letto e che gli uomini non
avevano una posizione statica, bensì in movimento, avrebbe poi ritenuto di poter
dedurre dalla direzione dei colpi di pistola la volontà omicida del Valentini.
Si tratta di giudizio che non è in contraddizione con quanto accertato in
fatto dal secondo giudice.
Invero, è accertato quali siti corporei siano stati attinti dagli spari, e ciò
prova la volontà omicidiaria, in quanto si tratta di plurimi colpi di arma da fuoco
sparati in un contesto ravvicinato e ad altezza tale da attingere le zone vitali del
corpo.
Quanto al possesso della pistola, circostanza di fatto evidentemente
significativa del soggetto che si era proposto con atteggiamento aggressivo nei
confronti dell’altro, il giudice di appello ha valorizzato le testimonianze Pappadà e
Cavalera, che avevano udito Romano Roberto esprimersi, dapprima, fuori e,
quindi, all’interno della abitazione in termini compatibili con la detenzione da
parte del Valentini di una pistola ( “… abbassa quella cosa, tu a me non la devi
mostrare …”, “… non mi fai paura che c’hai il ferro …”).
Il ricorso coglie l’importanza del relativo passaggio motivazionale e vi
dedica gran parte del motivo secondo ( da pag. 12 a pag. 31).
Peraltro, parte dei rilievi riguardano circostanze marginali, come il
possesso, al di fuori del contesto che interessa, di una pistola da parte del
Romano e del Valentini, ovvero le testimonianze di chi non aveva visto la pistola
( testi Colitti e Manco).
Con specifico riferimento alla teste Pappadà, il motivo ( pagg. 24-26)
ripropone rilievi di merito in ordine al giudizio di attendibilità della teste, la quale
solo a dibattimento aveva riferito di aver udito l’espressione ” … abbassa quella

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risultanze degli accertamenti compiuti sul luogo del fatto e degli apporti

cosa …”, quando nelle indagini preliminari aveva dichiarato di aver udito solo la
frase ” … tu quella cosa non me la devi mostrare …” , era stata implicitamente
smentita dalla testimonianza di chi, pur assistendo all’incontro tra Romano e
Valentini, non aveva notato la presenza di una pistola, ed era risultata
incompatibile con il riferito atteggiamento tranquillo del Romano.
In realtà, già la Corte di assise aveva motivato sulla compatibilità della
testimonianza Pappadà con le altre, ciascuna evidentemente relativa ad una
porzione di quella scena ( l’incontro tra Romano e Valentini fuori dalla abitazione

casuale spettatore.
Il ricorso ripropone deduzioni di merito e sostiene che il giudice di appello
non avrebbe risposto ai rilievi critici della difesa, cui in realtà aveva già risposto
la sentenza di primo grado con un passaggio espressamente condiviso dai
secondi giudici.
Quanto al teste Cavalera, il ricorso ripropone le censure in ordine alla
valutazione di credibilità, osservando che il giudice di appello non avrebbe
risposto, sul punto, ai rilievi proposti dagli atti di appello.
In realtà, la sentenza di appello ( pagg. 31 e 37) esamina i rilievi proposti
dalla difesa in entrambi gli atti di appello, e richiama quanto già osservato dalla
prima sentenza.
Il ricorso, che sostiene la inattendibilità della testimonianza, propone
argomenti solo di merito, che le sentenze avevano già vagliato, osservando che il
teste era stato costante in relazione alla specifica frase udita dal Romano, e
sopra richiamata, e che non erano stati proposti rilievi in ordine alla soggettiva
credibilità del teste.
Il motivo si occupa anche ( pagg. 33-38) di temi concernenti le condotte
antecedenti al fatto e al movente che potrebbe aver determinato i protagonisti
della vicenda: si tratta di fatti non controversi, essendo pacifico che il Romano si
era portato sino a casa del Valentini, non trovandolo, e che poi questi,
accompagnato da Macagnino, era andato sino a casa di Romano, come del resto
pacifico è il fatto che fra i due uomini vi fossero consolidati motivi di contrasto,
data la relazione del Valentini con la moglie di Romano.
Il ricorso propone una lettura di questi dati al fine di individuare nel
Romano il soggetto maggiormente determinato contro l’altro: si tratta di una
lettura del contesto, anche plausibile, ma certamente non incompatibile con
quella opposta fatta dalle sentenze di merito che, valorizzando il dato oggettivo
del porto della pistola da parte del Valentini, hanno invece concluso nel senso di
escludere che il Romano avesse aggredito con un arma il Valentini.

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del primo), priva ex ante di alcuna rilevanza per chi si era trovato ad esserne

Il motivo deduce ( pagg. 30-32) che la sentenza di appello non avrebbe
reso adeguata motivazione in ordine alla volontà di uccidere il Traversa.
In particolare, la sentenza impugnata non avrebbe risposto al rilievo sulla
incompatibilità fra la affermata volontà di uccidere Traversa e la condotta
effettivamente tenuta da Valentini, che non aveva infierito sul Traversa, pur
potendolo, e sulle affermazioni contraddittorie della prima sentenza in ordine alla
volontà di uccidere Traversa.
In realtà, le sentenze di merito hanno concordemente affermato la

Il passaggio motivazionale, che il ricorso ha denunciato come
contraddittorio ( pagg. 119 e 120 della prima sentenza), si inserisce nelle
argomentazioni finalizzate a escludere che il movente del fatto fosse da
individuare in un contrasto economico tra Traversa e Valentini.
Dunque, laddove il primo giudice afferma : ” Se Valentini avesse voluto
uccidere Traversa …”, si tratta di espressione che significa, nel contesto delle
specifiche argomentazioni della Corte di assise, che Traversa non era stato il
primo obiettivo di Valentini, invece, determinato a confrontarsi, armato di
pistola, con Romano.
La prima sentenza ha poi chiaramente affermato, desumendola ( pag.
147) dal contesto della sparatoria, la direzione della volontà del Valentini anche
alla eliminazione di Traversa, colpito in zone vitali.
Il fatto che Valentini non abbia inteso portare a termine l’azione
omicidiaria nei confronti di Traversa costituisce circostanza incontestata,
esaminata dalla sentenza di appello ( pag. 35) e comunque coerente con il dolo
d’impeto, ma non tale da escludere la sussistenza del dolo al momento
dell’azione.
Infine, si deve considerare che il ricorso fonda i propri rilievi su una
prospettazione ( esplicitata alle pagine 7, 39,40 del ricorso), che in realtà
costituisce mera congettura formulata esclusivamente dai consulenti balistici
della difesa ( vedi pag. 45 della sentenza di primo grado), e smentita dallo
stesso Valentini, il quale aveva riferito unicamente di essere stato minacciato dal
solo Romano.
Il motivo proposto in ordine alla motivazione sulla ricostruzione del fatto
risulta dunque infondato.

2.3. Gli argomenti svolti in ricorso in ordine alla qualificazione giuridica
del fatto non hanno una specifica autonomia, ma sono collegati e dipendenti alla
ricostruzione del fatto.

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volontà omicidiaria di Valentini anche nei confronti di Traversa.

Invero, posta la ricostruzione del fatto nei termini acclarati dalla sentenza
di appello, risulta congruamente motivata l’esclusione dell’ipotesi alternativa
della sussistenza di situazione integrante gli estremi della legittima difesa, reale
o putativa.
La alternativa prospettazione della legittima difesa si fonda sull’ipotesi,
che le sentenze di merito hanno escluso, che il Valentini fosse stato aggredito da
più persone, una delle quali armata, mentre l’accertamento compiuto è nel senso
che la persona armata era il Valentini, autore di aggressione nei confronti del

Il ricorso denuncia che la sentenza di appello non avrebbe motivato sulle
alternative qualificazioni giuridiche proposte.
Quanto alla prospettazione che accredita la sussistenza della legittima
difesa, le sentenze di merito hanno dato adeguata e specifica motivazione,
escludendo la sussistenza della circostanza di fatto posta a fondamento delle
deduzioni difensive, e cioè che Valentini sia stato vittima di aggressione.
L’ulteriore deduzione – che prospetta il fatto più grave come omicidio
preterintenzionale e quello meno grave come reato di lesioni volontarie gravi – si
incentra sulla esclusione del dolo omicidiario in capo al Valentini.
Sul punto, la sentenza di primo grado ( pag. 146) ha motivato la ritenuta
sussistenza del dolo di omicidio in relazione ad entrambe le vittime, sul rilievo
del contesto – a distanza ravvicinata in ambiente chiuso -, delle parti del corpo
colpite, dell’uso di arma da fuoco e della ripetizione di colpi.
Anche la sentenza di appello ha motivato sul punto ( pag. 36),
evidenziando come le vittime fossero state colpite in zone vitali, dato
univocamente significativo della volontà di uccidere.
Anche i motivi inerenti la qualificazione giuridica dei fatti risultano quindi
infondati.

3. I motivi quinto e sesto del ricorso Valentini riguardano la motivazione
su diverse componenti del trattamento sanzionatorio.

3.1. Viene censurata l’omessa motivazione del diniego dell’attenuante
della provocazione, oggetto di doglianza formulata nella memoria di motivi nuovi
presentata nel giudizio di appello.
Si deve precisare che il punto relativo al mancato riconoscimento
dell’attenuante in parola non era stato devoluto al giudice di secondo grado dagli
atti di appello presentati dai difensori di Valentini Espedito, né tale effetto era
stato determinato dalla memoria di motivi nuovi, consentita solo per esporre

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Romano e quindi del sopraggiunto Traversa.

argomenti nuovi nei limiti dei capi e dei punti oggetto della impugnazione con
l’atto di appello.
Il tema, dunque, era devoluto, trattandosi di circostanza attenuante, al
giudice di appello d’ufficio, ai sensi dell’art. 597, comma 5, cod. proc. pen. .
Si deve, in questa sede, verificare la adeguatezza della motivazione circa
il mancato esercizio del potere d’ufficio di riconoscere una circostanza
attenuante.
La Corte di assise di appello ha rilevato ( pag. 24) che la condotta del

determinato nel Valentini un sentimento di “irritazione”, privo di determinazione
causale rispetto alla successiva condotta, realizzata dopo aver trovato, come
autista, l’amico Macagnino .
Il giudice di appello ha dunque dato motivazione circa il mancato
riconoscimento dell’attenuante della provocazione.
Il motivo proposto risulta quindi infondato.

3.2. Il motivo sesto denuncia difetto di motivazione in ordine al diniego del
giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche e alla mancata riduzione della
pena per i reati cd. satellite; in particolare, l’inadeguatezza motivazionale
riguarderebbe la complessiva eccessività della pena inflitta rispetto alla
particolare vicenda umana che aveva colpito, anche, l’imputato Valentini.
La sentenza di appello, sul punto, ( pag. 40) ha condiviso le valutazioni del
primo giudice, che aveva ( pag. 156) espressamente tenuto conto proprio della
personalità del Valentìni, in realtà fragile nonostante la gravità della condotta, e
su tale rilievo aveva riconosciuto le attenuanti generiche.
Il profilo attinente alla personalità dell’imputato nella prospettiva della
rieducazione, criterio da considerare anche nella commisurazione della pena,
risulta essere stato valutato dalle sentenze di merito, sia nel riconoscimento
delle attenuanti generiche, che nella commisurazione al minimo della pena per il
reato più grave che nella determinazione della pena per i reati cd. satellite,
oggettivamente contenuta in termini modesti ( sei mesi di reclusione per il reato
di illegale detenzione e porto di arma comune da spara e di anni uno e mesi sei
per il tentato omicidio).
Si tratta dunque di motivo infondato.

4. Il motivo settimo denuncia difetto di motivazione in ordine al
riconoscimento del risarcimento del danno in favore di De Vitis Silvia.
La sentenza appellata ( pag. 41) ha motivato sul punto, a fronte di deduzioni
difensive, incentrate sul rilievo della condotta antecedente e successiva al fatto
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Romano, che quel pomeriggio si era recato sino a casa del Valentini, aveva

della parte civile, manifestamente infondate, non essendo il risarcimento del
danno condizionato alla meritevolezza morale del danneggiato, bensì unicamente
alla sussistenza del danno, collegato, nel caso di specie, al vincolo coniugale che
univa la parte civile alla vittima del reato.
Il motivo risulta inammissibile per manifesta infondatezza.

Imputato Traversa Dario.

del compendio probatorio utilizzabile e alla ricostruzione del fatto, e quindi sulla
motivazione concernente gli elementi oggettivo e soggettivo del reato ascritto.

5. Quanto alla definizione del compendio probatorio utilizzabile, il secondo
motivo del ricorso ( contraddistinto come 1.2. ) presentato dal difensore di
Traversa Dario denuncia la inutilizzabilità, ai sensi degli artt. 271, 266, comma 2,
cod. proc. pen., della intercettazione ambientale effettuata, in orario di chiusura
al pubblico, nella camera di ospedale in cui si trovava ricoverato Traversa.
Il motivo sostiene che l’intercettazione ambientale era stata disposta in luogo
di privata dimora ( la camera di ospedale), in assenza del requisito, richiesto
dalla legge processuale, costituito dallo svolgimento in loco di attività criminosa.
In ordine alla nozione di privata dimora, la giurisprudenza ( Sez. Un.
23.3.2017, D’amico, Rv. 270076) ha chiarito che la stessa ricorre, al di fuori dei
luoghi adibiti ad abitazione delle persone, in presenza di una pluralità di
condizioni: a) la utilizzazione del luogo per atti di vita privata; b) la stabilità del
rapporto fra il soggetto e il luogo; c) la non accessibilità del luogo da parte di
terzi, senza il consenso del titolare.
Se è vero, quindi, che nella camera di ospedale il paziente svolge anche, e
per lo più, atti di privata dimora, come il riposo, e a volte anche con un rapporto
di stabilità prolungato, pur tuttavia il paziente non ha alcun potere di escludere
l’accesso alla camera da parte di terzi, sia perché spesso si tratta di spazio
condiviso con altri pazienti, sia perché deve essere sempre consentito l’accesso
da parte del personale medico ed infermieristico, sia perché gli orari di apertura
al pubblico sono stabiliti dai responsabili amministrativi della struttura
ospedaliera, e non certo dai singoli pazienti ( Sez. 6, 13.5.2009, Rizzi, Rv.
244148).
Nella memoria di motivi nuovi la difesa osserva che nel caso di specie la
camera di ospedale era munita di porta, apribile con pulsante elettrico.
La difesa propone il rilievo di un dato di fatto ( la porta apribile con pulsante
elettrico), estraneo alle sentenze di merito e di cui non allega al ricorso la prova;

13

Il ricorso nell’interesse di Traversa Dario deduce profili relativi alla definizione

peraltro, il rilievo certo non rende la camera di ospedale occupata da Traversa
equiparabile ad una camera di albergo, dalla quale l’ospite può escludere
chicchessia nel periodo di sua presenza.
La camera di ospedale, ancorchè munita di porta apribile con pulsante
elettrico, non può mai essere interdetta all’accesso del personale ospedaliero e
dunque l’accessibilità alla stessa non è rimessa a scelta discrezionale di chi vi sia
ospitato.
Va dunque escluso che la camera di ospedale possa essere considerata come

Il motivo proposto risulta dunque infondato.

6. I motivi primo, terzo e quarto del ricorso Traversa ( indicati con la
numerazione 1., 2.1., 2.2. ) riguardano il giudizio di colpevolezza, sotto i profili,
a prescindere della specifica intitolazione data dal ricorso, del difetto di
motivazione in fatto e della violazione della legge penale.
Quanto al fatto, considerato che è costituito dalle documentate dichiarazioni
rese alla polizia giudiziaria da Traversa Dario in data 25.3.2012, il relativo
accertamento riguardava la falsità delle dichiarazioni, l’idoneità delle stesse a
consentire a Valentini Espedito di eludere le investigazioni, e l’elemento
soggettivo del reato.
La censura relativa alla motivazione consiste, in realtà, in rilievi di merito,
che convergono, con gli ulteriori motivi, a denunciare la violazione di legge nella
applicazione dell’art. 378 cod. pen. .
Le sentenze di merito, infatti, hanno dato conto delle dichiarazioni di
Traversa, nel cui contenuto, oggettivamente, non vi è alcuna indicazione sulla
identità dello sparatore, ed hanno motivato il giudizio sulla falsità di quanto
dichiarato da Traversa, nella parte in cui rappresenta di non aver visto lo
sparatore.
In ordine allo specifico punto della oggettiva falsità di quelle dichiarazioni, il
ricorso si limita ad un generico rilievo ( a pag. 12) circa la compatibilità
dell’affermazione sulla assenza di persone nel corridoio con le prove acquisite a
dibattimento.
L’argomento, generico, è comunque smentito da quanto accertato nelle
sentenze di merito circa il fatto che i colpi di arma da fuoco era stati tutti sparati
dall’imputato Valentini, mentre si trovava ancora all’interno della abitazione del
Romano prima di riuscire ad allontanarsi uscendo dalla porta dell’abitazione
posta proprio in quel corridoio dove il Traversa afferma di non aver visto
nessuno.

14

luogo di privata dimora.

Quanto alla idoneità di quelle dichiarazioni a sviare le indagini dal Valentini,
il ricorso censura la decisione per non aver considerato che gli investigatori
avevano già elementi per ritenere Valentini autore della sparatoria.
Quanto al profilo della motivazione, il ricorso propone solo un argomento di
merito, ribadendo la irrilevanza del silenzio circa l’identità dello sparatore, già
noto agli investigatori.
Quanto alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato ascritto, è pacifica

è integrato dalla condotta che incida sulle conoscenze degli investigatori, a
prescindere dal conseguimento, per il soggetto favorito, di un effettivo vantaggio
( Sez. 6, 16.2.2016, Sorrentino, Rv.267276).
Si deve aggiungere che, nel caso di specie, il ricorso valorizza l’esistenza di
sospetti a carico del Valentini, ma non l’esistenza di altre prove a carico dello
stesso: d’altra parte, non v’è dubbio circa la rilevanza probatoria delle
dichiarazioni della persona superstite e testimone del fatto.
Le doglianze della difesa si concentrano poi sull’accertamento dell’elemento
soggettivo del reato, e quindi della specifica volontà di Traversa di favorire
Valentini.
Si tratta, ancora, di rilievi attinenti al merito del giudizio, in quanto si
valorizza l’assenza di interesse personale, in capo a Traversa, a favorire la
posizione processuale del Valentini.
Sul punto, la sentenza di appello ( pag. 41) risulta aver dato congrua
motivazione, evidenziando come gli investigatori avessero posto al Traversa il
tema relativo alla identità dello sparatore, siccome desumibile dall’utilizzo della
forma verbale ” Ribadisco …” , e la consapevolezza del Traversa, desumibile
dalle parole intercettate nella conversazione successiva ( di tre ore) al verbale

de

quo, dove l’imputato esprimeva al suo interlocutore un chiaro riferimento al
Valentini, chiamato per nome.
Anche questi motivi risultano quindi infondati.

7. Vanno quindi respinti entrambi i ricorsi proposti, con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Il ricorrente Valentini Espedito Michele è tenuto anche alla rifusione delle
spese di assistenza e difesa sostenute dalle parti civili, come liquidate in
dispositivo.

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la giurisprudenza secondo la quale l’elemento oggettivo della fattispecie ascritta

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
ed alla rifusione di quelle sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, De
Vitis Silvia, Romano Italo, Cavalera Maria Teresa e Romano Fabio, spese che
liquida, in favore della prima, in euro tremilacinquecento, oltre spese generali,
iva e cpa come per legge, ed, in favore delle altre, in complessivi euro
quattromilanovecento, oltre spese generali, iva e cpa come per legge.

Così deciso il 13.2.2018.

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